Tempesta Nate in Bosnia di Fabio Galvano

Tempesta Nate in Bosnia I serbi: considereremo i Caschi Blu come truppe ostili Tempesta Nate in Bosnia L'Alleanza aspetta il via dall'Otiti BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'Occidente è pronto a intervenire militarmente nell'ex Jugoslavia. L'ultima parola, su un'eventuale azione contro la Serbia per garantire il rispetto della zona di esclusione aerea, spetterà al Consiglio di Sicurezza; ma già ieri la Nato si è dichiarata pronta a «far rispettare» tale decisione. I ministri degli Esteri dell'Alleanza, riuniti a Bruxelles nell'ambito del Consiglio Atlantico, si sono anche detti pronti a «svolgere ulteriori passi» per sostenere le risoluzioni delle Nazioni Unite, pur evitando per ora di scoprire le loro carte con esplicite minacce a Belgrado. E al leader dei serbi bosniaci Radovan Karadzic, che in una lettera al premier britannico Major e al segretario generale dell'Onu Boutros Ghali aveva minacciato di trattare i Caschi Blu «come truppe ostili sul nostro territorio» in caso d'intervento armato, i Sedici hanno replicato: «Prenderemo misure adeguate se quelle forze saranno minacciate o colpite». In serata, il presidente della Bosnia Erzegovina, Alija Izetbegovic, ha detto che il suo Paese «non è a favore di un intervento armato ma chiede la cessazione dell'embargo sulla vendita di armi in modo da poterci difendere». Il segretario di Stato americano Lawrence Eagleburger ha ribadito la determinazione degli Usa e degli alleati a intervenire - se l'Onu lo richiederà - per garantire il rispetto della zona d'esclusione aerea: «Se necessario, saremo anche disposti a relegare in secondo piano o a sospendere l'azione umanitaria, per evitare che i Caschi Blu siano messi in pericolo». Gli occhi sono ora puntati sull'odierna riunione fra i ministri Nato e quelli delle Repubbliche ex sovietiche e dell'Est europeo. Non è stata una decisione facile. L'intesa non era né immediata né evidente. «E' chiaro che la comunità intemazionale deve ora contemplare misure più aggressive», ha dichiarato Eagleburger. «Occorre dare un segnale molto chiaro agli aggressori», gli ha fatto eco l'olandese Van den Broek. E anche la Francia non si è fatta pregare. Ma qualche deciso colpo di freno è venuto da Londra: «Qualsiasi decisione dev'essere compatibile con la sicurezza dei nostri Caschi Blu», ha detto il ministro Hurd. E il tedesco Kinkel, mercoledì a Ginevra uno dei più decisi interventisti, ha sfoggiato ieri maggiore prudenza, mentre da Bonn Kohl tuonava che «l'Onu deve intervenire» e da Londra anche la Thatcher dava una mano ai falchi: «Basta con i tentennamenti, l'Occidente ha esitato troppo a lungo. L'Onu deve dare ai serbi un ultimatum di 48 ore per il ritiro da Sarajevo, poi attaccare con l'aviazione». Ma il dibattito, anche attraverso interventi di Paesi con posizioni più articolate, ha risolto i contrasti della vigilia. I timori espressi durante la giornata, di una Nato indecisa e soprattutto incapace di dare una risposta all'Onu, sono svaniti. «Mentre a Roma si discute, Sagunto è espugnata», ha ricordato il ministro italiano Emilio Colombo citando Tito Livio: «Le discussioni non tengono il passo con la realtà, ci sono rischi concreti di allargamento del conflitto». E così l'Alleanza ha optato per quella che lo stesso ministro definisce «una risoluzione molto forte»: un documento in dieci punti che non lascia dubbi sulle intenzioni della Nato, in cui l'Alleanza esprime non solo preoccupazione ma anche «irritazione» per la situazione nell'ex Jugoslavia, e che punta il dito accusatore sulla Serbia, approvando fra l'altro l'ipotesi di un tribunale internazionale per giudicarne i crimini. La Nato, in sostanza, si mette agli ordini del Consiglio di Sicurezza. «Tocca a noi dimostrare che c'è un limite alla follia», ha detto Eagleburger. Se l'Onu insistesse per l'osservanza della zona di esclusione aerea, e se le violazioni dovessero continuare, afferma il documento varato ieri, «saremmo pronti a sostenere l'Onu nel far rispettare quella risoluzione». E' un assegno in bianco, appena coperto dal monito ai serbi che «è un delitto internazionale» interferire con l'operazione umanitaria dell'Onu; e che quindi qualsiasi azione tale da mettere a repentaglio la sicurezza dei Caschi Blu indurrebbe la Nato ad agire. La Nato ha anche discusso il pericolo che il conflitto si allarghi. «Alcune delle pagine più nere della nostra storia si scrivono in queste ore nonostante numerose risoluzioni», ha ammonito il ministro turco Hikmet Cetin. I Sedici non sono stati sordi a quell'allarme. Su suggerimento di Colombo hanno approvato «una presenza preventiva nel Kossovo» di osservatori armati; ma hanno anche aderito alla decisione dell'Onu di collocare forze di pace ai confini della Macedonia. Non è tutto: ribadita la necessità del rispetto delle sanzioni, l'Alleanza s'impegna a «ulteriori passi per assistere l'Onu nel far rispettare le sue decisioni per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali». La parola, oggi, agli uomini dell'ex mondo comunista. E la palla, poi, tornerà nel campo di Ghali. Fabio Galvano