TGSette di Claudio Martelli

TGSette TGSette Crollo in diretta di Craxi vero spettacolo di massa Ugo Int01 stiamo vivendo un dramma, un dramma che si deve svolgere secondo un rito» (Claudio Martelli al Tg2). La fine in diretta di un uomo di potere. Ecco un vero, grande spettacolo di massa. Come all'Est, nell'89: Ceausescu, Honecker. Da noi è un rito nuovo, con regole sceniche da inventare. Da martedì a giovedì, i telegiornali trasmettono tutta la fine di Craxi minuto per minuto. Primo tempo statico. Grandi sequenze di portoni c attese, via vai di auto blu davanti al Raphael. I luogotenenti: La Ganga, Intini, Di Donato. Il bunker del capo è una finestra incorniciata dall'edera romana. Craxi non mette la faccia. Affida per iscritto le repliche, intrise d'ira sulfurea e formule note («l'aggressione politica...», «una campagna ben orchestrata...»), alla cattiva recitazione dei mezzibusti di turno. Giovedì comincia il secondo tempo: grandi aspettative. Tutto è pronto per un 25 luglio che naturalmente non verrà. L'Apocalisse all'italiana prevede le non dimissioni. Craxi non «piega la testa». Però curva la schiena sotto il peso dei riflettori puntati all'ingresso della sede in via del Corso. E' protetto dal cappotto e dal servizio d'ordine, incalzato da microfoni e insulti. Sono immagini potenti. Il vero «fatto» televisivo del giorno. Il Tgl decide di «coprire» la contestazione con la voce dell'inviato. Il Tg3 vi dedica pochi secondi («Ladro, ladro»). E il Tg2? L'ex stuoino del capo monta una sequenza allucinante. Ventotto secondi di rumori di fondo. Un'eternità televisiva. Ventotto secondi di «ladro, ladro», «scemo, scemo», «buffone». Un pestaggio per immagini, da parte degli stessi che l'hanno celebrato per anni a ogni angolo di mondo, come fosse la madonna pellegrina. Tipica efferatezza italiana, sposata al sempre presente (al Tg2) modello romeno. Impossibile non ricordare il comizio di Ceausescu interrotto da fischi e insulti di piazza, trasmesso senza tagli dalla tv di regime. Il segnale della rivoluzione. Nel finale di partita, con la certezza che nulla gli sarà risparmiato, colpisce soprattutto l'enormità del calcolo sbagliato da Craxi. Nessun politico si è mai dato tanto da fare per garantirsi il consenso della televisione, strumento del moderno Principe. Craxi è stato in questi dal '76 in poi, il Garante OnofrioAchille OI Priin I anni irrotta cchetto di un nuovo ordine nell'etere. Ha spezzato il monopolio de nella Rai e della Rai, con massicce immissioni di socialisti nella tv di Stato e il parallelo, decisivo aiuto a Berlusconi. Ha nominato i direttori di tre telegiornali (Tg2, Tg4, Tg5), lottizzato il lottizzabile, benedetto in diretta nuove star (indimenticabili le visite alla Carrà, a Frizzi), prodotto in famiglia i gala di Baudo, garantito a pletore di seguaci - giornalisti e presentatori, «nani e ballerine» - folgoranti carriere, all'insegna del ben noto corto cir cuito politico-professionale. Ma a cosa è servito tanto Quinto Potere? Gli adulatori di ieri, al solito, se la sono squagliata tra i primi. Le reti di Berlusconi hanno preparato il terreno culturale al leghismo. Perfino i faraonici spot elettorali, prodotti con i miliardi delle tangenti, si sono rivelati un disastro. La «sua» televisione (per ora) gli sopravvive. E' sparito il solo Ferrara, ufficialmente in dieta a New York. Pensa te, direbbe il caro Brera. La vicenda di Craxi ha incupito una settimana che era cominciata in farsa. Lunedì, il giorno della batosta elettorale, la nomenclatura politica brillava per assenza dagli schermi. «I socialisti sono irreperibili», diceva Badaloni, Tgl. Onofrio Pirrotta (Tg2), desolato: «Per quanti sforzi si siano fatti non siamo riusciti ad avere un commento dei socialisti». Sarebbe il suo mestiere. L'unico vecchio leader in giro per tiggì era Achille Occhetto, convinto di dover festeggiare l'I 1,3 dell'ex pei. Ha spiegato ancora che lui «era federalista ben prima della Lega». Aveva già spiegato, altrove, che è anti mafia da prima della Rete. Ecologista prima dei Verdi. Anti proibizionista prima di Pannella. Femminista prima delle femministe. Chissà, milanista prima di Berlusconi. Per il resto, ha sfilato una Castrocaro della politica. Tra i volti nuovi da segnalare il ligio de Castagnetti («Nessuna stangata, la gente ha dimostrato fiducia in Martinazzoli») e l'ineffabile Zavettieri, psi: «Mi pare che abbiamo retto bene, no?». Nei giorni successivi, timide comparsate di Forlani e Gava, solidali con l'amico Bettino. Ma c'erano già stati Pippo e Mike, Frizzi e la Gardini, Alba e Toto, a confortarci sul fatto che la rivoluzione non è arrivata. Curzio Maltese e axi sa Ugo Intini Onofrio Pirrotta Achille Occhetto

Luoghi citati: Frizzi, New York