Terrore firmato Teheran di Gabriele Beccaria

Terrore firmato Teheran Terrore firmato Teheran Uno 007 di Riad: «Sabotano la pace» «EMuna vera e propria ~ guerra, quella dichiarata da Teheran». Guerra lanciata in silenzio, ma i cui effetti sono sotto gli occhi del mondo e stanno infiammando di fervore islamico tutto il Medio Oriente. L'ultimo episodio di sangue: il rapimento e l'assassinio di una guardia di frontiera israeliana da parte di «Ez Aldin al-Qassam», braccio armato di Hamas. Chi parla è un agente segreto di Riad che, com'è d'obbligo in queste situazioni, racconta le sua preoccupazioni mantenendo l'anonimato a «The New York Times». L'Iran di Hashemi Ali Akbar Rafsanjani sta reclutando, armando e addestrando gruppi di ultra fondamentalisti e - dice l'agente senza volto - li sta disseminando dall'Atlantico al Mar Rosso. Lo scopo a breve termine è di minare il già difficile e sofferto processo di pace che dovrebbe cambiare volto al Medio Oriente. Quello a lungo termine è ancora più esplosivo: replicare tante nuove Repubbliche islamiche, sul modello che si ispira agli ayatollah di Teheran. Ecco perché non solo a Riad, ma anche ad Algeri, a Tunisi, al Cairo e ad Amman si comincia a correre ai ripari. I governi di Arabia Saudita, Algeria, Tunisia, Egitto e Giordania si stanno scambiando da un po' di tempo informazioni confidenziali e hanno deciso di organizzare «meeting» riservati tra i rispettivi ministri degli Interni. La rete destabilizzante che combina strategia del terrore con fascinazione religiosa ha messo in moto i servizi segreti dei Paesi arabi e - hanno rivelato a «The New York Times» fonti giordane, egiziane, saudite, oltre che dell'Olp - il responso di tanto sforzo di «intelligence» è univoco. L'Iran è impegnato in un'opera di reclutamento di ultra senza precedenti e, in questa operazione tentacolare, è riuscito a conquistarsi l'appoggio di un alleato potente, il Sudan. Sotto il ferreo regime del generale Omar Hassan Ahmed el Bashir, Karthoum ha firmato un trattato d'amicizia - voluto, tra gli altri, dallo sceicco-ideologo Hassan al-Turabi - che ha aperto la strada alla realizzazione di campi d'addestramento militare e ideologico. In Sudan, come in Iran e in Libano, sorgono i santuari della guerriglia che brandeggia la spada di Allah. In tutto, sarebbero una ventina, diretti dalle Guardie iraniane della Rivoluzione, che hanno al loro attivo i «successi» della milizia sciita libanese del Partito di Dio. A beneficiare di questa assistenza a base di Corano e kalashnikov non è solo Hamas. Secondo la ricostruzione tracciata da «The New York Times», ci sono anche i Fratelli Musulmani, attivi in Egitto e in Giordania, Al Nahda, che opera clandestinamente in Tunisia, e il Fronte di Salvezza Islamico, messo fuori legge da Algeri lo scorso marzo dopo la travolgente vittoria alle annullate elezioni del '91. E' una massa di manovra imponente di gruppi e partiti sulla quale piovono anche molti dollari. Si sa, per esempio, che nell'ufficio di Hamas a Teheran - secondo i calcoli di Yasser Arafat, il leader dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina - sono affluiti in tempi recenti dai 20 ai 30 milioni di dollari. Altri 30 milioni di dollari Teheran spende ogni mese in Libano per conquistarsi nuovi «supporter», ha denunciato un esperto, Ibrahim Nafeh, sulle colonne del quotidiano egiziano «Al Ahram». E., poi, oltre alla potenza del denaro, molti leader fondamentalisti possono godere dei vantaggi diplomatici accordati da un passaporto sudanese: il capo di Al Nahda, Rashed Ganoushi, e quello del movimento Guerra Santa Islamica, Omar Abdelrahman (quest'ultimo implicato nell'assassinio del presidente egiziano Anwar Sadat), hanno potuto sinora evitare l'estradizione dalla Gran Bretagna e dagli Usa. A Teheran e a Khartoum, naturalmente, si nega. E si contrattacca. La replica degli ayatollah - non senza minacce ai «fratelli» musulmani, separati dall'Iran dalle rivalità strategiche e bloccati dal gelo diplomatico - è che il fervore nel nome di Allah non ha nulla a che vedere con congiure internazionali, ma semmai con la povertà che assedia masse di contadini immiseriti e di ex contadini malamente inurbati. Un fallimento in cui sulle sempre frustrate speranze di riscatto popolare si ammassano i cocci di un'ideologia laica, quello che fu il nazionalismo arabo. Gabriele Beccaria DEGLI ISLAMICI Il presidente iraniano Rafsanjani

Persone citate: Akbar Rafsanjani, Anwar Sadat, Hashemi, Ibrahim Nafeh, Omar Abdelrahman, Omar Hassan Ahmed, Rafsanjani, Rashed Ganoushi, Yasser Arafat