Era un vicino di casa il superkiller di Fano

Era un vicino di casa il superkiller di Fano Avrebbe sparato in preda ad un raptus Era un vicino di casa il superkiller di Fano A farlo scoprire è stata la pistola con cui ha sterminato una famiglia FANO DAL NOSTRO INVIATO E' stato il vicino della porta accanto, quello di cui non si sarebbe mai sospettato. Lui, dicono gli inquirenti, ha sterminato una famiglia a pistolettate, a Fano, nella notte fra domenica e lunedì. Dunque, niente giaUo legato al fosco mondo del narcotraffico, niente banditi arrivati dall'autostrada alla casa di via Fenella, proprio sotto al terrapieno della A14, niente killer freddo e abile, niente delitto su commissione, niente «sgarro». Soprattutto, ancora oggi, niente movente che spieghi la mattanza. Eppure, diceva ieri mattina il procuratore Gaetano Salvodelli Pedrocchi, il responsabile è proprio quell'uomo dall'apparenza fragile, un po' timido e taciturno. «Fuori da ogni possibilità di dubbio, l'autore è Fernando Fucci, il vicino di casa». Poi, quasi a prevenire una grandinata di domande, ha aggiunto: «Sarà sottoposto a perizia psichiatrica». Pucci ha 38 anni, è diplomato geometra ma è senza lavoro. Ora che l'hanno preso, qualcuno accenna ad un antico e sordo rancore con la famiglia Diotallevi. Ma è difficile che ciò possa spiegare l'orrore di quella notte: a pistolettate, sparate quasi a bruciapelo, sono stati uccisi Adolfo Diotallevi, che aveva 24 anni, la sorella Ivana, che ne aveva 26 e aspettava la primavera per sposarsi, i genitori Rosa, 48, ed Eusebio, 54. Aveva fatto fuoco una sola arma, una calibro 7,65, forse una Beretta bifilare. E su quell'ipotesi hanno lavorato gli investigatori, i carabinieri del capitano Fabrizio Clementi e i poliziotti del vicequestore Paolo Maialoni. Proiettili e bossoli erano stati inviati al laboratorio del Servizio di polizia scientifica di Roma. Con la risposta, era arrivata la conferma: non soltanto aveva sparato una sola pistola, ma si trattava di una Beretta «bifilare» del 1981, di quelle con il caricatore doppio, con 14 colpi. Fra i 700 che nella zona possiedono una 7,65 la ricerca si è ristretta ai 150 che hanno scelto la micidiale «bifilare». E nell'elenco, il nome di Fernando Pucci. Suo fratello Umberto, infermiere, all'alba di lunedì aveva scorto i corpi delle donne appena fuori dalla casa e dato l'allarme. Erano le 15,30 quando una trentina di uomini, armati e protetti da giubbotti antiproiettile, hanno circondato casa Pucci: avevano un mandato di perquisizione per la ricerca di armi. E nel cassetto di un armadio, celato in un casotto di cemento, hanno trovato la pistola assassina. Fernando Pucci guardava gli investigatori in silenzio, quando l'arma è saltata fuori, non ha mostrato emozioni, non ha protestato. Gli hanno messo le manette ai polsi: ufficialmente era «fermato» quale sospetto della strage. Interrogatorio inutile e guanto di paraffina, pare «molto utile». Nella parrocchia della Santa Famiglia, in mattinata, si sono svolti i funerali degli uccisi: per Ivana Diotallevi, una bara bianca. Alle centinaia di persone presenti, il sindaco Giuliano Giuliani ha comunicato l'esito delle indagini e la gente ha ascoltato in silenzio. Più tardi il sindaco dirà: «Questa versione dei fatti fa cadere per il momento la preoccupazione che anche Fano sia stata investita dalla criminalità organizzata che tante vittime semina nel nostro paese». Ma poi si è domandato: «Se chi ha sparato è un malato, perché era libero?» Vincenzo Tessa ndori

Luoghi citati: Fano, Roma