Bush firma la condanna Onu

Bush firma la condanna Onu Bush firma la condanna Onu II delegato Olp: Rabin fa pulizia etnica WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha approvato all'unanimità, la notte scorsa, una risoluzione di condanna verso Israele per la deportazione di 415 palestinesi dai territori occupati. Anche gli Stati Uniti hanno espresso un voto favorevole sulla risoluzione, senza titubanze e senza ricorrere a tattiche dilatorie a differenza del passato. Anche per questo la protesta dei rappresentanti israeliani presso le Nazioni Unite è stata particolarmente vibrata, mentre l'osservatore dell'Olp al Palazzo di Vetro ha espresso il compiacimento della sua organizzazione, pur osservando che la risoluzione ha valore solo se sarà fatta rispettare. La risoluzione 799 «condanna fortemente» il governo di Israele per aver violato la Convenzione di Ginevra del 1949 e chiede che venga assicurato «il rientro sicuro e immediato nei territori occupati di tutti coloro che sono stati deportati». Nel quinto punto, la risoluzione accoglie anche una richiesta avanzata proprio dai palestinesi, che, cioè, il Segretario generale dell'Onu consideri l'invio di un pròprio emissario nell'area per esaminare la difficile situazione e poi riferire al Consiglio di Sicurezza». «E' ora che questo Consiglio la faccia finita - ha dichiarato l'ambasciatore all'Onu Gad Yaacobi - di condannare le vittime del terrorismo». «I nemici della pace - ha continuato usano il terrorismo per farci deviare dalla strada verso la pace». Gli israeliani considerano la risoluzione «ingiusta» e «sgradevole», perché, dicono, i fondamentalisti di Hamas, la formazione alla quale i deportati sono sospettati di appartenere, ha ucciso 5 giovani nell'ultima settimana. «Anche se questa non è la prima volta che il Consiglio di Sicurezza ha assunto una posizione squilibrata a nostro danno - ha dichiarato Gad Ben-Ari, portavoce del governo di Gerusalemme questa è particolarmente ingiusta perché ha scelto di ignorare completamente la natura di Hamas e della Jihad islamica». «L'agenda di questi gruppi - ha continuato - non è solo quella di uccidere cittadini israeliani, ma anche di uccidere il processo di pace». «Noi siamo soddisfatti per la risoluzione - ha invece dichiarato Yasser Abed Rabbo, membro dell'esecutivo dell'Olp ma la cosa importante è se verrà fatta osservare». «Il problema di una nostra futura partecipazione ai negoziati ha annunciato - è legato proprio a questo». L'osservatore dell'Olp presso le Nazioni Unite, Nasser al-Kidwa, ha usato parole molto dure per definire la decisione del governo israeliano. «Si è trattato di una deportazione di massa che richiama vecchie tecniche razziste. E infatti quanto è successo non è poi molto diverso dalle politiche di pulizia etnica e da altre forme di razzismo». Ma il governo israeliano non ha nessuna intenzione di ritornare sulla propria decisione, sapendo, tra l'altro, che le Nazioni Unite non hanno alcun modo di imporglielo. Perdipiù, in Israele non affiora nessuna particolare divisione riguardo alla deportazione dei palestinesi. Anche la sinistra appare esasperata dal protrarsi di azioni terroristiche e, nel Paese, si sta formando una forte corrente di opinione a favore dell'introduzione della pena di morte. Tanto è vero che Yitzhak Rabin, il primo ministro laborista, ha giustificato la propria decisione sostenendo che consente di evitare decisioni peggiori. In fondo, ha detto, la deportazione per un limitato periodo di tempo almeno non uccide nessuno. Ma il problema è che il blocco dei negoziati di pace fa prevedere che altri morti andranno ad aggiungersi ai troppi che ci sono stati negli ultimi 5 anni. Dall'inizio dell'Intifada, i militari israeliani hanno ucciso 973 palestinesi, mentre i palestinesi hanno ucciso 108 israeliani, ai quali vanno aggiunti altri 544 palestinesi liquidati perché sospettati di collaborazionismo. Paolo Passarini Foto grande: l'Onu vota. Sopra, Bush

Persone citate: Bush, Gad Ben-ari, Gad Yaacobi, Nasser Al-kidwa, Paolo Passarini Foto, Rabin, Yasser Abed Rabbo, Yitzhak Rabin

Luoghi citati: Gerusalemme, Ginevra, Israele, Stati Uniti, Washington