Perché tanto odio contro Craxi di Michele Serra

Perché tanto odio contro Craxi C'è chi dice: contro il leader socialista ora si esagera. Ma la polemica ha radici lontane Perché tanto odio contro Craxi Colletti: siamo ormai ai linciaggi di piazza LE REAZIONI ALLA CADUTA AGLI al Cinghiatone, che è ferito. Vai nella sua tana a via del Corso e gridagli che è un «ladro», ora che i giudici gli stanno addosso. Sotto la sede socialista fischiano, sbraitano, lanciano monetine. Un'«indegna gazzarra», il frutto perverso di una forsennata «campagna di aggressione e di odio», denuncia Bettino Craxi. Anzi, il Cinghialone: sgarbato nomignolo fino a ieri confinato nei sussurri e negli ammiccamenti degli addetti ai lavori ma che adesso, nei fondi del direttore dell'indipendente Vittorio Feltri, si è trasformato nella formula sintetica per definire, senza ulteriore specificazione, il leader del psi travolto da una crisi mortale. Pietà l'è morta. L'odio, inestinguibile e violento, adesso può dilagare senza freni. Si mobilita l'antropologa Ida Magli, per definire questo grumo che sale dal profondo delle viscere e lamenta il «comportamento inumano» nei confronti di Craxi. «Un'insana voglia di sangue», aggiunge Vittorio Sgarbi. «Linciaggi di piazza» che vengono dal «fondo limaccioso dell'animo italiano», è la sentenza del filosofo Lucio Colletti. Craxi dice che i fischiatori di via del Corso sono «facinorosi di destra». Il msi replica sostenendo che i «socialisti delirano». Di certo c'è solo che le radici dell'odio per il «CinghiaIone» non hanno un unico colore. C'è un odio di destra e uno di sinistra, uno laico e uno cattolico, uno plebeo e uno aristocratico. L'ultimo arrivato è l'odio che cresce nell'humus leghista: sfogliare l'Indipendente per credere. All'inizio dicevano ad- dirittura che tra Craxi e la Lega corressero chissà quali segrete solidarietà. Ma ogni volta che Bossi doveva parlare del leader del psi era un uragano di epiteti che usciva dalla bocca dal capo della Lega. Craxi? «Un furbetto», «crapa pelata», «se parlo a Craxi devo tenere il coltello nella manica, devo tenermi pronto a rovesciare il tavolo se mi accorgo che bara». Una volta il leghista Speroni si impegnò in una dissertazione sul clangore delle «mandibole socialiste». Altro che intese sotterranee. «Craxi non ha la stoffa del capo; ha quella del boss, del padrone, anzi del padrino»: lo scrive Indro Montanelli sul Giornale. Dichiarazione, se non d'odio, certo di ostilità profonda maturata in seno a una borghesia moderata che di Craxi avrà forse apprezzato il decisionismo, senza però perdonargli una certa propensione ai modi spicci e sbrigativi. Niente di paragonabile alla «trippa alla Bettino» distribuita in qualche Festa dell'Unità, al faccione di Craxi esposto al pubblico oltraggio da tre palle al soldo, ai 2500 lettori di Cuore che, tra le ragioni per cui va- le la pena vivere, indicano «la fine di Craxi». Ma pur sempre un'avversione tenace che adesso finisce per mutarsi in aperto dileggio. Com'erano folte, del resto, le schiere dei nemici di Craxi. Tra i cattolici l'anticraxismo diventava addirittura motivo di convergenza tra le famiglie ri¬ vali. Il craxismo? «Un'ideologia individualistica, laicizzata», un «pragmatismo» che si «rifà alle tendenze più negative della società radicale», diceva il gesuita Bartolomeo Sorge. Craxi? «Vuole pensare da solo per tutti», rispondeva Cesare Cavalleri, Opus Dei. L'anticraxismo? «Un vaccino positivo contro la volontà autoritaria», assicurava Domenico Rosati, ex presidente delle Acli. Un cattolico come Rocco Buttiglione la pensa diversamente e sull'Avvenire richiama l'origine prima dell'anticraxismo doc: «Craxi è l'uomo che ha rotto con la sudditanza dei socialisti verso i comunisti, che ha rotto con il predominio culturale del marxismo all'interno della sinistra». Sul Manifesto Rina Gagliardi rivela un dettaglio inedito e racconta che nel corso di una direzione del pei, fine Anni Settanta, Enrico Berlinguer avrebbe così definito il nuovo gruppo dirigente craxiano: «Un pugno di gangster che si è impadronito del psi». Odio antico, dunque. Che dilagherà nel popolo comunista con le invettive e i fischi durante l'epico scontro sui punti di scala mobile. Ma che affonda le sue radici fin nei primi anni dell'impero craxiano. «Nell'anticraxismo di sinistra confluiscono almeno quattro aspetti», conferma alla Stampa Emanuele Macaluso, «ma su tutti prevale lo sconcerto per la linea "dissacrante" avviata da Craxi su temi tabù nella cultura del pei». Concorre anche, per Macaluso, «un atteggiamento che ha radici ancestrali nel rapporto dei comunisti verso i socialisti, che o sono frontisti o sono traditori. E poi l'avversione verso uno stile fatto di spregiudicatezza da parvenu, di discoteche, di feste, di atmosfera un po' cortigiana che è stato sentito incompatibile con la tradizione della sinistra». «E infine», aggiunge Macaluso, «qualcosa ci ha messo anche il "tiggiduismo", l'eccesso di zelo dei laudatori, quell'infilare sempre e comunque l'immagine del Capo che a molti è parsa un'intollerabile manifestazione di prepotenza e di sopraffazione». E allora, via libera all'odio verso il Cinghialone e la sua corte di «nani e ballerine». Odio lungamente sedimentato. E che, a commento di un sondaggio dell' Unità in cui il popolo comunista aveva preferito Forlani a Craxi, fece dire a Natalia Ginzburg, pochi mesi prima della morte: «Mi ha fatto un piacere enorme che Craxi sia precipitato giù dalla torre». Il resto sono le barzellette di Beppe Grillo, le folle estasiate per il portaborse, il «pernacchione» di Michele Serra all'indomani di una sconfitta craxiana. Adesso tocca alle monetine scagliate in faccia al Cinghialone. Pierluigi Battista Sgarbi: c'è una insana voglia di sangue. Macaluso: i comunisti non gli perdonarono la spregiudicatezza Ieri la «trippa alla Bettino» distribuita alle feste dell'Unità, oggi un giornale lo chiama «il cinghialone» Qui a fianco: il pupazzo di Craxi in una manifestazione operaia a Torino piazza Castello nell'84 Qui sopra Emanuele Macaluso: contro Craxi gioca anche l'avversione per il suo tipico stile Qui a fianco il gesuita padre Bartolomeo Sorge A destra: il direttore del settimanale «Cuore» Michele Serra

Luoghi citati: Torino