Auditorium occupato dal coro della Rai
Auditorium occupato dal coro della Rai La reazione dei cantanti alla lettera di sospensione Auditorium occupato dal coro della Rai Requiem per il coro Rai di Torino. Le ultime note di una fine annunciata le ha suonate il personale amministrativo in maniera alquanto insolita: ieri sera, alla fine del concerto all'Auditorium, ha consegnato a mano, a ciascun corista, una lettera con la quale si comunica agli interessati che gli impegni concertistici sono terminati. Quindi non è più il caso che i 27 coristi si rechino in azienda. Sarà l'azienda a convocarli secondo modalità da definire per risolvere le varie singole situazioni: pensionamenti (se ce ne sono), reimpiego in altri settori e via di questo passo. Immediata la reazione dei coristi: occupazione dell'Auditorium. Per loro è il posto di lavoro, nel quale non potranno più entrare uniti come ieri sera alle 21, accompagnati dal Maestro Dario Tabbia e sotto il segno della Rai. La cronaca dell'accaduto è presto detta. Alle 23 pochi mi¬ nuti dopo la conclusione del concerto «Le campane» (Kolokola) di Rachmaninov, personale dell'azienda si è avvicinato ai coristi e ad ognuno ha consegnato la lettera firmata dal direttore Ayassot. Tre brevi capitoletti che richiamano la storia di cui abbiamo scritto nei giorni e nei mesi scorsi: la Rai nel suo programma di ristrutturazione e di riordino delle spese ha deciso di «tagliare» i cori stabili di Torino, Milano e Roma. Ogni dipendente deve ritenersi sciolto da impegni concertistici. La situazione di ognuno sarà vagliata nei prossimi giorni e a ciascuno verrà detto quale sarà il suo futuro, secondo accordi. Già è dura digerire la fine di una lunga storia non certo ingloriosa, più difficile accettare il modo usato per comunicare una decisione peraltro arcinota. Da qui la protesta, anzi, l'indignazione e la collettiva, immediata risposta di occupa¬ re l'Auditorium senza neppure passare da casa a cambiarsi d'abito. Paolo Ferrerò in smoking, sudato, sulla soglia del corridoio che conduce alla grande sala (ai cronisti non è stato consentito di entrare in quanto estranei) è determinato: «Da qui non mi muovo, anzi rientro a sedermi. Devono portarmi fuori in barella». Gli altri non sono da meno. Ognuno vuol dire la sua, tutti insieme ce l'hanno con il metodo «irriguardoso» usato dall'azienda. Ventisette lettere che scottano, alla vigilia delle feste natalizie. Ventisette persone che se l'aspettavano perché era risaputo che al 31 dicembre scoccava l'ora dello scioglimento del coro radiofonico. Nessuno però immaginava che l'azienda attuasse una prassi tanto sbrigativa quanto inusuale, al termine di una serata che si era svolta con il gradimento di tutti, pubblico compreso. Alcuni dei 27 coristi mostrano la lettera di sospensione ricevuta dopo il concerto di ieri sera
Persone citate: Ayassot, Dario Tabbia, Rachmaninov
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