Bombe sulla dei 400 di Aldo Baquis

Bombe sulla dei 400 Nella Basilica di Betlemme è battaglia tra l'Intifada e l'esercito Bombe sulla dei 400 «Torniamo in Palestina»y Israele spara TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Alle dieci di mattina, il celebre predicatore islamico Abdel Aziz Rantisi ha convocato i compagni e gli ha detto: «Abbandoniamo questo accampamento e marciamo verso la Palestina. Se Dio lo vorrà, non vedremo mai più questo posto». Ma fatte alcune centinaia di metri, sono sibilati i primi proiettili. Poi sono esplosi, vicini, anche colpi di mortaio, che hanno provocato i primi due feriti. Ogni esplosione è stata accolta dal rituale «Allahu akbar», Allah è grande. Infine sono comparsi in cielo gli elicotteri israeliani e i carri armati e i cingolati dell'Els, l'Esercito del Libano Sud, alleato di Gerusalemme. I 415 palestinesi, espulsi giovedì da Israele, non hanno avuta scelta: in serata hanno ripreso la loro mesta marcia in quello che ormai appare come un carcere all'aria aperta, diretti verso l'accampamento di Marj ez Zuhur, vicino al posto di blocco dell'esercito libanese, finora rivelatosi invalicabile. Due chilometri più a Sud, all'interno della Fascia di sicurezza controllata da Israele, sono sopraggiunti intanto rinforzi dell'esercito israeliano: soldati dotati di idranti e di gas lacrimogeni, pronti a intervenire oggi se gli espulsi decidessero di tornare. «Non riusciranno a passare», ha assicurato un portavoce a Tel Aviv. «Siamo pronti a morire», ha replicato Rantisi ai microfoni dei programmi in arabo di Radio Montecarlo. La crisi messa in moto dall'espulsione in massa dell'intera leadership locale di Hamas e della Jihad islamica non accenna a placarsi. Al contrario. Nei Territori, la situazione resta infuocata a Gaza (dove ieri sono mòrti 'altri'dùé'ragazzi palestinesi, uno di dieci anni) e a Betlemme (dove la piazza della Mangiatóia è stata teatro dì disordini, a tre giorni dal Natale). Alla Corte Suprema israeliana è proseguito ieri il braccio di ferro tra la magistratura di Stato e i legali degli espulsi, secondo cui la vita dei loro clienti è stata messa allo sbaraglio e pertanto le espulsioni vanno revocate, almeno fintanto che non si trovi un Paese disposto ad accoglierli. Alla Knesset l'opposizione di destra ha accusato il governo laborista di «non combinare nulla di positivo» e di «non sapere neppure come si espellono le persone». Il falco del Likud, Ariel Sharon, ha anche dato due consigli gratis al primo ministro Yitzhak Rabin: a suo avviso, gli integralisti potevano essere espulsi in gran parte in Giordania - dato che almeno 250 di essi hanno passaporto giordano, essendo residenti della Cisgiordania - oppure in Arabia Saudita, che da anni finanzia le attività di Hamas. Tra gli arabi israeliani, il fermento è grande: oggi in tutte le città arabe di Israele la vita sarà paralizzata da una giornata di sciopero contro le espulsioni e di solidarietà con i «fratelli di Cisgiordania e di Gaza». In questo ribollire di iniziative e di proteste, il governo di Rabin ha ieri confermato ancora una volta l'assoluta necessità della «lotta senza quartiere» contro il terrorismo islamico e la determinazione a impedire il ritorno degli espulsi, chiesto sabato dal Consiglio "di: sicurezza delle Nazioni Unite. «Con tutto il rispetto - ha detto Rabin, a denti stretti - nessuno può dirci come meglio difendere la nostra popolazione dagli attacchi dei terroristi». Si va cioè verso uno scontro ancora più duro. Un volantino, distribuito ieri a Gerusalemme Est, diceva minacciosamente: «Per ogni martire innocente palestinese nei territori occupati, verrà ucciso un criminale sionista». Firmato: Gruppo Ez Aidin al Qassam, il braccio armato di Hamas responsabile di tutti gli attentati più sanguinosi compiuti nei Territori nelle ultime settimane. C'era anche un poscritto, beffardo: nella retata dei 1300 attivisti islamici, arrestati in Cisgiordania e a Gaza la settimana scorsa (fra cui sono stati scelti i 415 colpiti da ordine di espulsione), «non è caduto alcun militante di Ez Aidin al Qassam». Un'affermazione che nei giorni scorsi è stata condivisa, almeno in parte, da fonti militari israeliane. Un altro sviluppo promette un ritomo di fiamma dell'lntifada e il congelamento (forse definitivo) dei colloqui di pace. Per la prima volta ieri il comando unificato della rivolta ha offerto a Hamas di entrare a far parte della guida dell'lntifada. Non a caso, la proposta è venuta mentra a Tunisi i vertici dell'Olp attendono l'arrivo - altrettanto sensazionale - di una delegazione di dirigenti di Hamas, dopo cinque anni di polemiche, recriminazioni e scomuniche reciproche. Come già sabato e domenica, l'epicentro della lotta all'occu¬ pazione è stato il campo profughi di Khan Yunis, nella striscia di Gaza. Al termine di violenti scontri, sono rimasti sul terreno un bambino di dieci anni, Ayman Subhi Amer (due dei suoi fratelli sono tra gli espulsi in Libano) e una decina di feriti. In un ospedale è poi morto, per le ferite riportate sabato, un ragazzo diciassettenne, Muhammed Abu Mussa. Battaglia anche a Betlemme, dove decine di familiari di espulsi hanno inscenato una manifestazione di prostesta, assieme con attivisti del Fronte popolare di George Habbash. Per disperderli, la guardia di frontiera ha fatto uso di lacrimogeni: dalla piazza della Mangiatoia, alcuni dimostranti si sono rifugiati nella attigua Basilica della Natività, altri si sono barricati all'interno del vicino palazzo del municipio. Chi vive dell'industria turistica prevede un altro Natale in tono minore: i pellegrini arrivati finora in città sono alcune migliaia, ma i fax degli alberghi emettono in continuazione cancellazioni delle visite. —* Dopo una nuova notte all'addiaccio a Marj ez Zuhur, dove la temperatura scenda- talvolta sotto zero, i 413 espulsi rimasti (due sono stati ricoverati, per le ferite, in un ospedale libanese) potrebbero oggi tornare a marciare verso le postazioni israeliane e dell'Els al valico di Zumrya, ai bordi della Fascia di sicurezza. «Sarebbbe un grave errore - ha anticipato un ufficiale dell'Els - perché abbiamo minato la zona». Sempre oggi sul loro caso si esprimerà la Corte Suprema israeliana. Giovedì, discutendo degli ordini di espulsione emessi segretamente dal governo, alcuni giudici hanno avuto la sgradevole impressione di trovarsi di fronte a un tentativo da parte di Rabin di porli davanti a un fatto compiuto. La linea del governo aveva poi prevalso, dopo che il capo di stato maggiore, generale Ehud Barak, aveva addossato ai giudici una grave responsabilità: un ritorno degli espulsi ne farebbe degli eroi popolari e renderebbe Hamas la principale forza politica nei Territori. Aldo Baquis Gli espulsi: ci riproveremo Mala strada è stata minata I deportati palestinesi in un campo e (sotto) mentre attraversano la terra di nessuno. A sinistra un ragazzino dell'lntifada (FOTO EPA E APJ