Salvate la Serenissima sciogliendo quattro nodi di Alvise Zorzi

Salvate la Serenissima sciogliendo quattro nodi ALVISE ZORZi Salvate la Serenissima sciogliendo quattro nodi DA molti anni ormai le alte maree eccezionali sono diventate consuete. I turisti si divertono, si fanno fotografare in gondola davanti alla basilica di San Marco, ma la città fa il conto dei danni, e pensa di sopravvivere a rischio, «a sorte e quasi per accidente», come la Serenissima morente nelle parole di un Doge. E ripensa con amarezza a tutto il male che è stato fatto e a quel poco di bene che si poteva fare e non si è fatto, e non si fa. Testimonianza vistosa di un degrado sempre più minaccioso, l'acqua alta nasce da molte cause concomitanti, in gran parte imputabili all'uomo, a cominciare dagli imbonimenti in grande stile, che hanno sottratto all'area lagunare vaste estensioni di barene, di secche e altre zone di espansione delle maree, a beneficio dell'area industriale di Marghera, dell'aeroporto e della famigerata isola del Tronchetto. Poi l'escavazione in eccessiva profondità dei canali navigabili lagunari, e la creazione del canale dei petroli. D'altra parte, le misure ideate e avviate, a prescindere dalla loro maggiore o minore validità, sono state rese inoperanti da inadempienze di vario genere: basti pensare che delle ingentissime somme stanziate dal Parlamento per la salvaguardia di Venezia risulta speso in tutto chi dice il 20, chi dice il 40 per cento. A distanza di 26 anni dal 4 novembre 1966, quando poco mancò che il mare divorasse Venezia e il suo estuario, fiacca, incuranza, palleggio di responsabilità non sono più tollerabili. La città, il Paese 1 e il mondo si aspettano l'affrontaI mento di almeno quattro proble- mi di immediata urgenza. Il primo e più evidente è la creazione di adeguate difese verso il mare. Rifiutata, giustamente, l'idea di un restringimento delle bocche di porto con opere permanenti, è di scena il Mose, supporto di paratoie mobili che entrerebbero in azione qualora le maree superassero il livello di guardia. E' una misura estrema, ma non se n'è ancora prospettata una più radicalmente valida. Secondo problema: il disinquinamento della laguna, intervento indispensabile prima di ogni altro di fronte ad un degrado ambientale spaventoso. Il terzo è il ripristino dei fondali nei canali lagunari, oggi condotti ad una profondità eccessiva, che ha reso infinitamente più rapido il movimento delle maree in entrata ed ha avviato un processo di erosione di portata incalcolabile. Di pari passo va la cancellazione del canale dei petroli, ultimo gravissimo intervento nel corpo della laguna, attuato senza studi né sperimentazioni preventive. Il quarto problema è quello degli ulteriori imbonimenti, oggi auspicati e richiesti da quanti vorrebbero rivitalizzare Marghera invadendo nuove aree con nuove installazioni portuali. Ad essi va posto un alt deciso e inflessibile, mentre si provvede, dove si può, alla ricostruzione delle barene. E' un inventario di adempimenti che coinvolge lo Stato, la Regione, il Consorzio «Venezia Nuova», gli operatori economici e, soprattutto i politici locali: verranno realizzati? Non c'è molto spazio per l'ottimismo. Alvise Zorzi

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