LA POLITICA DELLE TOMBE di Enzo Bettiza

LA POLITICA DELLE TOMBE LA POLITICA DELLE TOMBE volontà pacifista di un cartello di opposizioni quanto mai eterogenee, che vanno dal nazionalismo flessibile di Draskovic al liberalismo frustrato di Micunovic. Al tempo stesso, mentre nel Montenegro si rafforzano le correnti oltranziste del filoserbo Kostic ai danni del presidente moderato Bulatovic, emerge in modo allarmante dalle urne di Belgrado e dintorni il successo straordinario di Seselj, l'ideologo dei cetnici e della «pulizia etnica», fino a ieri semplice alleato di Milosevic e ora suo concorrente nella gara al potere. Non è stato insomma premiato lo slogan pur efficace inalberato da Draskovic, il più popolare fra gli oppositori anticomunisti che hanno sostenuto la candidatura di Panie: «La sconfitta di Milosevic significherà 1000 marchi tedeschi al mese anziché 1000 tombe la settimana». La politica delle tombe, di cui anche i giovani serbi pagano ogni giorno lo scotto, certamente continuerà contro ogni saggio tentativo di riscattare la Serbia e di reintegrarla nella comunità internazionale. Continuerà ad allargarsi anche lo scandalo intorno alle nefaste conseguenze genocide che l'aggressivo imperialismo genetico dei Milosevic, dei Seselj, dei Karadzic vanno producendo con particolare ferocia soprattutto nella Bosnia islamica: ormai smembrata, decimata, saccheggiata e «purgata» dalle truppe serbe secondo un sistematico piano razzistico che non ha più nulla a che fare con la «guerra civile» in cui fino a ieri gli occidentali, per salvarsi la coscienza, si sforzavano di credere. Sono stati i serbi stessi, con le loro azioni militari in Bosnia-Erzegovina, a denunciare che questa non è una guerra civile ma una guerra razziale, territoriale, di nazione contro nazione, di religione contro religione, la cui ultima posta è l'ingrandimento della Serbia a spese delle altre etnie impure, slave e non slave, che abitano o abitavano le Repubbliche e le regioni ex jugoslave. Ormai la condanna del mondo, con la precisa accusa rivolta ai responsabili dell'eccidio, non conosce più sfumature. Anche i filoserbi di ieri, i Kissinger, gli Eagleburger, i Mitterrand, hanno cominciato a vedere e a parlare chiaramente. Il polacco Tadeusz Mazoviecki, ex primo ministro, relatore spe¬ ciale della commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, dopo un soggiorno conoscitivo nei territori ex jugoslavi devastati dalla guerra ha scritto: «L'evidenza dei fatti da me raccolti non lascia il minimo dubbio su chi è il vero responsabile di tanto orrore: i capi politici e militari serbi in Bosnia, sostenuti dalle autorità ufficiali della Serbia». Gravissime sono state le parole con cui il presidente Scalfaro rivolgendosi agli ex jugoslavi da Tirana, cioè quasi dal Kosovo minacciato, ha infine corretto gli errori e gli sbandamenti filoserbi della Farnesina di De Michelis: «L'aggressione serba contro la Bosnia è un crimine organizzato, ormai intollerabile, compiuto con metodi fra l'hitleriano e lo stalinista». Ormai intollerabile. E' proprio questo che da qualche settimana pensano i vertici dell'Orni, della Csce e della Nato. Non sappiamo bene cosa avrebbe potuto o sarebbe stato in grado di fare un Panie vincente. Ma sappiamo che la vittoria di Milosevic inasprirà la guerra e spingerà, al tempo stesso, l'Occidente alla decisione di bloccarla militarmente. Gennaio sarà con ogni probabilità un mese caldissimo. Enzo Bettiza

Luoghi citati: Belgrado, Bosnia, Bosnia-erzegovina, Kosovo, Montenegro, Serbia, Tirana