Goldoni erotico con umore nero di Osvaldo Guerrieri

Goldoni erotico con umore nero «La moglie saggia» al Carignano Goldoni erotico con umore nero TORINO. Il Carignano era lindo e lustro l'altra sera, per la prima di «La moglie saggia». Nel teatro ristrutturato, rinnovato nel palcoscenico, in alcuni impianti e negli arredi, si respirava, con l'odore ancora acuto del collante, l'aria dell'avvenimento. Tornava a vivere un luogo importante per la vita culturale della città, uno dei più amati: si capisce che in sala e nel foyer ci fosse soddisfazione, che la platea ospitasse il pubblico un po' speciale dei politici, degli artisti, delle persone di cultura. Sarebbe magnifico se questa inaugurazione preludesse al recupero di un'altra e non meno gloriosa sala teatrale. Invece da anni il Gobetti s'impolvera dimenticato. Ogni promessa di ristrutturazione è stata regolarmente disattesa. Il «benaltrismo» che governa il nostro vivere (sono sempre «ben altri» i problemi) sembra aver cacciato il Gobetti nel deposito del superfluo. Rassicurateci, per favore. Nella storia artistica di Carlo Goldoni «La moglie saggia» occupa un posto particolare. E' del 1752, appartiene al gruppo delle sedici commedie scritte in un anno per sfida, per orgogliosa affermazione di un'arte che, abbandonando gli schemi e le maschere della Commedia all'improvviso, entrava con prepotenza nel mondo nuovo della borghesia e dei conflitti sociali. E per l'appunto quest'opera pone in primo piano una donna borghese, Rosaura, una sorta di prototipo da cui deriverà, fra non molto, l'indimenticabile Mirandolina. E' tale lo scrupolo dimostrativo di Goldoni, talmente vigorosa la sua tesi interclassista, che Rosaura ci viene presentata come moglie del conte Ottavio. Matrimonio infelicissimo. Mentre lei consuma le sere nella lettura, lui cerca le grazie della marchesa Beatrice. La moglie gli è venuta così a noia, che l'irascibile la restituirebbe volentieri al padre, ma, non riuscendovi, medita addirittura di avvelenarla. Come dire: fra due classi così lontane non è possibile alcuna intesa. Ma è poi saggia Rosaura? Non è piuttosto una gran furba? Una donna che, pur di veder tornare il marito nel proprio letto, affronta la rivale, la umilia con arti sottili e, fingendosi sottomessa, riconquista Ottavio adoperando le armi che egli voleva usare per sbarazzarsi di lei? Vedete che, all'ottimismo della vicenda, si contrappone il pessimismo di Goldoni. Qui non siamo ancora nel concreto mondo della locandiera Mirandolina, che celebra il proprio trionfo sposando un suo pari; siamo in una società in crisi, impegnata a divorare, a prevaricare, a trascinarsi nel parassitismo. Qui, non a caso, i servi vogliono somigliare ai padroni, ne replicano vizi e violenza. Stratificazioni complesse, superiori alla qualità non sublime di una commedia lenta, ancora alla ricerca di quella dimensione umana e fisica che farà la grandezza di Goldoni. E commedia in qualche modo imprendibile, difficile da rinchiudere in una gabbia teatrale. Ce ne ha dato conferma il regista Giuseppe Patro ni Griffi che, allestendo lo spet tacolo per lo Stabile dell'Uni bria, ha deliberatamente evitato ogni aderenza storica. Con l'aiuto dello scenografo Aldo Terlizzi ha immaginato un luogo neutro di alte colonne, sobriamente ar redato da sedie, vetrate, uno scrittoio, un letto. Sembrava di assistere non a un Goldoni, ma a un Marivaux fatto da Chéreau. Patroni Griffi ha poi imbor ghesito i servi. Arlecchino, Brighella, Faloppa, Pistone, non indossano gli stracci e le giubbe con cui sono nati, ma eleganti abiti di raso, con camicia e jabod: dei figurini. Arlecchino, poi, è ricondotto alle sue origini francesi, ci appare tutto affettazione e birignao. Questi particolari hanno un valore chiaramente ideologico e vorrebbero rendere più esplosivo il clima nero, quasi libertino della commedia che, a questo punto, dovrebbe trovare nell'interpretazione la sua scintilla vitale. E sebbene la compagnia sia di livello, non mi pare abbia fornito una prova indimenticabile, quasi fosse frenata da un inciampo ostico. Presi singolarmente gli attori sono ineccepibili. Luciano Virgilio mette nel suo Ottavio ogni possibile sgradevolezza, crudeltà, cinismo. Annamaria Guarnieri sa infondere molte intenzioni nel tono quasi sempre piano, persino dimesso di Rosaura. Ilaria Occhini sa dare bizze e volgarità alla marchesa Beatrice. Giovanni Crippa è bravissimo nel tratteggiare i desideri e le vessazioni del povero Brighella. E poi ricordiamo Franco Mezzera (Pantalone), i parassiti Danilo Nigrelli e Fabio Rusca, Anna Gualdo (Corallina), Marcello Donati (Arlecchino) e tutti gli altri. Ma non c'era rapporto tra la loro encomiabile fatica e la raggelata eleganza dell'insieme. Ricordiamo volentieri la scena a due tra Rosaura e Beatrice, quando la prima riesce a piegare (letteralmente) la personalità dell'altra. Un momento magnifico che forse vale l'intero spettacolo. Osvaldo Guerrieri Ilaria Occhini in una scena dello spettacolo di Goldoni diretto da Patroni Griffi nel rinnovato teatro Carignano. Magnifico il duello dell'attrice con la rivale Anna Maria Guarnieri che impersona la saggia Rosaura

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