La danza al tempo dei Sosta Palmizi

La danza al tempo dei Sosta Palmizi Raffaella Giordano e Giorgio Rossi fino al 19 in scena al Cabaret Voltaire La danza al tempo dei Sosta Palmizi Due assoli ricordano il vecchio, fortunato amalgama TORINO. Com'era bello quando i Sosta Palmizi stavano tutti insieme. Com'era inimitabile quell'amalgama di caratteri ballerini: l'intensità ironica di Roberto Castello, il buffo animalismo di Giorgio Rossi, la seriosità introspettiva di Raffaella Giordano. E poi Francesca Bertolli, Michele Abbondanza, Roberto Cocconi. Inutile stare e recriminare. Ognuno di loro oggi, giustamente, se ne va per la sua strada danzatoria. Ma quando una stessa serata riunisce due loro assoli, che piacere. Come in questi giorni al Cabaret Voltaire dove Raffaella Giordano e Giorgio Rossi presentano (sino al 19) due assoli intitolati rispettivamente «L'azzurro necessario» e «Balocco». Un piacere perché i due caratteri completamente diversi e avvicinati ridanno il gusto per quell'amalgama. «L'azzurro necessario» è il colore delle foglie secche sparse sul palcoscenico dove Raffaella Giordano si muove con la sua abituale intensissima ruvida eleganza. Danzando sul silenzio o bran- delli di musica Raffaella disegna un assolo che è meditazione sulle infinite possibilità del gesto e ingloba citazioni di danza indiana, settecentesche smancerie nel suo movimento che è a volte lento a volte di parossistica rapidità e «preme e calpesta ogni cosa reale con ira allegra» come è scritto nella programmatica citazione di Valéry. Ma è anche un patetico e tenero viaggio all'interno dell'universo di donna e danzatrice colmo di riflessioni appena accennate. Tanto è interiorizzato il brano di Giordano quanto è tutto esteriorizzato (ma non per questo meno affascinante) «Baloc- co». Qui Rossi disegna uno dei suoi bellissimi bizzarri, un po' ubriacone, un po' animale, un po' innamorato delle donne. Sottolineato da lunghi brani recitati di Isadora Duncan e Giuseppe Ungaretti, Giorgio Rossi costruisce una danza-fumetto affastellata di oggetti le cui coordinate sono un letto, in fondo alla scena, da sotto il quale estrae spesso una bottiglia di vino, e un microfono in proscenio dove viene a raccontare. E non si sa se ammirare di più le sue movenze animalesche da uccello saggio, o la felice contrapposizione fra uomo naturale e uomo civilizzato o ancora la marionettistica imitazione di Totò, oppure il duetto con l'orsacchiotto. Intanto la colonna sonora ci manda il concerto per pianoforte di Ravel, «balocchi e profumi», un brano dell'arcinoto sketch di Totò sul wagonlit, Murolo che canta «malafemmena» mentre il nostro sconsolato si mette a letto citando l'infinita sequela delle donne che ha amato, o creduto di amare. [se. tr.] Roberto Castello (foto) apparteneva ai Sosta Palmizi. Adesso la Giordano e Giorgio Rossi ricordano il gruppo

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