Reggio, paura del volo mafioso di Cesare Martinetti
Reggio, paura del volo mafioso Reggio, paura del volo mafioso De, psi e pds sperano nei capilista ma msi e la Rete puntano in alto REGGIO CALABRIA DAL NOSTRO INVIATO A scrutare le percentuali di una domenica piovosa, silenziosissima e indecifrabile sembra che i calabresi abbiano scelto di non votare in queste elezioni drammatiche, nella Reggio Calabria degli scandali: 7,2 per cento in meno rispetto alle precedenti amministrative. Sorpresa invece a Piatì, qui gli elettori sono in neto aumento: 45,6 per cento contro il 38,9. Che cosa voglia dire questa scarsa affluenza ai seggi proprio non si può sapere a quest'ora, nessuno azzarda previsioni, dalle urne, oggi pomeriggio alle 14, può uscire una sonora legnata ai partiti coinvolti nei tanti scandali di Reggio, o può uscire il segno del controllo mafioso del voto, più forte di qualunque inchiesta della magistratura, impermeabile al vento di protesta contro i partiti che attraversa il Paese e che qui assume una connotazione ancora più drammatica per la crisi economica, sociale, legale. Si vota a Reggio in un clima di sfiducia, indifferenza e paura. Mezzo Consiglio comunale è finito in carcere negli ultimi due-tre mesi; quattro uomini politici di primo piano come i democristiani Piero Battaglia, Francesco Quattrone, Giuseppe Nicolò e il socialista Giovanni Palamara sono stati arrestati solo dieci giorni fa con l'accusa di essere stati i mandanti dell'omicidio di Lodovico Ligato. E inoltre soffiano da tutte le parti voci di nuovi arresti, nuove inchieste, altri terremoti giudiziari con epicentro un Consiglio comunale già sconvolto e delegittimato dagli arresti di quest'estate. Qui, proprio com'è avvenuto a Milano con le confessioni di Mario Chiesa, l'ex sindaco de Agatino Licandro ha rivelato ai magistrati lo scenario di affarismo e di tangenti come l'unico volto della politica e dell'amministrazione della città. Con la drammatica aggravante che da queste parti molte questioni si risolvono a colpi di pistola, comandano le cosche mafiose intrecciate alla politica in modo inestricabile, come rivela l'inchiesta sull'omicidio di Ligato indipendentemente dal fatto se i quattro politici siano veramente i mandanti dei killer. Se si aggiunge a questa situazione la crisi economica e la disoccupazione che in Calabria è tre volte superiore alla media nazionale, si capisce quanto possa essere esplosivo il futuro di Reggio, ventidue anni dopo quella rivolta che molti qui vivono ancora come l'epopea di una stagione ripetibile. Sono i missini a impugnare la bandiera del «boia chi molla», sia pure con il doppiopetto e le buone maniere di Gianfranco Fini che è capolista della fiamma a Reggio. Le previsioni (che però non hanno riscontro in alcun sondaggio perché nessuno ci ha provato) danno per favoriti i missini e la Rete, qui presente con una lista molto connotata nel mondo cattolico di associazioni e volontariato. La de ha escluso dalla lista tutti i precedenti candidati mettendo alla testa l'anziano e fervente professore Reale, ban diera pulita ed emarginata. Il pds ha messo come capolista il professore Gaetano Cingali, storico della città; il psi invece ha quarantacinque (cinque si sono ritirati all'ultimo momento) candidati in ordine alfabeti co. Cesare Martinetti
Persone citate: Agatino Licandro, Francesco Quattrone, Gianfranco Fini, Giovanni Palamara, Giuseppe Nicolò, Ligato, Lodovico Ligato, Mario Chiesa, Piero Battaglia
Luoghi citati: Calabria, Milano, Reggio, Reggio Calabria
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