«Cambio il nome alla dc»

«Cambio il nome alla dc» Martinazzoli: il battesimo già a gennaio, padrino sarà Kohl «Cambio il nome alla dc» Si chiamerà partito popolare europeo MILANO. C'era una volta l'idea della de del Nord: adesso, presto, prestissimo, ci sarà Mino Martinazzoli segretario nazionale con sede a Milano. E c'era una volta l'idea di cambiare il nome alla de: venerdì 8 gennaio, Martinazzoli e Helmut Kohl, sempre da Milano, la battezzeranno «Partito Popolare Europeo». In una stanza del Centro Puecher, il segretario de mostra a pochi intimi la tessera, è la «numero 1 », la sua, gialla con scritta blu, e dice: «Entro sei mesi nascerà il nuovo partito. E nascerà da qui, dalle nostre macerie, anche dalla roulette di queste elezioni». Ed è finalmente arrivato questo giorno della roulette. Sulla ruota di Varese, di Monza o di Reggio Calabria, su tutte le ruote d'Italia stanno già girando le palline della disfatta. Martinazzoli l'ombroso, il pessimista, il malinconico, è pronto al peggio. E però tira dritto, viene a Milano nel giorno dei cortei per l'anniversario di Piazza Fontana, con qualche difficoltà riempie il teatro Nuovo e mette in fila errori, colpe, speranze e ambizioni. Parla di «onore offuscato», «decadenza», «dissipazione», «umiliazione», «immagine disfatta», «macerie». Ma attenzione amici cari: «Se non ci riscattiamo sarà il buio». E non c'è da aspettar domani, Martinazzoli non ha bisogno di conoscere proiezioni e risultati. Vada come vada, il suo giro dell'Italia che vota l'ha completato. Piuttosto, e senza aspettare il bollettino delle percentuali in ne- gativo, ecco il Martinazzoli che guarda al suo partito «da ricostruire senza rinnegare». E allora, non al teatro Nuovo, ma al Centro Puecher, la cripta della sinistra de milanese, ecco le confidenze a pochi e vecchi amici, compreso qualcuno che ha voglia di mollare, di andarsene disgustato, e ripete quella domanda scomoda: «Mino, ma il rinnovamento che tanto aspettiamo quando arriverà?». A sorpresa, Martinazzoli risponde per quasi un'ora. E ce n'è per tutto e tutti, con quel finale inatteso e nuovo, la segreteria nazionale de a Milano: «Sono di Brescia, e posso anche decidere di passare una giornata a Milano». Almeno una, aggiungerà, anche per dare un segnale concreto alla Padania leghista: «Farò un po' meno il segretario a Roma», promette. «Perché qui siamo inesistenti e mi domando cosa è accaduto. Ma come? Da almeno un decennio non abbiamo governato, non abbiamo comandato e ci troviamo con il maggior numero di manette?». Rinnovamento, sì: «Ma nessuno si tiri indietro». Racconta tutte le sue difficoltà, quelle nella de e quelle con gli altri partiti. «Io dico che non voglio occuparmi della Rai e non me ne voglio occupare, ma sono i liberali, i repubblicani, i socialisti che se ne vogliono occupare! E' Altissimo che vuol sapere da me che fine faranno i suoi. E lo stesso vale per le nomine bancarie...». Difficoltà interne? «Due settimane fa ero da Kohl, uno che conosce bene la de. Mi ha domandato: ma i vecchi ti lasciano fare? Ho risposto che i vecchi ogni giorno che passa invecchiano e chi mi preoccupa di più sono i giovani, la generazione di mezzo. Conosco bene le facce de...». Sì però, lo interrompono, il notabilato non molla... E qui scatta l'orgoglio bresciano: «Mesi fa sentivo dire che per il rinnovamento ci voleva almeno un Martinazzoli, ora che sono qui sento dire che non c'è il rinnovamento. Ma ve li ricordate i giornali di qualche mese fa, tutto un Caf, buf, puf...? Spariti. Dove sono Andreotti e Forlani se non ci sono? A Kohl ho risposto che i vecchi mi danno una mano nell'unico modo possibile: togliendola». Insomma, amici cari della de, se volete il rinnovamento datevi da fare. Tra gli intimi c'è chi è tentato da Mario Segni e chi da Leoluca Orlando. Per il primo parte la martinazzolata pesante: «Quando c'era da rinnovare con Zaccagnini, e se non ci fosse stato Zac adesso non ci sarebbe più la de, Segni gli stava contro e faceva parte del gruppo dei "Mille" sponsorizzati da Indro Montanelli». Altra martinazzolata dura per Orlando: «I cattolici quando perdono la bussola diventano faziosi e più giacobini di altri». Domani, con i risultati, Martinazzoli saprà quanto ha perso alla roulette del voto. Pazienza, dice. Più importante è questa scommessa per la de, questa sfida nella de, queste novità annunciate prima di conoscere le dimensioni della sconfitta: il segretario che avrà l'ufficio anche a Milano: «Abito a Brescia, qui dietro. Vengo da provinciale un poco intimorito, ma credo sia questo il modo di svolgere in pieno il mio ruolo di segretario di partito». Giovanni Cerniti «Ogni settimana per un giorno farò da Milano il segretario» A fianco: Mario Segni A sinistra: il segretario della de Mino Martinazzoli