Torna la Guerra Fredda ma è un bluff di Mosca di Foto Reuter

Torna la Guerra Fredda ma è un bluff di Mosca Torna la Guerra Fredda ma è un bluff di Mosca MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Per 45 interminabili minuti il mondo è stato ieri precipitato all'indietro, fino ai brutti tempi della guerra fredda. A Stoccolma, alla Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Csce), il ministro degli esteri russo Andrej Kozyrev ha infatti preso la parola per denunciare le «ingerenze» militari dell'Occidente nell'ex Unione Sovietica, per chiedere la fine delle sanzioni intemazionali contro la muscolosa Serbia, per affermare che Mosca difenderà i propri interessi nell'ex impero anche con le armi, e per girare le spalle all'Europa in un abbraccio da brivido all'Asia postcomunista. Il segretario di Stato americano Lawrence Eagleburger, il ministro degli esteri tedesco Klaus Kinkel, i capi delle diplomazie degli altri 14 Stati emersi dalle macerie dell'Urss, e decine di altri ministri sono balzati in piedi inorriditi, cercando di raggiungere Kozyrev per chiedere spiegazioni. «Devo introdurre delle correzioni nella concezione della politica estera russa», aveva esordito Kozyrev, e giù, con una serie di-brevi frasi pesanti come mazzate. «Le nostre tradizioni sono in Asia, e questo pone dei limiti al nostro riawicinamento all'Europa occidentale», ha detto, accusando la Nato e la Ueo (quello che alcuni vorrebbero diventasse il braccio armato della Cee) di «rafforzare la loro presenza militare negli Stati baltici e in altri territori dell'ex Unione Sovietica, e di interferire nella Bosnia e negli affari interni della Jugoslavia». A questo proposito, Kozyrev ha chiesto il ritiro delle sanzioni contro la Serbia, minacciando che, in caso contrario, «la Serbia potrà contare sull'appoggio della grande Russia». Infine, il ministro russo ha affermato che le regole di cooperazione della Csce non possono «essere applicate» nell'ex Urss: «Uno spazio essenzialmente post-imperiale, dove la Russia deve difendere i propri interessi con tutti i mezzi possibili, compresi quelli militari». Le repubbliche dell'ex Urss devono «entrare immediatamente in una nuova federazione» con la Russia, e se c'è qualcuno che considera sepolto il passato imperiale della Russia, ha conclu- so Kozyrev, è meglio che stia attento. Immediatamente dopo le telescriventi di tutto il mondo diffondevano con lo scampanellio tipico delle «urgenze» la notizia della svolta a destra nella politica estera russa. Gli ambasciatori dei 16 Paesi Nato, riuniti a Bruxelles per cercare un modo di aiutare Eltsin nella sua lotta contro i conservatori, sono piombati nella disperazione. Alcuni rappresentanti delle repubbliche ex sovietiche hanno rilasciato allarmatissime dichiarazioni, già pronti a chiedere protezione e aiuto al «grande fratello» americano. Subito c'è stato chi si è lanciato in specu¬ lazioni: Kozyrev ha voluto salvare il posto in un momento in cui i conservatori a Mosca sono all'offensiva, tanto più che egli è stato al centro degli attacchi più feroci da parte dell'opposizione a Eltsin. La sorpresa, il panico, la rabbia impotente dei deboli vicini della Russia sono però, per fortuna, durati poco. 45 minuti dopo Kozyrev è salito ancora alla tribuna, spiegando che il suo discorso era stato un trucco per far capire al mondo quali siano «le vere minacce sulla nostra strada verso un'Europa post-comunista». «Né il presidente Eltsin, che resta il leader ed il garante della politica interna ed estera russa, né io, come ministro degli Affari esteri, saremo mai d'accordo con quanto ho letto nel mio discorso precedente ha detto Kozyrev -, il testo che ho letto prima è una giusta, accurata compilazione delle richieste di quella che non è certo la più estrema opposizione in Russia». Il sospiro di sollievo è stato generale. La Conferenza della Csce, infatti, era stata convocata per parlare soprattutto della guerra nell'ex Jugoslavia, alla vigilia delle elezioni presidenziali in Serbia. Per far capire bene a tutti che si era trattato di uno scherzo, comunque, Kozyrev e l'ameri- cano Eagleburger hanno firmato assieme una dichiarazione, invitando la Serbia a fare «la giusta scelta» elettorale. Se il «consiglio» venisse seguito, il premio sarebbe la fine delle sanzioni e la fine dell'isolamento internazionale. Per Eagleburger, che poco prima aveva auspicato un «processo di Norimberga» contro i criminali di guerra serbi, è stata una bella svolta. Ma lo spaghetto che gli aveva fatto prendere Kozyrev lo giustifica. «Questi scherzi fanno più male del fumo», ha detto l'obeso Eagleburger, notoriamente sofferente di cuore. Fabio Squillante Kozyrev sulla Bosnia raggela gli europei «Ho voluto parlare come i nemici di Eltsin» Prigionieri musulmani dei serbi nel campo di Manjaca, nei dintorni di Banja Luka, in Bosnia [foto reuter]