Cheney: e adesso l'avanzata dei fanti

Cheney: e adesso l'avanzata dei fanti Cheney: e adesso l'avanzata dei fanti WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il segretario per la Difesa americano, Dick Cheney, si è rifiutato ieri di anticipare quando il primo avamposto dei marines si sposterà da Mogadiscio a Baidoa. Dopo tanta pubblicità sui particolari dello sbarco avvenuto all'alba di martedì, questa discrezione è apparsa un'ulteriore conferma della preoccupazione del Pentagono sul previsto spostamento verso l'interno della Somalia. «Quando ci spingeremo dentro - ha dichiarato l'inviato speciale del governo degli Stati Uniti, Robert Oakley - incontreremo gente che cerca guai». Così le informazioni sui prossimi movimenti delle truppe dell'«Operation Restore Hope» scarseggiano. Quelle che sono iniziate dopo lo sbarco sono soprattutto operazioni di genio civile e militare, consistenti nell'approntamento delle strutture necessarie ad accogliere i circa 26 mila uomini in partenza dagli Stati Uniti. Si lavora in particolare per mettere in piena efficienza l'aeroporto di Mogadiscio, su cui dovranno atterrare i pesanti C-141 con a bordo i 16 mila marines della base di Camp Pendleton. Poi i marines dovrebbero mantenere la capitale come base. Ma ai 10 mila uomini di fanteria leggera della Decima Divisione basata a Fort Drum (è stata assegnata, come destinazione, la città di Baidoa, a 200 chilometri da Mogadiscio, verso l'interno. Baidoa è controllata dalle truppe del generale Mohamrned Ali Mahdi ed è una delle zone più calde del Paese, dove, nell'ultima settimana, sono state uccise circa 70 persone. Prima dell'arrivo della fanteria leggera, occorre rimetterne in funzione l'aeroporto. Nel frattempo, le truppe americane sembrano intenzionate a stabilire il comando operativo dell'intera operazione a Bali Dogle, una cittadina situata 100 chilometri a Sud di Mogadiscio. Secondo altre informazioni, piccoli gruppi di marines sarebbero sbarcati anche a Mombasa, in Kenya, da dove dovrebbero muovere verso Kismayu, nel Sud del¬ la Somalia, controllato dal generale Mohamrned Said Morgan. George Bush, secondo quanto riferito dal suo portavoce Marlin Fitzwater, si è detto particolamente «compiaciuto» per l'andamento dello sbarco. Cheney ha sostenuto che l'operazione è cominciata «molto bene e in modo particolarmente liscio». Bush ha seguito l'inizio dell'Operazione Ricrea Speranza tenendosi in contatto con la Situation Room della Casa Bianca. Ieri mattina, attorno alle 7,30, ha ricevuto un aggiornamento dal capo di stato maggiore Colin Powell. «Tutto procede secondo i piani e secondo i tempi fissati», gli ha confermato il generale. C'è una comprensibile curiosità dell'opinione pubblica sugli ordini impartiti dal Pentagono al generale Robert Johnston, che comanda l'operazione sul posto. Si sa che i militari americani hanno, come è ovvio, la possibilità di rispondere al fuoco se attaccati, ma non si sa fino a che punto possano spingersi per rendere inoffensivi i «signori della guerra». Su un altro punto delicato, il sequestro delle armi, Cheney ha detto: «Non è nostro compito requisire tutte le armi esistenti in Somalia, ma solo quelle in cui ci imbattiamo. Pensiamo anche sia utile, come venne fatto a Panama, offrire delle ricompense a chiunque consegnerà spontaneamente armi. Sul resto decideranno i comandanti sul campo». E' ancora un capitolo aperto quello della durata dell'operazione. «Sarebbe assolutamente irrealistico - ha dichiarato Cheney - ipotizzare una fine dell'operazione per il 20 gennaio (data del passaggio di consegne tra Bush e Bill Clinton, ndr)». «Ma ha aggiunto - non è irrealistico immaginare che, più o meno per quella data, potremo iniziare a ritirare i primi uomini per passare la mano a un'operazione di pace Onu». Clinton, tuttavia, ha detto che l'operazione in Somalia è «pienamente giustificata» e, quindi, «non c'è nessun bisogno di fissarne in anticipo una scadenza artificiale». Paolo Passarmi