Tangenti al defunto con l'Eterno riposo

Tangenti al defunto con l'Eterno riposo IL PALAZZO Tangenti al defunto con l'Eterno riposo eterno ri poso dona loro... Eh, sarebbe bello se li lasciassero, appunto, in pace. O si limitassero, come un tempo, a chiedergli i numeri del Lotto. Che tanto i morti son morti, anche quelli politici, e giù una caterva di proverbi, di massime, di sentenze sull'inopportunità di tirarli in mezzo. Nella corruzione, poi, a Tangentopoli... Ed invece eccoti puntuale, per la categoria «cuoricini», l'ex commissario dell'Enpas, nonché ex onorevole democristiano Enzo Meucci che messo alle strette per via di 13 miliardi e passa di tangenti ha cercato di cavarsela addirittura raddoppiando questa grazioso, brillante escamotage giudiziario. Lui, Meucci, parte delle mazzette le ha destinate a Donat-Cattin, morto il 17 marzo 1991, e un altro po' a Franco Maria Malfatti, deceduto il 10 dicembre dello stesso anno. E qui la duplicazione del morto espiatorio davvero si segnala per la sfrontatezza del vivo. "Per quella" sua estrema; disperante risorsa di fantasia che finisce per restituire un sjjspnso reaÌQr pers accrescere l'efficacia del già efficacissimo «mors tua, vita mea». Può suonare lo stesso sconsolante, oltre che paradossale, ma prima dell'era Di Pietro questo accadeva di rado e comunque sembrava limitato all'uso di un solo morto. Il povero senatore socialista di Viareggio Barsacchi, per esempio, a cui faccendieri e dirigenti del psi, per salvarsi, avevano rifilato una tangente postuma. Vicenda locale complessa, con risvolti nazionali non proprio edificanti: la vedova Barsacchi non riteneva che Amato, allora vicesegretario del psi, e Vassalli, ministro della Giustizia avessero fatto del loro meglio per impedire l'ingiusto coinvolgimento del marito che non crara più. Così come adesso non ci sono più né Donat-Cattin né Malfatti. Ma se uno era già troppo, tirarne in ballo due, di morti, sembra uno scherzo assurdo. O una follia, una moda, una sfida. Da raccogliere con macabro sarcasmo. E magari, una volta fatto il passo doppio, Meucci avrebbe potuto anche aggiungere Mauro Babbico (1 dicembre 1991) , Adolfo Sarti (2 marzo 1992) e magari Salvo Luna ( 12 marzo). Anche se su quest'ultimo il giochetto dello scarica-morto è in pieno svolgimento da parte dei pentiti di mafia. Per il resto, che poi sono i cento e più scandali sparsi in giro per l'Italia, siamo prossimi al «si salvi chi può». A chi sono finiti i 150 milioni dell'ex segretario regionale del psi Lombardo Parini? A un funzionario della segreteria amministrativa del psi che però è morto. A chi il denaro circolato illecitamente intorno al Centro democristiano «G. Pastore» di Bergamo? Beh, all'ex senatore Ruffini, guarda un po', scomparso. E anche senza essere Alice a Tangentopoli si rimane stralunati di fronte a quest'ultima pennellata che riesce a mettere insieme corruzione e oltretomba. A questo consumismo politico che mangia e digerisce pure la morte. Defunti a rischio, quindi, e ceneri che possono tornare utili, memorie schizzatili di fango, vedove e famiglie all'erta. «Pensiamo al povero Balzamo - calcola Mario Chiesa -. Adesso diranno che ha preso i soldi da tutti, anche dal fattorino di via del Corso». E prima ancora di questa pacifica deduzione, con gesto tanto nobile quanto preveggente Giacomo Mancini era già dai giudici per dire che non si può scaricare su Balzamo il peso e la vergogna delle bustarelle. Che non è vero, anche in questa spietata lotta per la sopravvivenza, che i vivi sono meglio dei morti per il solo fatto che sono vivi. Filippo Ceccarelii emj

Luoghi citati: Bergamo, Italia, Tangentopoli, Viareggio