Bush, Natale a Mogadiscio

Bush, Natale a Mogadiscio Bush, Natale a Mogadiscio I soldati italiani mandati in «provincia» MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO Prima missione per i soldati italiani a Mogadiscio: ieri mattina hanno scortato un convoglio di derrate dall'aeroporto alla sede dell'ambasciata: una parte dei viveri verrà distribuita già oggi agli abitanti, il resto servirà da scorta per il nostro contingente che, secondo il programma dell'operazione elaborato dagli strateghi americani, dovrebbe attestarsi a Gialalaxi, a circa 200 chilometri dalla capitale, sulla strada per Belet Uen, uno degli otto centri operativi previsti dal comando Usa. Una sistemazione periferica che non piace al no- stro comando e ancor meno ai responsabili delle organizzazioni umanitarie italiane che operano in Somalia. Il più contrariato è Elio Sommavilla, un geologo che vive da 16 anni in questo Paese e lavora a un progetto pilota per invogliare i contadini del Basso Scebeli a riprendere a coltivare i campi. «La presenza dei nostri soldati sarebbe molto più utile in questa regione, a Merka e Brava. Lì tutti ci vogliono bene, la maggior parte della popolazione parla italiano, c'è molto lavoro da fare. Invece mandano i nostri in una zona dove quasi non ci conoscono e il rapporto con la popolazione sarà senza dubbio più difficile». Ieri mattina il colonnello Carrara, capo di stato maggiore del nostro contingente, ha fatto una ricognizione in elicottero della zona dove dovranno attestarsi i nostri soldati. Continuano intanto ad arrivare all'aeroporto di Mogadiscio i giganteschi aerei da trasporto «Galaxy», che scaricano tonnellate di materiale logistico e militare destinato al contingente americano. In Somalia ci sono attualmente circa quattromila marines; calcolando anche i militari degli altri Paesi e i marinai, sono 12 mila gli uomini finora impiegati nell'operazione. Nel porto continuano a essere scaricati dalle navi carri armati

Persone citate: Brava, Bush, Carrara, Elio Sommavilla

Luoghi citati: Belet Uen, Mogadiscio, Somalia, Usa