Tutti a scuoia da FANTÒMAS di Oreste Del Buono

Tutti a scuoia da FANTÒMAS Da Rocambole a Chiesa: i grandi ladri raccontati da OdB Tutti a scuoia da FANTÒMAS Il meglio del peggio, fra letteratura e realtà. I grandi ladri danno il titolo a un libro in uscita da Baldini & Castoldi, curato da Oreste del Buono: per ognuno una scelta di brani antologici e una succinta presentazione. Ecco in anteprima i ritratti di Rocambole, Raffles, Lupin, Fantómas e dell'ing. Mario Chiesa. Aglio spagnolo rocambolesco Rocambolesca è detta un'azione audace o strabiliante, compiuta con destrezza e astuzia, aggettivo derivato dal nome dello spericolato protagonista di molti romanzi di Pierre-Alexis Ponson du Terrail. Così informa il dizionario, e il suggerire un aggettivo è proprio solo dei personaggi veramente riusciti, da Don Chisciotte a Madame Bovary e a Oblomov. Non c'è dubbio che il personaggio di Rocambole sia più che riuscito: da oltre cento anni è riconosciuto come capostipite delia famiglia dei grandi ladri. P.-A. Ponson du Terrail lo creò nel 1854, e il nome glielo trovò nel dizionario: una specie di aglio spagnolo meno aspro di quello ordinario. Probabilmente voleva indicare con questo le qualità piccanti e sfuggenti del suo eroe. Certo, il nuovo significato, l'aggettivo, ha ormai soppiantato il vecchio, il sostantivo: nel dizionario c'è traccia solo del passaggio del personaggio saporito (...). Il titolo di capostipite dell'inquietante e pittoresca famiglia da noi presa in esame, in fondo, non spetterebbe tanto a Rocambole, quanto al suo maestro, il Genio del Male, al secolo Andrea Felipone, imi italiano. Forse sarebbe il caso di inorgoglirci. Rocdmbole gli ha sottratto questo titolo con destrezza e astuzia, grande ladro di fama oltre che di denaro. «La paura del ridicolo paralizza oggi troppi artisti. Lo sprezzo defridicolo ci è valso, invece, tutta quella letteratura del XIX secolo che va da Monsieur Lecoq ai Miserabili, dai Misteri di Parigi alle pagine ancora sorprendenti in cui Balzac, Alexandre Dumas e Zola si prendono il lusso di stare al gioco» ha scritto una volta magnificamente Jean Cocteau. «Viva il regno di Rocambole!...». Viva! Rubare per divertirsi Nacque nel 1899 in Raffles the amateur cracksman. Ebbe subito fortuna, anzi fu l'unico personaggio della letteratura popolare in grado di rivaleggiare in celebrità con Sherlock Holmes. Si trattò, comunque, di una rivalità in famiglia. Il padre di Raffles, E. W. Hornung, infatti, era cognato di A. Conan Doyle, il padre di Sherlock Holmes. Conan Doyle, vittoriano convinto, fremette all'idea di un eroe che si accampasse dalla parte sbagliata della barricata, ma Hornung gli dedicò il libro. Bello, elegante, compito, magistrale giocatore di cricket e conquistatore di donne, dotato di un raro senso dell'umorismo e di uno sportivo gusto del pericolo, Raffles ruba per procurarsi agi e comodità, ma non solo per questo. Puba per divertirsi, così, a voltw, arriva addirittura a dimenticare di rubare, si schiera con le vittime dei soprusi, aiuta la polizia, porta in scena la verità. In fondo, per quanto lui sia dalla parte sbagliata della barricata e l'altro dalla parte giusta, Raffles è molto più simpatico di Sherlock Holmes. Se avessimo un problema grave da risolvere, preferiremmo affidarlo al ladro in guanti gialli piuttosto che all'insopportabile investigatore presuntuoso e drogato. Almeno, Raffles alleggerirebbe la tetraggine della questione con le sue trovate, il suo spirito, la sua mancanza di rispetto per qualsiasi forma di retorica, la sua misura. Di misura Raffles, del resto, dette prova anche in punto di morte. Si sa che tra i creatori di personaggi celebri e le loro opere insorgono spesso incomprensioni e incompatibilità. Conan Doyle, odiando perdutamente Sherlock Holmes, tentò di sbarazzarsene a più riprese. L'odiosa creatura, però, risuscitò puntualmente. Al contrario, Raffles, quando Hornung gli fece balenare che poteva essere la sua ora, si adeguò cortesemente. Morì nel 1905 in A Thief in the Night, e non per la conseguenza di un furto andato a male. Morì sul campo di battaglia durante la guerra anglo-boera. Ha lasciato un vasto rimpianto. Come capita ai personaggi riusciti che sanno scomparire a tempo, prima di aver logorato l'attenzione. Il magnifico Arsene Nel Lexique de l'anarchie di Roger Boussinot Lupin è indicato come il pallido riflesso romanzato del Jacobl le cui avventure stravaganti, picaresche e temerarie avrebbero ispirato Maurice Leblanc. Jacob, papo di una banda di svaligiatóri? spesso a mano armata, che coperò in Francia, Italia, Spagna e Svizzera, confessò durante il processo celebrato a suo carico nel 1905, 106 azioni per unì beneficio complessivo di 5 milioni di franchi oro. Attaccava esclusivamente le abitazioni di lusso, i castelli e le chiese, senza.mai ricorrere alla violenza nonostante la mano armata. Versava il 10 per cento del bottino alla cassa delle organiz¬ zazioni e dei giornali anarchici per la propaganda. Fu lui stesso a guidare i dibattiti in occasione del processo: abile e sarcastico, ricusò