Agguato ai Legionari Primi fuochi in Somalia di Francesco Fornari

Agguato ai Legionari Primi fuochi in Somalia Agguato ai Legionari Primi fuochi in Somalia OCCUPAZIONE SECONDO ATTO TMOGADISCIO RE sparatorie nella notte, vicino alla villetta semidiroccata, all'incrocio del quarto chilometro sulla strada dell'aeroporto, dove si sono accampati i primi 120 paracadutisti del secondo reggimento della Legione Straniera, arrivati nella tarda serata di mercoledì. I para francesi hanno risposto al fuoco senza esitare e i misteriosi aggressori sono scappati a gambe levate. Un giamaicano, che lavora per l'Unosom, è rimasto ferito da una fucilata esplosa contro l'auto dell'Onu su cui viaggiava nella zona del porto, quella che avrebbe dovuto essere «bonificata» dagli uomini del generale Haydid. Ieri pomeriggio, verso le 14, una raffica di mitra ò stata sparata contro i marines di guardia all'ingresso del porto. I soldati americani non hanno risposto al fuoco, ma sono immediatamente usciti per strada e hanno perlustrato le case e le vie adiacenti. Dietro a un muretto hanno trovato delle armi, due ragazzi sono stati arrestati. In serata due miliziani somali so- no stati uccisi da legionari francesi di guardia a un posto di blocco, altri sette sono rimasti feriti. Il camion dei somali ha tentato di travolgere il posto di blocco, i soldati francesi hanno reagito sparando. Infine alcuni cecchini hanno aperto il fuoco su elicotteri della marina Usa che volavano a bassa quota, senza colpirli. Scontri che dimostrano come sia ancora incerta e pericolosa la situazione a Mogadiscio, dove si può dire che ci sono più armi che abitanti. L'arrivo dei marines ha portato una ventata di euforia ma non ha ridotto il problema della sicurezza che, anzi, si è, se possibile, ancora aggravato. Al colonnello Fred Feck, che dirige il Joint Information Bureau, chiedo quanti soldati americani entreranno in città e requisiranno le armi. «Noi controlliamo il porto, l'aeroporto e l'ambasciata. Pattugliamo le dune che sovrastano questi obiettivi, ogni volta che troviamo delle armi le sequestriamo ma non facciamo rastrellamenti», risponde. Marines e para francesi hanno isti¬ tuito dei posti di blocco lungo le strade di accesso alla zona del porto e dell'aeroporto; il resto della città, per ora, non è sotto alcun controllo. Sull'ambasciata americana volteggiano elicotteri, nell'aeroporto è un susseguirsi di attcrraggi di grossi aerei da trasporto Galaxy. Ieri è atterrato anche un cargo con viveri del World Food Program, per la prima volta dopo due mesi. E' arrivato anche il generale Robert Johnston, comandante della «Restore Hope». Ricevuto dall'incaricato del presidente Bush, Oakley, dal comandante dei Caschi Blu, generale Shaheen, dal comandante dei para francesi, colonnello Michel Touron, ai giornalisti si è limitato a dire che l'operazione procede secondo gli schemi previsti. Mentre sul piano militare le azioni sembrano segnare il passo, sinora infatti americani e francesi si stanno preoccupando soltanto di sistemare le loro strutture logistiche e nulla è ritato ancora fatto per cercare di far arrivare viveri e medicinali nei campi profughi e nei villaggi dell'interno, dove da settimane se non da mesi non sono più giunti i soccorsi, sul piano politico c'è qualcosa di nuovo. Ieri a mezzogiorno Awale, addetto alle relazioni esterne del generale Haydid, ha convocato i giornalisti per informarli che oggi, alle 11, il generale e il presidente ad interim Ali Mahdi si incontreranno nell'ambasciata americana, alla presenza dell'ambasciatore Oakley. Un secondo incontro fra i due «signori della guerra» avverrà domani sulla nave francese, carica di aiuti umanitari offerti dagli studenti delle scuole francesi. A quest'incontro presenzierà il ministro della Sanità e degli Affari Umanitari del governo di Parigi, Bernard Kouchner. Ad Awale abbiamo domandato se l'arrivo dei soldati italiani potrà provocare secondo lui qualche problema in un momento in cui spira una certa aria ostile nei confronti del nostro Paese. Dopo un attimo di esitazione, visibilmente imbarazzato, ha risposto: «Non so, non so. Veramente non so». Il risentimento contro l'Italia aumenta col passare dei giorni. Colpa anche di inesatte, o volutamente strumentalizzate, informazioni giornalistiche. Mercoledì notte, nell'ultimo notiziario in lingua somala trasmesso dalla Bbc, è stata data da Roma la notizia del ferimento di un somalo, bruciato vivo per vendetta per reazione all'arresto di un italiano in Somalia. L'aggressione al somalo è, purtroppo, realmente avvenuta, da parte probabilmente dei naziskin, ma ventiquattr'ore prima che il nostro connazionale fosse fermato, e non arrestato, dalla polizia di Haydid, che lo ha rilasciato il giorno dopo. Purtroppo questa notizia, ascoltata dalla maggioranza della gente, ieri era sulla bocca di tutti. Parlare in italiano significa ricevere come risposta de¬ gli insulti. Un operatore del Tg2 è stato spintonato da un gruppo di esagitati che gridavano invettive contro l'Italia. «Craxi mafia», «Italiani assassini», sono gli slogan più ricorrenti. Continua intanto l'esodo delle armi: nel timore che possano essere sequestrate, i vari gruppi stanno provvedendo a trasferirle fuori città. Ieri sono partiti due autocarri carichi di mitra, fucili, lanciagranate, diretti verso Nord. Ieri è piovuto per tutta la giornata su Mogadiscio: una pioggia insistente, violenta, che ha trasformato le strade in torrenti, ma non ha impedito alla gente, migliaia di persone, di stazionare nella zona dove operano marines e para, attratti dallo spettacolo come se fossero al cinema. Da Baidoa, intanto, giungono notizie sempre più drammatiche: l'altra sera bande di rapinatori hanno assalito gli uffici dell'Icrc (Croce Rossa Internazionale): c'è stata una violenta sparatoria, con feriti, forse anche qualche morto. Continua il traffico di «qat», l'erba della felicità. Sfidando il maltempo, anche ieri numerosi piccoli aerei, provenienti dal Kenya, sono atterrati sulle piste di fortuna allestite dai trafficanti nei dintorni di Mogadiscio. Al colonnello Peck ho chiesto se gli americani pensano di intervenire per bloccare questo commercio. «Non siamo qui per controllare il traffico della droga. Lo spazio aereo della Somalia è libero, il divieto di sorvolo riguarda un raggio di cinque miglia sull'aeroporto di Mogadiscio, sorvegliato dai nostri radar. Sui piccoli aeroporti noi non esercitiamo nessun controllo». E così nonostante tutta la potenza dell'apparato bellico americano in Somalia non arriva cibo ma continuano ad arrivare pallottole e «erba della felicità». Francesco Fornari