Bergères: un tam tam del peccato ormai polveroso e per nostalgici di Enrico Benedetto

Bergères: un tam tam del peccato ormai polveroso e per nostalgici QUANDO L'EROS ERA LEGGENDA Parigi si prepara all'addio delle Folies, un mito cominciato 123 anni fa e seguito da 60 milioni di spettatori Bergères: un tam tam del peccato ormai polveroso e per nostalgici PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Dovrebbero chiamarsi le FoliesRicher, dalla via che le ospita, invece per sfondare hanno preso in prestito la vicinissima e più conosciuta rue Bergère. E da allora sono le Folies-Bergère o Bergères tout court, il più grande teatro privato francese nonché la più vecchia sala europea da avanspettacolo. Un mito che iniziò 123 anni fa. Da allora 60 milioni di spettatori reduci dallo spettacolo hanno fatto sognare, attraverso i loro racconti, un pubblico almeno dieci volte più numeroso, immenso. Era il tam-tam del peccato. Con il loro vicino-rivale Moulin Rouge, le Folies rappresentavano infatti davvero, se non la follia, almeno il folleggiare in un'epoca castigata e «prude», quando Parigi faceva scalpore attraverso la Francia, l'Europa e il mondo quasi fosse una Soho ante litteram. L'immagine era vincente. Sedusse borghesi e notabili cittadini, generazioni di viaggiatori che una bella sera parcheggiavano le mogli in albergo adducendo scuse più o meno plausibili, e persino la Wehrmacht che affollò il teatro negli anni bui 1940-'44. Da allora, la leggenda vive sugli allori, retrocessa a spettacolo per famiglie, dove più non fa notizia il peccaminoso cache-sex ma semmai che non trionfi il nudo integrale. Ci si va come al museo Grevin, senza fremiti e rossori, ma per rivivere un'epoca - la belle epoque - nel suo tempio forse.più conosciuto. Una trasformazione seducente ma, per il botteghino, letale. 1869: le Folies aprono i battenti nel cuore del IX Arrondissement, che il barone Haussmann ha appena sventrato per la sua rivoluzione urbanistica. Il locale prende nome dal suo predecessore, modesta sala da ballo già attiva nel XVIII secolo. Ma almeno lo spirito è nuovo: niente canzoni, «bai musette» o lieder, bensì una serata musicale completa nel segno dell'esotismo. Il Secondo Impero costruisce il Canale di Suez, a Parigi fioriscono botteghe dai nomi sognanti tipo «Alle Colonne d'Ercole» (letti e pagliericci) o «Sherezade». Ma, perlomeno nei primi mesi, le Folies non conoscono ancora vera gloria. Ma Sedan, come ogni insostenibile vergogna militare, rianima nel Paese il desiderio d'evasione. Per dimenticare i «Fritz>>, i «boches», gli odiati vicini d'oltreReno, Parigi si butta in attività mondane e spensierate, facendo trionfare le ancor giovani Folies. Leon Sari, star degli scintillanti Délassements-Comiques al Boulevard du Crime, fa costruire una grande hall e pure il loggione. Ormai il teatro può rivaleggiare con il celebre Alhambra di Londra. E' l'epoca in cui Manet dipinge le donnine, Chéret le sbatte sui manifesti, Edmond de Goncourt e Maupassant le frequentano. Averle a pochi metri, conteplarne le forme, indovinare quel poco che si ostinano a nascondere è un privilegio che infervora lo spettatore comune medio-berghese. Se ne accorgono le sale da concerto, fino ad allora polarizzatrici del grande pubblico: Delibes, Gounod, Massenet, Saint-Saéns e le loro sinfonie tornano dietro le quinte, la musica deve essere «in carne» per non appassire. Scriverà nei suoi diari Jules Renard: «Vorremmo essere qualcosa nella vita di queste donne che agitano in scena la loro bellezza». Dal 1886 gestisce le Folies una coppia di marsigliesi, gli Allemand. Hanno fatto quattrini commerciando «limonade», ora sostituiscono alle dolci bollicine il perlage dello champagne. Ecco Lille Tich «il nano di caucciù», il capitano Costantenus e i suoi 330 tatuaggi, ma sopra tutto Emilienne d'Alengon, che passa dai conigli ammaestrati a provocanti danze sul palcoscenico, e Liane de Pougy, futura principessa Glika. Per tacere la star andalusa, il cui nome - Caterine - venne presto soppiantato da un omaggio alle sue grazie e divenne, semplicemente, la Bella Otero. Fino alla Grande Guerra, le Bergères sono un ricco vivaio per teatro di prosa e cinema. Ci passano Raimu, forse l'attore più inarrivabile del '900 francese, Mistinguett avvolta dai suoi celebri «boys», e anche Maurice Chevalier. «Chi ha assunto questo comico penoso?» insorge su «Le Figaro» il critico Femard Nozière, sulla cui stroncatura i parigini ironizzeranno per quasi mezzo secolo. Falsa, invece, la voce che Colette avrebbe figurato qualche tempo nel varietà della rue Richer. Ma Josephine Baker non la farà rimpiangere. Le Folies-Bergère la strappano al Théàtre des Champs-Elysées ove furoreggia nella «Rivista Negra». E' il 1926. Per i suoi ammiratori inventa il gonnellino di banane. Con gli incassi, Paul Derval restaura la sala ormai vecchiotta e affida allo scultore Pico il motivo liberty della facciata. Giugno 1940: Hitler sbarca all'alba in una città sonnolenta, visita l'Opera che idolatrava già ragazzo e riparte. Vuole che la Ville Lumière divenga un luna park da retrovia: la nuova Parigi sarà Berlino. Così le Folies-Bergère riaprono. Sarà un quadriennio da tutto esaurito, con le uniformi verde grigio del DJ Reich. Ma anche la Liberazione, nell'agosto '44, si rivela affare ghiotto per il music-hall. Il vecchio teatro, collaborazionista suo malgrado, riscopre il patriottismo. Ma è in quegli anni che inizia l'inesorabile declino. Le Folies non sono più una provocazione, diventano «genere». Il malizioso stupore cede alla convenzionalità. L'avanguardia erotico-musicale si fa trantran rassicurante. Per quasi mezzo secolo le soubrettes incasseranno ancora i dividendi della celebrità maturata fra le due guerre. Ma la platea invecchia e gli spettacoli divengono polverosi. Gli under-30 sono ormai quasi esclusivamente coppiette giapponesi. Sembrerebbe l'ultimo atto. Ma forse le Folies-Bergère possono ancora farcela, e scongiurare la chiusura. Se almeno ritrovassero le fila di Eros! Enrico Benedetto Le Figaro su Maurice Chevalier: «Chi ha assunto questo comico penoso?» Ballerine durante uno spettacolo delle Folies-Bergère Sotto l'entrata del celebre locale parigino 4 ' *.'<■ s