i giudici, proclamando perentoriamente il diritto di rubare quando coloro che producono tutto non hanno niente e coloro che non producono niente hanno tutto, sono parole sue. Condannato all'ergastolo e liberato dopo vent'anni, tornò dal bagno penale in Francia a lavorare come venditore ambulante di maglieria. La segnalazione è suggestiva, ma, quando Jacob s'impose alla pubblica attenzione con il clamoroso processo, Lupin era già nato. Nacque esattamente nel 1904 nel «Je sais tout», appena varato da Pierre Lafitte, con il racconto L'arrestation d'Arsene Lupin. «M'è sempre piaciuto raccontare storie», dichiarò poi Leblanc, «è un lavoro pressoché incosciente in me. Presi la penna e Lupin mi si impose. Nome e cognome erano la deformazione di quelli di un vecchio consigliere muncipale parigino - Arsene Lopin - scrissi senza troppo sapere dove andavo a parare». Insomma, Lupin il magnifico cominciò dal punto in cui i ladri ordinari finiscono, ovvero dall'arresto. Ma l'editore sollecitò, dato il successo subito incontrato dal personaggio, una rapida evasione dalla galera. Leblanc fece evadere Lupin, e ne narrò una cinquantina di successive avventure, raccogliendole in venti volumi di romanzi e racconti. lire dei surrealisti «La lettura di Fantòmas di Souvestre e di Allain è attualmente in voga in molti ambienti letterari e artistici. Questo straordinario romanzo, pieno di vita e di immaginazione, scritto non importa come, ma con abbondanza di colore, ha trovato un pubblico colto che si appassiona alle avventure. La lettura dei romanzi popolari d'avventure è un'occupazione poetica del più alto interesse. Sono, credo, gli unici libri che abbia Ietto veramente bene, e ho piacere d'incontrare una quantità di menti elette che dividono una simile inclinazione con me...». Queste dichiarazioni sono contenute, con altri elogi, in un pezzo di Guillaume Apollinaire. Apollinaire, che fu solo un precursore dell'entusiasmo per Fantòmas, da cui restarono incendiati Antonin Artaud, Louis Aragon come Raymond Queneau, si spinse sino a proclamare uno degli autori, Allain, re dei surrealisti. Allain che, dopo la morte di Souvestre, continuò febbrilmente l'epopea del Genio del Male, ricevette l'investitura con stupore: era troppo anarchico, forse, per non trovare pure quella surrealista un'etichetta scomoda, comunque era anche troppo cortese per rifiutare la corona e la portò con grande discrezione e distacco, insomma non la portò affatto. Avvocato, ma con inclinazione al giornalismo come surrogato dell'amore per l'avventura. Allain diventò prima segretario poi amico di Souvestre, di 10 anni maggiore di lui, avvocato, ma redattore sportivo all'«Auto». Per l'«Auto» appunto i due misero insieme il loro primo romanzo d'appendice, un romanzo sportivo, ovviamente. Fantòmas arrivò nel 1911 per l'editore Arthème Fayard. Allain e Souvestre non scrivevano, usavano il dittafono, sbrigavano un capitolo per imo. Per riconoscere la roba di uno dalla roba dell'altro, Allain cominciava sempre i suoi capitoli con la parola toutefois e Souvestre con la parola néanmoins. Per 32 mesi Allain e Souvestre non smisero di lavorare e buttarono fuori 32 volumi di Fantòmas. Poi Souvestre morì, nel 1914, di spagnola, e in seguito arrivò la guerra. Ma Fantòmas sopravvisse. L'ingegnere di Tangentopoli L'ingegner Mario Chiesa, l'ultimo arrivato ma solo cronologicamente, non riusciamo a considerarlo un vero e proprio ladro secondo la concezione ottocentesca del termine. Presenta, infatti, un'assoluta normalità e una rigorosa ossequienza al sistema imperante in Italia ed è, forse, da proclamare il personaggio di maggior spicco di questa antologia proprio per la sua normalità tra tanti eccentrici. Non a caso non è un'eroe di inchiostro e carta, ma un individuo in carne e ossa. Non è terribile né bello, ma non spiacente: un cinquantenne magari con qualche chilo in più ma dal piglio giovanile e dinamico, comunque senza esagerare. Porta gli occhiali, abiti all'inglese, velluto a coste, tweed, scarpe massicce, cravatte reggimentali, ha una moglie da cui c separato a cui lesina gli alimenti, un figlio quindicenne che vede ogni tanto, una nuova compagna con altra prole ancora in arrivo (quando esce, anzi è costretto a uscire alla ribalta dal tenace giudice Di Pietro), un portaborse spiccia faccende, una devota segretaria usabile pure come intestataria di conti in banca per soldi che scottano. Di certo, non ha rubato più di tutti, ma è stato il primo a rivelare l'ampiezza, la brutalità con cui a Milano i partiti hanno fatto della politica un affare, trasformando ogni attività dell'amministrazione pubblica in propria privata occasione di far soldi. Si è laureato nel 1969 in ingegneria elettrotecnica e nel 1992 si è distinto come stakanovista dell'auspicata privatizzazione dello Stato. E' il Grande Privatizzatore. Il sistema è brevettato dai partiti, ma lui ha solo deciso di perfezionarlo, tenendosi tutto per sé. Più privato di così... Oreste del Buono O Da Rocambole a ChieTutti aFAN

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