De Mita: non lascio il superattico di Massimo Gramellini

De Mita: non lascio il superattico «Mi procura pettegolezzi e guai, ma non mi muovo perché non faccio nulla di male» De Mita: non lascio il superattico Lo scandalo di affitti irrisori e di sfarzi ostentati Ma Martinazzoli vive in due stanze «spartane» LE ABITAZIONI DI LUSSO DEI POLITICI CROMA ASA, amara casa. Esasperato ma cocciuto, De Mita non lascia il superattico con vista sul Quirinale: «Ho detto che avrei finito per andarmene da un posto che mi aveva portato solo pettegolezzi e guai. Ma era una battuta. Io non mi muovo, perché non faccio nulla di male». Resta l'amarezza per le mille insinuazioni: l'ultima riguarda lo sgabellino per i piedi che sarebbe stato finanziato dall'ente pubblico proprietario del palazzo con i soldi di una tangente. Il politico s'accasa e l'italiano s'arrabbia. Matematico, funziona sempre. La casa, unica insegna del potere che la gente non riesce a sopportare. Ci si rassegna all'auto blu, alla corte sfarzosa, al linguaggio incomprensibile. A qualunque lusso, insomma, purché non sia a equo canone. E i politici non lo capiscono. «Ma davvero abitava qui?», non potè trattenersi Franco Carraro, in visita alla salma e all'alloggio di Giancarlo Pajetta: due camerette e un mobilio ridotto all'osso. Carraro, sindaco di Roma, aveva optato per il Bosco Parrasio, già cenacolo dell'accademia dell'Arcadia, villa con parco a due milioni d'affitto al mese. Casa, amara casa. Cosa diranno i "ciceroni" del futuro durante le visite guidate ai grandi ruderi della prima Repubblica? Qui, vicino a Villa Borghese, abitò il deputato democristiano Angelo Sanza: aveva il letto a conchiglia, la piscina con l'oblò, un affitto ridicolo. Qui, al centro di piazza Navona, si costruì la sua tana l'onorevole Antonio Matarrese, che era il capo del calcio italiano e soprattutto un miliardario: quindi certe stranezze almeno se le pagava di tasca sua. Noterete anche qui un oblò con vista sul campanile della chiesa. E il bagno foderato in marmo. E la totale assenza di librerie. La visita continua: ci fu un tempo in cui in questo superattico di via in Arcione con i vetri blindati dimorò Ciriaco De Mita. Salendo le scale di travertino si arriva allo studio dell'onorevole e alla veranda della figlia Antonia. Scendendo a sinistra, ecco il pianoforte a coda che in famiglia nessuno sapeva suonare e la sala da pranzo dove Craxi si sedette una volta per mangiare il caciocavallo. Continuando a scendere, si arriva al sottoattico di Riccardo Misasi, l'amico del cuore. Gli altri locali del palazzo purtroppo sono chiusi al pubbli- co: appartenevano al Sisde, i servizi segreti... Ma eccoci sui Fori Imperiali. Visto che terrazza? Cinquecento metri! Un tempo era illuminata a giorno anche di notte. Vi abitava un socialista, Enrico Manca, che in un'intervista dichiarò: «L'ho comprata vendendo la villetta a Fregene». Terrazze, terrazze. Ce n'erano così tante che potevi farci un governissimo: infatti ce l'avevano il democristiano Vincenzo Scotti in via Dionigi, il pidiessino Occhetto in via Campitelli e il martelliano Paris Dell'Unto in piazza Augusto Imperatore. Le ville, poi. Di tutti i tipi. Forlaniana, con giardini accurati e saloni di rappresentanza. Gavianea, con maxi-taverna per gli amici e maxi-voliera per gli uccelli esotici, le due grandi passioni del senatore democristiano. Ville di destra e di sinistra. In via Appia vigeva già l'uninominale secca: a chi dare il voto, al cottage di Pomicino, dove l'ex ministro si faceva fotografare mentre nu- triva i polli, o al casale bucolico di Martelli? Il suo rivale Bettino Craxi aveva preferito portarsi la casa in ufficio, all'ultimo piano del palazzo socialista di via del Corso. De Michelis, invece, la casa se l'era portata in albergo, nel senso che un'amica gli aveva arredato un salotto al Plaza. Poi c'erano gli spartani come Pajetta. Scalfaro, il presidente della Repubblica, andava a dormire a Forte Brevetta, in piena periferia romana. Il ministro delle Finanze Giovanni Goria in una mansardina di 50 metri quadrati a via Monserrato (affitto pressoché normale: un milione e 100 mila al mese). Il segretario de Martinazzoli in due stanze di Palazzo Taverna, arredate come un monastero. Infine c'erano i coraggiosi. Perché bisognava averne di coraggio, in quel 1992, per fare quel che fece il capo dei democristiani di Roma, un certo Vittorio Sbardella detto «Squalo»: comprarsi per sei miliardi e mezzo un attico di venti stanze ai Parioli. Massimo Gramellini Ciriaco De Mita «Non faccio nulla di male»

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