LA POLITICA GUIDATA DALLA TELEVISIONE di Gaetano Scardocchia
LA POLITICA GUIDATA DALLA TELEVISIONE LA POLITICA GUIDATA DALLA TELEVISIONE giornalisti a non occupare la spiaggia prescelta per lo sbarco, «così come, in una partita di football, non piazzereste le telecamere al centro del campo». Sulle dune e sulla sabbia di Mogadiscio, la televisione ha dunque celebrato i suoi trionfi, ancor più che nella Guerra del Golfo durante la quale ci aveva servito solo immagini fredde e supertecnologiche preventivamente selezionate dal Pentagono. Ma la verità è che la potenza stravolgente della telecamera si è espressa non solo e non tanto nella fase spettacolare dello sbarco dei marines quanto nell'influenza determinante che la tv ha esercitato nel processo politico e psicologico che ha condotto all'intervento militare in Somalia. Sono state le immagini dei cadaveri divorati dalle mosche, dei bambini scheletrici col ventre gonfio, delle madri ammutolite nel dolore, è stata questa impressionante e martellante testimonianza dell'orrore che ha convinto George Bush a fare qualcosa che nessun Presidente prima di lui aveva mai fatto: lanciare una spedizione militare a fini esclusivamente umanitari in una zona del mondo dove nessun interesse americano è in gioco. La televisione ha garantito il consenso dell'opinione pubblica interna ed internazionale ed ha indotto l'Onu a prendere a sua volta una decisione senza precedenti: di invadere, sia pure a fin di bene, un Paese formalmente sovrano, senza chiedere permesso a nessuno dei suoi presunti governanti. Certo, inquieta il pensiero che la sola superpotenza superstite possa essere suggestionata, nelle priorità della sua politica internazionale, dalle scelte di operatori e tele-giornalisti. E ben sapendo che condizioni di estrema sofferenza umana esistono in molte altre zone del mondo (non soltanto in Bosnia, dove la tv ci mostra che un intervento armato sarebbe pericoloso, ma in Liberia, in Sudan, in Haiti, in Mozambico) e che in questi casi la scarsa o comunque minore sensibilità internazionale ha a che fare con la mancanza di un bombardamento di immagini di pari efficacia emotiva. Come ha osservato il critico televisivo del «New York Times», la telecamera «è potente ma ottusa», perché è prigioniera «della propria immediatezza», nel senso che grida al mondo che qualcosa va fatto ma non aiuta gli spettatori a capire cosa bisogna fare e dove. La Casa Bianca sa che ci sono situazioni più gravi di quella somala ma non viene sollecitata ad agire da immagini altrettanto toccanti. C'è infine un altro pericolo, ed è che la televisione contribuisce ad oscurare il contesto e la dimensione politica degli eventi. La generosa impresa in Somalia rischia di apparire come una missione armata della Croce Rossa. E nel frastornante carosello delle immagini si perdono, per ora, i dubbi che pure pesano sulla spedizione militare: serve solo a nutrire gli affamati o anche a disarmare la soldataglia somala? Dove finisce l'azione umanitaria e comincia l'interferenza politica? E quando potranno le truppe americane ed alleate cedere il passo ad una forza multinazionale dell'Onu che per ora nessuno sta organizzando e della quale si ignora chi pagherà il conto e per quanto tempo? Gaetano Scardocchia
Persone citate: George Bush
Luoghi citati: Bosnia, Haiti, Liberia, Mogadiscio, Somalia, Sudan
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