Eltsin a lezione da Deng

Eltsin a lezione da Deng CINA S^Ha Muraglia il leader russo si congratula per le riforme Eltsin a lezione da Deng «Siete riusciti a introdurre l'economia di mercato senza esplosioni sociali» Firmato il trattato d'amicizia, Mosca venderà a Pechino armi e portaerei PECHINO DAL NOSTRO INVIATO Riforma economica e compressione (repressione) politica, oppure riforma politica e collasso economico? Questo primo vertice CinaRussia si svolge all'insegna di questo dilemma che, in fondo, i due giganti del socialismo hanno cominciato a risolvere, ciascuno per conto proprio, nella seconda metà degli Anni Ottanta e che per così dire ha già rovesciato due volte, da allora, il tavolo da gioco dei loro rapporti. Alla fine di maggio del 1989 Mikhail Gorbaciov fu accolto a Pechino da un'immensa folla che lo acclamava come un liberatore e da un leader, come Zhao Zyiang, che pensava fosse giunto il momento di «permettere al popolo di respirare». Sembrava il trionfo definitivo della «riforma politica del comunismo» sui prudenti approcci al «mercato socialista», senza toccare il potere del partito unico, che si tentava a Pechino. Poi ci fu Tienanmen e Zhao fu cacciato. A Mosca toccò a Gorbaciov. Ma la Cina è rimasta, mentre l'Urss non c'è più. Pechino accoglie Eltsin con l'orgoglio, forse provvisorio, dei suoi impressionanti record di sviluppo, con una popolazione sazia e proiettata verso un benessere prima impensabile. Ma ancora senza democrazia e con aperture misurate al millimetro. Il leader di Russia, reduce da una fresca sconfitta casalinga - inflittagli proprio da coloro che chiedono di «pensare all'esperienza cinese» - è sembrato ieri in fase di ripensamento. Ha scelto la visita alla Grande Muraglia per comunicare ai giornalisti il suo meditabondo messaggio: «Vale la pena - ha detto Eltsin col fiatone, dopo essere asceso fino alla quarta torre della muraglia - di riflettere al modo in cui i cinesi stanno facendo la riforma: in forme pragmatiche e evitando un'esplosione sociale». E non c'è niente che non sia pragmatico in questo viaggio a Pechino del leader russo, che si concluderà con la firma, oggi, di 21 documenti di cooperazione che serviranno - ha detto il presidente cinese Yang Shankung nell'incontro di ieri - a portare le relazioni bilaterali «a una nuova vitalità». Finita l'era delle ideologie, i due colossi asiatici, uno dei quali non è più socialista, badano al sodo. Si registra già, sull'onda del mercato che nasce sui due Versanti della frontiera, un interscambio di cinque miliardi di dollari, ed è solo un assaggio, perché Eltsin è venuto qui - e non lo nasconde - come commesso viaggiatore di armi. Un documento specifico su questo punto non è previsto. Ma l'ex premier Gaidar aveva già reso nota la cifra: un miliardo di dollari di commesse militari cinesi alle industrie russe in difficoltà. «Un capitolo molto promettente - ha confermato Eltsin - perché fu la vecchia Urss a fornire la base per l'armamento cinese e ora noi possiamo vendere tutto ciò che occorre per modernizzarlo, per mantener- lo a livelli di efficienza. Vale per i pezzi di ricambio, per l'assistenza e tutto il resto». E anche qualcosa di più, se è vero, come ha rivelato 0 vicepremier Shokin, che potrebbero entrarci, oltre agli aerei più moderni, anche una portaerei: quella che l'Ucraina non riesce a finire, che la Russia potrebbe dare una mano a finanziare, e che insieme potrebbero vendere alla Cina. Pazienza se a Washington qualcuno storcerà il naso. Rischi per la Russia non sono all'orizzonte. In linea di principio sottolinea il portavoce Jastrzhembskij - «la Russia di oggi non ha nemici». In linea di fatto ci si accorderà per ridurre la presenza militare delle due parti lungo i 4 mila chilometri di frontiere comuni e per ritirare le truppe a una certa distanza dalle linee di demarcazione. L'Ussuri è lontano e lo resterà per molto tempo. Resta solo da sapere se questa apertura del Cremlino è stata concordata con le altre Repubbliche asiatiche dell'ex Urss - prima tra tutte il Kazakistan - che confinano anch'esse con la Cina e vorranno dire la loro in materia. Tanto più che Eltsin non si è fermato qui. Nella «dichiarazione congiunta» che pone le basi della «nuova era» delle relazioni cino-russe, c'è un passaggio singolare, che fa tornare alla mente epoche passate dell'«amicizia fraterna». Vi si dice che «nessuna delle due parti parteciperà ad alleanze politiche e militari che possano creare minaccia per l'altra parte» o che «possano pregiudicare i suoi interessi», mentre «ciascuna si impegna a non permettere che il proprio territorio sia usato per scopi che mettono a repentaglio la sicurezza e la sovranità dell'altra parte». Qualcuno ha subito fatto rilevare che è una formula molto vicina ad un trattato di alleanza e che la Russia non ha finora usato con nessuno dei suoi nuovi amici occidentali. I portavoce smentiscono: «La nostra concezione di politica estera non prevede alleanze politico-militari». Ma sottolineano: «La Cina è per noi un partner prioritario». Certo è che Eltsin non farà qui grandi discorsi sulla libertà, del tipo di quelli svolti a Washington e Londra. Giulietta Chiesa