Braccio di ferro su Imi-Casse di Giuseppe Guarino

Braccio di ferro su Imi-Casse Si preannuncia infuocata la riunione di stasera dei ministri sulla proposta del Tesoro Braccio di ferro su Imi-Casse Rischia di saltare la vendita a Cariplo e Icari ROMA. La vicenda è «annosa», ha detto ieri Giuliano Amato: ed effettivamente la vendita dell'Imi alla Cariplo e alle altre casse di risparmio italiane riunite nell'Iccri è diventato un tormentone, una «telenovela», che ha stufato tutti e, quel che è peggio, non ha finora portato una sola lira - in due anni di trattative - nelle casse esangui del Tesoro. Oggi, all'inedito «round» domenicale convocato da Amato a Palazzo Chigi per le 20 di oggi (un consiglio dei ministri esclusivamente dedicato all'Imi: mai successo prima) è altamente probabile che la vicenda conosca un'ennesima «rumata nera». Che stavolta sarebbe, almeno per il '92, quella definitiva. Dietro l'impressionante raffica di fallimenti, una serie di cause molto gravi, fino a qualche mese fa tutte politiche, da allora in poi tecniche. Vediamole. Con la vendita del 50% delle azioni dell'Imi spa (uno dei più importanti istituti di credito a medio termine italiani) il Tesoro contava di incamerare buona parte dei 7000,miliardi di «proventi da privatizzazioni» messi in bilancio con un po' di imprudenza - per il 1992. Alla base di questa previsione c'era una perizia fornita pochi mesi fa al dicastero di via XX settembre dalla Warburg, stimatissima casa di investimenti e analisi finanziarie britannica: il 100% dell'Imi, avevano detto gli inglesi, vale 8000 miliardi. Per il 50% la richiesta avanzata dal governo ai due pretendenti di sempre era stata, dunque, di 4000 miliardi. Che dovesse essere la Cariplo a comprare era tesi cara al presidente della stessa Cassa di risparmio delle Provincie lombarde, Roberto Mazzotta, ed ai notabili de di cui questi era referente. Ma i socialisti avevano immediatamente sostenuto che accanto alla Cariplo do-, vesse divenire socio paritetico dell'Imi anche 0 restante «sistema delle casse» rappresentato dall'istituto centrale della categoria, l'Iccri (in cui il psi ha vari rappresentanti). Per ragioni diverse, di equilibrio economico territoriale, la Banca d'Italia è stata d'accordo: meglio un Imi a mezzadria tra Mazzotta e le altre casse che un Imi totalmente «satellite» dell'istituto milanese. Negli ultimi tempi questa tesi è stata rafforzata da un'altra considerazione: che cioè la Cariplo - se il vento elettorale «leghista» che spira nelle province della Lombardia non cambierà - diventerà presto «la banca di Bossi» poiché sono proprio i consigli provinciali della regione leghista per eccellenza a nominare i due terzi del consiglio d'amministrazione dell'istituto. A fronte di questo forzato «condominio» nell'Imi con le altre casse, però, l'ex vicesegretario de Mazzotta ha ridimensionato l'impegno finanziario che era disposto a profondere; e d'altra parte l'Iccri ha fatto due conti e si è ritrovato molto meno ricco della bisogna. Perciò sia la Cariplo che l'Iccri, per ragioni diverse, hanno indirizzato al Tesoro una controproposta congiunta al ribasso: altro che 4000, ve ne diamo soltanto 2940. Per di più a rate, e senza interessi. Il Tesoro non poteva accettare. Barucci, al Consiglio dei ministri di venerdì, lo ha spiegato chiaramente, promettendo la formulazione di una controproposta. Ma, mentre lui spiegava, il suo collega - e rivale Giuseppe Guarino lo ha attaccato duramente, accusandolo di star perseguendo di fatto una linea di «svendita», rivendicando il diritto di veto sull'operazione ed auspicando che la vendita dell'Imi venisse ricondotta all'interno del famoso «piano» per le privatizzazioni: in definitiva, rinviata. Amato non ne può più dei batti-' becchi tra ministri ed ha chiuso bruscamente la discussione aggiornando i lavori a stasera. Augurandosi che la controproposta di Barucci sia vincente. Lo sarà? E' quantomeno improbabile. Barucci, secondo indiscrezioni attendibili, chiederà ai ministri di «formalizzare» alla Cariplo e all'Iccri un «ultimo prezzo» di 3500 miliardi, pagabili in parte subito (1000 o 1500) e in parte nel '93 e nel '94 con interessi ancorati ai tassi dei Bot. La sua proposta incontrerà due durissime opposizioni: quella economica dei compratori, che non sembrano orientati ad accettare il rialzo; e quella politica di Guarino, per il. quale 3500 miliardi sono troppo pochi. il tam-tam romano ipotizzava, già ieri mattina, anche alternative dell'ultima ora: la vendita dell'Imi alla potente e ricca Banca di Roma, ad esempio, o un'integrazione dello stesso Imi con la Bnl. Ma si tratta di programmi complicatissimi, difficili da varare e lenti da attuare. Per Amato, dunque, sciogliere il nodo dell'Imi sarà un'impresa ardua. Da rinviare, insomma, al '93. Sergio Luciano Il ministro dell'Industria Giuseppe Guarino

Persone citate: Barucci, Giuliano Amato, Giuseppe Guarino, Mazzotta, Roberto Mazzotta, Sergio Luciano, Warburg

Luoghi citati: Lombardia, Roma