Quella volta c'ero anch'io di Furio Colombo

Quella volta c'ero anch'io Quella volta c'ero anch'io Furio Colombo e l'uso dei materiali tv ROMA. C'è qualcosa di satanico in «Blob»? Così sosteneva qualche tempo fa l'arcivescovo di Ravenna, Mons. Ersilio Tonini. Forse proprio torto non aveva, se l'assai fervente Celentano ha chiesto e ottenuto per contratto che la sua immagine non appaia nella «marmellata» di Raitre, e come lui hanno fatto in passato Renato Pozzetto, Paolo Villaggio, Nanni Moretti, Carlo Verdone. C'è chi ha paura di «Blob» dunque, della sua spavalderia e mancanza di rispetto. Del suo non fermarsi davanti a nulla. E che forse, dopo questo illustre precedente, chiederà e otterrà di non comparire più fra spot, gambe scosciate e film dell'orrore. «E' un tentativo per lo meno ingenuo, quello di voler sfuggire a "Blob" - dice Enrico Ghezzi -. Certo, non è piacevole vedersi trasformati, ma questo capita automaticamente quando si accetta di comparire in tv: perché si è diversi da come si pensa di essere, perché comunque lo spettatore con il telecomando crea lo stesso effetto che noi creiamo con "Blob". Inutile provare ad arginare. Chi lavora per la tv deve tenerne conto: l'iiumagine si logora, ma si costituisce anche logorandosi». Sì, ma se adesso tutti si ritireranno per paura, e a voi resteranno solo gli scarti? «Mi auguro che la Rai mantenga una posizione ferma in nostra difesa, anche per la valenza di cronaca che ha "Blob". E poi il pubblico giudicherà le motivazioni dei no e ne trarrà le giuste conclusioni. Comunque meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine: tanto "Blob" continua a esistere, anche senza di noi». Sta di fatto che c'è chi, per «mancanza di humour, avarizia della propria immagine, capriccio o sincera preoccupazione d'autore», come elenca Ghezzi, non vuole apparire in «Blob». «Mi sembra legittimo che un personaggio pubblico decida come e quando apparire - dice Renato Pozzetto -. Il mio "no" a "Blob" nasce da un timore di sovraesposizione da video e un desiderio di autonomia, lo stesso che ha mosso Celentano, che ha detto: il mio "Blob" me lo faccio io. E poi Ghezzi e i suoi non hanno un minimo senso della misura: quante volte mi sono rivisto stravolto con Cochi, nei pochi filmati "non protetti". Non mi è piaciuto affatto». Categoria «avaro della propria immagine»? Più che di paura, per Paolo Villaggio si tratta di violento rifiuto nei confronti di una trasmissione «orrendamente cinica. Quando è morta la ragazzina di "Non è la Rai" hanno fatto un montaggio con una sua amica che cantava "Si può anche morire" e un burinazzo che diceva "li mortacci tua". Ghezzi andrebbe punito. Ha l'animo di un cobra e una sessualità un po' dubbia. Gli auguro che qualcuno faccia lo stesso a lui quando muore sua figlia». D'accordo con Villaggio è Renzo Arbore, che dichiara da sempre: «il programma fa confusione; con l'accostamento delle immagini si tenta di strappare una risata anche in visioni drammatiche». Nonché il regista Francesco Maselli, che aveva scritto sul «Sabato» qualche tempo fa: «Enrico Ghezzi è portatore n. 1 della cultura dell'antiautore, quell'orrore che è la filosofia di destra di "Blob": tutto uguale a tutto». Categoria «mancanza di humour»? Ghezzi ha buon gioco a rispondere che «Blob» non vuole affatto far ridere, anzi «ha un potenziale apocalittico». Ma pare più indulgente con le motivazioni del no di Nanni Moretti. «Riguardava solo un suo documentario tv, "La cosa", sulla fine del comunismo, andato in onda su Raitre alla vigilia del congresso del 1990, quel- lo che ha segnato la nascita del pds e la morte del pei. Parlavano molti militanti di base, colti in assemblee e momenti spontanei. Non pareva il caso manipolarli, anche perché loro intenzione non era stata "andare in tv" ma parlare del pei». Categoria «Sincere preoccupazioni d'autore»? Dall'altra parte della barricata, intrepidi e concordi, i superblobbati della nostra televisione non vedono pericoli nel futuro di «Blob». «Solo le mezze calzette si rifiuteranno, i grandi non hanno paura - afferma Vittorio Sgarbi, blobbatissimo e pensoso -. Celentano, lui è un grande "imperfetto": ha voluto provocare, con questa "censura". A me non dispiace affatto comparire in "Blob", anche se spesso non lo condivido: vuol dire che ho fatto qualcosa che comunque merita attenzione». Ma è vero che «Blob» rappresenta la realtà tv? «Questa è un'illusione che Ghezzi e Giusti vogliono propinarci: il telecomando dà casualità, i loro accostamenti sono scelte ben