«Big Blue» a dieta stretta, via in 25 mila di Francesco Manacorda
«Big Blue» a dieta stretta, via in 25 mila COMPUTER & OCCUPAZIONE In Italia previsti 800 posti in meno, ma Catania dice: «Il nostro fatturato resta in crescita» «Big Blue» a dieta stretta, via in 25 mila Ibm annuncia nuovi tagli nel '93, il titolo ai minimi da dieci anni MILANO. In inglese si chiama «downsizing», ed è il processo per cui i computer diventano sempre più potenti e più piccoli. Ma c'è un altro «downsizing» in atto nel mondo dell'informatica, quello per cui le aziende del settore continuano a ridurre le loro dimensioni, liquidando decine di migliaia di dipendenti ormai troppo costosi per un'industria alle prese con la domanda in caduta libera e una spietata guerra dei prezzi. Ieri è stato il colosso Ibm ad annunciare i prossimi, drastici, tagli. Nel 1993 il gruppo americano perderà 25 mila dipendenti, riducendo ancora la sua capacità produttiva, e taglierà di un miliardo di dollari le spese per ricerca e sviluppo. Immediata la reazione a Wall Street, dove il titolo Ibm è stato scambiato in apertura di contrattazioni a 59,75 dollari, in calo del 5% circa rispetto alla quotazione di lunedì e al suo minimo da dieci anni a questa parte. Nel corso del 1992 la Ibm ha già eliminato 40 mila dipendenti. Con le nuove riduzioni, la sua forza lavoro complessiva passerà nel giro di tre anni circa da 400 a 300 mila unità. Per finanziare i 25 mila tagli al personale, il gruppo accantonerà un onere straordinario di 6 miliardi di dollari nel bilancio del quarto trimestre di quest'anno. «Il calo del volume delle vendite di hardware, insieme con i rapidi miglioramenti che si registrano nel settore della tecnologia e in quello della produttività - ha spiegato ieri il presidente della Ibm John Akers, annunciando le misure - sono alla base della nostra decisione. Ma, allo stesso tempo, le attività nel settore software e servizi stanno dando risultati eccellenti». La situazione, comunque, appare sempre più grave, tanto che Akers si è spinto a prevede¬ re che se le cose non cambieranno in meglio «è probabile che alcune unità saranno costrette a rinunciare alla piena occupazione nel 1993». In altri termini Ibm potrebbe scegliere la strada dei licenziamenti rispetto a quella dei prepensionamenti incentivati, che ha percorso finora. E anche le previsioni sui risultati finanziari sono tutt'altro che positive. Un comunicato emesso dopo il consiglio di amministrazione della Ibm che ha deciso i tagli, afferma che il risultato operativo nel quarto trimestre «dovrebbe mantenersi nell'ambito del pareggio», ma afferma anche che le previsioni in circolazione sugli utili del gruppo potrebbero essere troppo ottimiste. Già nello scorso trimestre la Ibm ha perso 2,8 miliardi di dollari, anche a causa di 4,43 miliardi di dollari di oneri straordinari destinati proprio alle riduzioni di parso- naie. E da noi, come colpirà la scure di Ibm? La consociata italiana del gruppo, la Ibm Semea, aveva poco più di 14 mila dipendenti a fine '91 e quest'anno ha tagliato circa 800 unità. Anche l'anno prossimo, affermano al quartier generale di Segrate, la riduzione potrebbe essere nell'ordine di 800 posti. Ma nonostante la crisi del settore, la consociata italiana di «Big Blue» non prevede scenari catastrofici. Nel 1991 il fatturato è stato di 8388 miliardi, con un incremento del 6% sul 1990, e l'utile è stato di 250 miliardi. ((Anche quest'anno dovremmo chiudere con una leggera crescita del fatturato - commenta Elio Catania, vicedirettore generale delle Operazioni nazionali -, mentre la redditività dovrebbe essere in linea con quella del 1991». Francesco Manacorda
Persone citate: Akers, Elio Catania, John Akers
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