Ucciso perché collabora

Ucciso perché collabora Agrigento, forse aveva fatto identificare i killer del figlio Ucciso perché collabora Vendetta delle cosche nella piazza, non aveva nessun tipo 3i protezione I^ltrp omicidio avvenne dopo un rifiuto di piegarsiallalegge delracket AGRIGENTO. Aveva aiutato i carabinieri nelle indagini dbpo la spietata uccisione del figlio, ed è stato assassinato da due killer in piazza Vittorio Emanuele, la principale di Lucca Sicula, un paesino di 3 mila abitanti a 60 chilometri da Agrigento. Sarebbe stato possibile evitare questa plateale esecuzione in piazza con cui la mafia ha voluto punire chi ha parlato e confermare la sua forza? Probabilmente sì. Ma, sicuro di non essersi troppo esposto, il bracciante agricolo Giuseppe Borsellino, di 54 anni, non aveva voluto un'assidua protezione. I carabinieri si limitavano a dare uno sguardo di più al suo alloggio. Ieri pomeriggio la vittima era in piazza sulla sua Audi 80. Due «picciotti» sono stati rapidi. Si sono avvicinati ed hanno sparato con due pistole, fuggendo subito dopo praticamente indisturbati. Quando i carabinieri hanno organizzato i primi posti di blocco e battute nelle campagne vicine, in pochi minuti, gli assassini erano già lontani. Al sicuro nello stesso paese? «Può anche darsi, qui tutto è possibile», ha sussurrato a pochi passi dal cadavere uno degli inquirenti durante il sopralluogo del sostituto procuratore della Repubblica della vicina Sciacca, Morena Piazzi, emiliana, imo dei giovani giudici giunti da poco in Sicilia per partecipare alle inchieste antimafia. Con un altro figlio che da tempo si è stabilito al Nord per motivi di lavoro, Giuseppe Borsellino aveva parlato a lungo con i carabinieri dopo che il 22 aprile in un agguato i boss avevano assassinato il loro figlio e fratello Paolo (omonimo del giudice poi ucciso in luglio con cinque poliziotti della scorta in via D'Amelio a Palermo). La loro era stata una vera e propria collaborazione, non si sa però spinta fino a che punto. Avevano fatto i nomi degli assassini o di coloro che ritenevano lo fossero stati, o si erano limitati a fornire informazioni sulla mafia di Lucca Sicula e dei paesi più vicini, specialmente Burgio e Villafranca Sicula? Qui le cosche della «vecchia mafia» rurale e dei pastori sono chiuse a riccio, assai poco disposte ad alleanze con quelle più note e delle quali si parla tanto spesso. La legge mafiosa, da queste parti, nella Sicilia più poyera ed arretrata, è sempre basata sull'omertà e sulla vendetta. Anche stavolta. Paolo Borsellino, 32 anni, fu ucciso mentre rincasava a notte alta. Prima i mafiosi avevano preteso che pagasse la tangente per l'attività della sua microscopica impresa edile, poi avevano puntato a diventare suoi soci nella gestione di ima piccola azienda che produce calcestruzzo. Borsellino rifiutò e fu eliminato. «Non dovevano farlo», disse chino sul cadavere del figlio Giuseppe Borsellino. Le indagini sull'omicidio furono avocate dalla direzione distrettuale antimafia di Palermo e ben presto collegate a quelle su un altro grave omicidio avvenuto il 4 gennaio precedente, sempre in paese. La vittima era stata eccellente: il boss del paese Stefano Radosta, 50 anni, costretto su una sedia a rotelle da quando aveva perso l'uso delle gambe in un infortunio sul lavoro. Antonio Ravidà

Persone citate: Antonio Ravidà, Borsellino, Burgio, Giuseppe Borsellino, Morena Piazzi, Paolo Borsellino, Stefano Radosta

Luoghi citati: Agrigento, Lucca Sicula, Palermo, Sicilia, Villafranca Sicula