Colora di sangue la festa delle luci

Colora di sangue la festa delle luci DIARIO ARABO Colora di sangue la festa delle luci SRAELE celebra Hanukkah. La festa delle luci illumina la gioia dei bambini davanti ai regali. A Tel Aviv la via Dizengoff è più che mai un campionario di giovine allegria sabra. A non molti chilometri in linea d'aria, a Gaza, è «gehennom», l'inferno. La festa dell'Hanukkah ricorda l'insurrezione vittoriosa dei Maccabei, nel 167 a.C. Contro gli elleni di Antioco che voleva profanare il tempio di Gerusalemme i Maccabei insorsero e vinsero. Festa delle luci, festa della libertà. Il caso è un regista crudele (e ironico): i palestinesi di Gaza si fanno ammazzare per pochi grammi di impossibile libertà. La loro Intifada ha il linguaggio biblico delle pietre, ma le pietre si spuntano contro gli Uzi di Tsahal. I bambini ebrei ricevono regali, i bambini palestinesi proiettili. Tutto viene rovesciato nel giorno della «vittoria dello spirito» contro la forza bruta. E' un'Hanukkah bestemmiata, quella di Gaza, dove le uniche luci sono degli incendi che illuminano violenza, dolore, morte. L'Hanukkah di Gaza vede i sabra in divisa costretti a far da sbirri; loro che sono i figli d'una storia umana tessuta di sopraffazione e sterminio. Anche loro, i sabra in divisa, scontano un grave errore politico. La deportazione decisa dal governo israeliano per mettere al passo gli integralisti di Hamas, i fanatici che non vogliono la pace, s'è mutata in boomerang. II generale Ehud Barak, capo di stato maggiore, voleva togliere legna al fuoco di Azzedim al Kassam, il braccio armato di Hamas. Ha forse espulsogli attivisti, non ì fucilieri. Lo ha ammesso egli stesso, il generale-pianista: «Quelli che sparano non ■ li abbiamo presi». Se l'improvvida opera- zione fosse caduta al tempo di Shamir avremmo scritto, indignati, ch'egli deliberatamente s'era mosso per sabotare la pace che non ha mai voluto. Invece è stato Rabin, il generale pragmatico, l'uomo che ha vinto le elezioni promettendo di tentare il viaggio salvifico della pace. Altro mistero, Meretz: i pacifisti hanno approvato l'espulsione di massa dei presunti terroristi di Hamas. Si vuole che fosse la moneta di scambio per il riconoscimento dell'Olp: nella logica che vuole la pace si faccia col nemico. Riconoscere l'Olp significherebbe tagliare l'erba sotto i piedi di Hamas; mettere con le spalle al muro tutti i nemici della pace. La politica è l'arte del possibile e in Medio Oriente è il forcipe dell'impossibile, epperò dubitiamo che dopo questa Hanukkah di sangue Meretz osi avanzare la sua proposta realistica. Anche perché l'espulsione di massa rischia di saldare l'alleanza, non più tattica bensì strategica stavolta, tra Hamas e Olp. E tuttavia non vogliamo concludere che il buio della festa delle luci duri per sempre. Che «l'utopia realizzabile» sia svanita a Gaza. Ci rifiutiamo di credere che abbia ragione Amnon Kapeliouk quando scrive che Israele sta affondando nella palude del tribalismo, della selezione etnica. «Non essere troppo empio né stolto; perché vorresti morire prima del tempo?» (Eccl. VII, 16). «O figli di Israele: siate fedeli al mio patto e io sarò fedele al vostro» (Corano: 11,40). Igor Mai^J

Persone citate: Amnon Kapeliouk, Ehud Barak, Kassam, Rabin, Shamir

Luoghi citati: Gaza, Gerusalemme, Israele, Medio Oriente, Tel Aviv