Clic, la mia vita per un Pulitzer

Clic, la mia vita per un Pulitzer In mostra a Milano le più famose foto-notizia scattate intorno al mondo Clic, la mia vita per un Pulitzer Grazia Neri: «In Italia solo flash pettegoli» " "f\\ MILANO ! ' HISSA' quanti fotografi I italiani erano l'altra notte 1 i sulla spiaggia di MogadiI—Sa I scio a ricevere i marines, a urlargli di rifare il saltino dall'anfibio perché il primo era venuto male, a sparargli flash su flash sulle facce tinte di scuro. Quanti saranno stati? Pochissimi, e magari inviati dalla Sygma, dalla Gamma, dalla Sipa, le grandi agenzie internazionali. «Mi viene addosso una gran tristezza», dice Grazia Neri, gran dispensatrice di immagini a quotidiani e periodici. Venticinque anni fa ha avviato quella che oggi da noi è l'agenzia numero uno. Dice che la fotografia d'attualità attraversa nel nostro Paese un brutto momento di crisi: «Definisco catastrofica la situazione. Una sofferenza». Occasione di confronti amari, a parte lo sbarco in Somalia, è una mostra che riunisce fino al 24 dicembre le più belle foto giornalistiche scattate in tutto il mondo nel '91. Sono in un loft vicino a Porta Genova, ospiti della IdeaBooks, in fondo al cortile di una vecchia casa i di ringhiera. «Non ho trovato nessuno che sponsorizzasse l'esposizione ammette Grazia Neri -. La sola Kodak non bastava, così sono scesa in campo io». Foto straordinarie. Sono 175, scelte su quasi 18 mila dalla World Press Photo Foundation di Amsterdam, che dal '55 organizza ogni anno una mostra come questa e le fa fare il giro del pianeta. Ciascuna delle otto sezioni in cui le foto sono suddivise, dall'attualità più cruda allo sport e alla vita quotidiana, ha i suoi Oscar. Sopra tutte vola la Foto dell'anno. Eccola: nell'ultimo giorno di guerra nel Golfo il sergente americano Ken Kozakiewicz si accascia con un braccio ferito a tracolla nell'elicottero per tornare alla base e gli dicono che nel sacco accanto c'è quel che resta del suo amico Andy Alaniz. Ken volta la testa con l'elmetto, il viso gli si allarga in una smorfia, piange. Senza una lacrima, piange. E' un racconto fissato dall'obiettivo di David Turnley, che nel '90 ha vinto anche il Pulitzer. Altre immagini premiate. Una testa fra due mani aggrappate alla sponda di un camion: un uomo bruciato, un soldato iracheno incenerito mentre guidava sulla strada non lontana dall'Eufrate. Un Gigante Verde, un elicottero Sikorsky, è appena atterrato in un campo di curdi a Isikveren nella Turchia del Sud; i curdi lo assaltano a caccia di cibo, una bimba di otto anni muo¬ re, i soldati americani urlano e sparano in aria: una foto spettacolare, mostruosa, con l'enorme ventre nero dell'elicottero a sinistra e le pale in aria a tagliare i monti e il cielo, mentre un curdo fugge dalla battaglia con uno scatolone di cartone fra le braccia. Altre immagini ancora. Dopo l'eruzione del Pinatubo nelle Filippine, il cielo è nero e una luce da fantasmi avvolge alberi, case, persone. Nel Kuwait alcuni uomini sono in ginocchio davanti al petrolio che schizza dalle valvole: cercano di chiuderle, sono impregnati di quel liquido melmo¬ so, sembrano statue di bronzo. Affranto contro un muro, la faccia nera di polvere, una guancia gonfia per un boccone, il corridore Greg Lemond è uno zombie che ha appena finito la ParigiRoubaix. Nell'albo d'oro dei premiati ci sono tre homi italiani. Antonello Nusca ritrae la drammatica nave gremitissima di albanesi in piedi e festanti che un giorno d'agosto appare nel porto di Brindisi. Gianni Giansanti scruta la piccola epopea del Palio di Siena. Ivo Saglietti riporta il dolore del Perù invaso dal colera. «Purtroppo gli italiani che si affermano come fotogiornalisti nel mondo sono pochi - dice Grazia Neri -. Quasi nessuno da noi gli commissiona più servizi seri e devono riuscire a lavorare per le grandi agenzie straniere. In ottobre ero in giuria nel premio Eugene Smith a New York: su 220 concorrenti solo due erano italiani». Viene fuori un quadro altamente depresso, dove anche l'editoria risente della crisi economica internazionale: i periodici illustrati si riducono, le pagine dedicate alla grande attualità illustrata si riducono pure loro, le preferenze dei giornali «puntano sul sicuro: pettegolezzo, ritratti di personaggi, cronaca spicciola e domestica». Racconta Grazia Neri: «Si rasenta il ridicolo. So di un fotografo cui il direttore ha chiesto un servizio sul Parco dell'Uccellina. "Quanto posso stare?", domanda il fotografo. "Ventiquattr'ore, non di più", è stata la risposta». La tv c'entra poco, secondo Grazia Neri, in questa crisi: «Oggi la tv trasmette in fondo poco materiale documentario. Quanto basta per imbastire dibattiti, tavole rotonde. Ieri i filmati erano più ricchi». Ci sono motivi più radicati. Uno su tutti: ci manca la cultura per questo tipo d'im- magine. Una mancanza che si manifesta in vari modi: i critici non si interessano di queste fotografie e preferiscono le fotografie più coltivate, con ambizioni sociali o artistiche, per cui si fanno mostre di qualità ma lontane dalla forza del documento immediato; si stampano libri pretenziosi e cari, vere «assurdità», e non si diffondono libretti più agili ed economici. E mancano scuole professionali serie, mancano figure specializzate nell'editoria, mancano persino le firme delle fotografie sui quotidiani. Quante mancanze. «E' un pec¬ cato, perché i fotografi italiani sono bravissimi Ma eccellono in altri campi: nei ritratti, nelle foto in chiave ironica o sociale»: nelle foto cioè in cui scatta una mediazione, un intervento, un arricchimento culturale ed estetico. «In generale il fotografo americano, inglese, francese è più d'urto, è più sulla cosa. Questione di mezzi, oltreché di mentalità». Conseguenza di tutto questo è che importiamo gran parte delle foto: «Vediamo il mondo al 70 per cento con occhi stranieri». Claudio A (tarocca «In Somalia solo fotoreporter stranieri: da noi manca una scuola» Vengono preferiti i servizi "leccati"» | Vita bulgara di Saul Aprii e Perù di Ivo Saglietti (ag. Contrasto). A destra: un'immagine kuwaitiana di Sebastiao Salgado (ag. Magnum)