precise, ideologiche. Il montaggio dà un senso alle immagini, le trasforma in opinioni: con le quali opinioni io molto spesso non sono d'accordo. Ma è importante che esistano». Blobbatissimo e astuto Aldo Biscardi: ha deciso di inserire «Blob» nel suo «Processo del lunedì». «Prima pensavo a un montaggio tipo calciatori e sesso, poi con Ghezzi abbiamo pensato alla sigla. Ghezzi non si è lasciato in alcun modo imbrigliare, abbiamo costruito tutto in completa indipendenza, ero perfettamente cosciente che le sue immagini potevano stridere con le mie». Blobbatissimo e introspettivo Emilio Fede: «E' una trasmissione intelligente, una delle poche che guardo: a volte è cinica, a volte è volgare, ma è sempre interessante. La realtà che mostra, più che deformata mi sembra esasperata. Ma questa è la satira. Io rido quando mi rivedo. Chissà, forse è perché è facile mentire a se stessi, e dirsi: "ma tanto non sono io"». Raffaella Silipo ANCHE Furio Colombo è passato su «Blob». E ne aveva scritto così: «Stavo guardando "Blob" e mi divertivo moltissimo. Mi piaceva la seduzione del montaggio, la finta nonviolenza che ti invita a venire vicino e ti mostra la scivolata. Conosci la persona presa di mira e non ha importanza se c'è o non c'è amicizia. Anzi, diciamo, se c'è amicizia, o perlomeno se ci si conosce bene, quasi involontariamente la risata esplode più forte, che male c'è? Una presa in giro veloce che dura un secondo, la giostra gira, passano altre facce, altre vittime. La trovata umoristica a volte si ripete, a volte cambia di colpo, ti trasporta un po' sopra, verso un lieve surrealismo, un po' sotto, quasi alla volgarità, ma per un secondo. Tanto riparte subito Ma la trova e la seduzione di "Blob" sono i tempi. Un attimo in più, un attimo in meno, provocano lo scatto comico che si scatena prima ancora di deci¬ dere se è troppo cattivo». «Stavo guardando "Blob", mi divertivo moltissimo, e ho visto comparire me stesso. Immagini ritagliate da programmi televisivi già andati in onda, immagini di scarto, frammenti di registrazioni non utilizzate. Di colpo non mi sono divertito più. Ho cominciato a sentire sapore di cattivo gusto, un senso di fastidio come quando trovi le tue carte in disordine sul tuo tavolo o ti hanno aperto un cassetto. Improvvisamente ho prestato attenzione al montaggio. Come un VIDEOGAME di Curzio Maltese «A questo punto tutti noi cominceremo a guardarci intorno». (Antonio Cangila a Paolo Frajese, Tg1 ore 20,15, commenti caso Craxi) computer messo febbrilmente in azione, la mente cercava in tutte le direzioni "le ragioni di quel montaggio": animosità, complotto, cattiveria, rendiconto di qualcosa che sul momento non mi veniva in mente, vendetta. Improvvisamente la macchina del divertimento e della satira era diventata "brutta figura". La sensazione euforica si era trasformata in un oggetto pesante che andava a posarsi sul fondale di un certo risentimento». Dice adesso Colombo: «Trovo che "Blob" sia un'idea straordinaria, sia l'unica recensione televisiva possibile. L'unico limite che gli uomini di "Blob" dovrebbero porre a se stessi è questo: dovrebbero mandare in onda soltanto il materiale pubblico, le immagini andate in onda. Usare il materiale non trasmesso (che in quanto tale è, televisivamente, inesistente) è come aprire il cassetto di un altro. Ecco, questa è l'unica mia critica». ROMA. C'è qualcosa di satanico in «Blob»? Così sosteneva qualche tempo fa l'arcivescovo di Ravenna, Mons. Ersilio Tonini. Forse proprio torto non aveva, se l'assai fervente Celentano ha chiesto e ottenuto per contratto che la sua immagine non appaia nella «marmellata» di Raitre, e come lui hanno fatto in passato Renato Pozzetto, Paolo Villaggio, Nanni Moretti, Carlo Verdone. C'è chi ha paura di «Blob» dunque, della sua spavalderia e mancanza di rispetto. Del suo non fermarsi davanti a nulla. E che forse, dopo questo illustre precedente, chiederà e otterrà di non comparire più fra spot, gambe scosciate e film dell'orrore. «E' un tentativo per lo meno ingenuo, quello di voler sfuggire a "Blob" - dice Enrico Ghezzi -. Certo, non è piacevole vedersi trasformati, ma questo capita automaticamente quando si accetta di comparire in tv: perché si è diversi da come si pensa di essere, perché comunque lo spettatore Qui a fianco Nanni Moretti in alto attenzione». Ma è vero che «Blob» rappreQuella volta c'ero anch'io Qui a fianco Nanni Moretti in alto Adriano Celentano a destra Renato Pozzetto: nessuno dei tre vuole apparire a «Blob»

Luoghi citati: Ravenna, Roma