L'eroe d'America salvò «Via col vento»

L'eroe d'America salvò «Via col vento» LA SCOMPARSA DI UN PIONIERE MILIARDARIO La leggenda del patriarca di una delle più ricche e famose famiglie americane L'eroe d'America salvò «Via col vento» Vanderbilt, dalle avventure di guerra al kolossal I quel sorriso sfrontato e di quegli occhi di ghiaccio con cui aveva attraversato tre quarti di secolo passando dalle avventure di guerra a quelle di cuore, dalla Borsa all'allevamento dei cavalli e sempre aggiungendo nuovi milioni di dollari ai tanti lasciatigli dai genitori, non era rimasta che l'ombra. Un'ombra di quel cinismo che, come ha detto Oscar Wilde, altro non è se non l'atteggiamento di chi sa il prezzo di ogni cosa e il valore di nessuna: Cornelius Vanderbilt Whitney, patriarca d'una delle più ricche e famose famiglie d'America, s'è spento domenica, a 93 anni, nella sua casa di Cady Hill House a Saratoga Springs. Accanto a lui, l'ultima moglie, Marylou, un'ex attrice che «Sonny» Vanderbilt aveva sposato nel '59 coerente con il proprio impegno di «vivere pericolosamente» e affrontando, con un ghigno di superiorità, il rischio d'essere incriminato per bigamia. Vanderbilt, negli Stati Uniti, indica una dinastia assimilabile a quella dei Rockefeller, dei Carnegie, dei Kennedy: una dinastia la cui fortuna s'iniziò con il leggendario Comelius che, alla fine del '700, grazie a qualche decina di dollari prestatigli dalla madre, acquistò una barca per trasportare i passeggeri da Staten Island a New York. Il vecchio ostricaro cui la gente con rispettosa invidia aveva regalato il titolo di «commodoro», morendo lasciò in eredità 90 milioni di dollari che il figlio, evidentemente altrettanto dotato per gli affari, portò in 8 anni a 200. Cornelius Vanderbilt Whitney non ha smentito nonni e bisnonni navigando alla brava in una fortuna profumata di petròlio e di tabacco, ampliando reti ferroviarie e compagnie aeree, moltiplicando un patrimonio sterminato giunto sino a lui «per i rami» d'una famiglia sempre più opulenta. Uomo d'affari, ma anche d'azione: appena diciottenne è in Europa a combattere come aviatore nella Prima guerra mondiale. Dopo tre anni è di nuovo in America pronto a icriversi a Yale, a laurearsi nel '22 e a fondare nel '27, con un amico di college, la compagnia aerea Pan Am di cui rimarrà presidente sino al '41. E, via via, la sua vita è un crescendo di affari: favolose miniere in Canada, scuderie di purosangue in Kentucky, l'apertura dei Marine Studios a St Augustine diventati, poi, l'attrazione subacquea Marinaland. Ma l'intuito di Vanderbilt ap- proda anche ad Hollywood dove il produttore David Selznick (è il '39) si sta sfiancando economicamente per finanziare un colossal d'amore e morte che ha come sfondo la guerra di secessione: Cornelius gli corre in aiuto e «Via col vento» può, finalmente, apparire sugli schermi. Il successo porta denaro ed il denaro altri film ed altri successi: con i soldi di Sonny vedono la luce pellicole memorabili come «E' nata una stella» e «Rebecca la prima moglie». E' il 1941, Seconda guerra mondiale: l'uomo d'affari lascia l'abito grigio del businessman per reindossare la divisa del pilota. Il capitano Vanderbilt, nel Pacifico, in India e nel Middle East vola con lo stesso atteggiamento sicuro e sprezzante con cui opera a Wall Street: quando il conflitto finisce ha il grado di colonnello, la Legione al Merito, la Distinguished Medal e una raffica di altre decorazioni. La finanza, la guerra, le donne, i cavalli, il cinema: a quest'amante del rischio manca un'avventura, la politica. Ed eccolo, nel '47, primo assistente se- gretario dell'aeronautica nell'amministrazione Truman e due anni dopo, sottosegretario al commercio. Chi lo conosce, in quei giorni colmi di demoniaca energia, lo descrive come un uomo che, però, non perde quasi mai la calma e l'imperturbabilità. Sono doti che sembrano accomunare molti membri di questa famiglia. E' un mito del clan la fine di Alfred Vanderbilt, uno zio di Cornelius, morto nel naufragio del piroscafo Lusitania che era stato silurato da un sottomarino tedesco. In abito da sera, con un fiore fresco all'occhiello, Alfred aveva aiutato la moglie a scendere nella scialuppa di salvataggio e le aveva sussurrato: «Addio, grazie per quanto hai saputo darmi». Quindi s'era messo in disparte sul ponte accendendosi l'ultimo sigaro I mentre la nave affondava. Passano gli anni in quest'America che sembra coronare tutti i sogni. Cornelius Vanderbilt moltiplica i milioni e le mogli: alla sua morte il numero dei primi è talmente alto da risultare imprecisato, quello delle seconde è 4. E tre sono i figli, quattro i figliastri, nove tra nipoti e bisnipoti. Con gli affari che prosperano implacabili e l'età che implacabile avanza, Sonny scopre, aiutato anche dalla moglie Marylou, il sapore appagante del mecenatismo: fonda musei ed istituti di cultura, protegge artisti. I suoi ultimi giorni sono coperti da una cortina di riservatezza. Si sa che il primo Cornelius Vanderbilt, ormai quasi morente, mise alla porta il medico che gli aveva consigliato di bere qualche goccia di champagne: «La gazzosa va altrettanto bene» era stato il suo rabbioso saluto al sanitario e al mondo. Sulla fine dell'ultimo Cornelius Vanderbilt nessuno ha ancora avuto il tempo di costruire una leggenda. Renato Rizzo Cornelius Vanderbilt Whitney (aveva 93 anni) con la moglie Marylou, l'ex attrice che sposò nel '59