Do Al Jolson a Petrolini le prime parole del cinema

Do Al Jolson a Petrolini le prime parole del cinema Torino, rassegna di film al Massimo Do Al Jolson a Petrolini le prime parole del cinema «Sous les toits de Paris» di Clair e «La fin du monde» di Abel Gance TORINO. Sono passati 65 anni da quel 6 ottobre 1927 che segnò il debutto di «The Jazz Singer», il primo film sonoro e parlato diretto da Alan Crosland e interpretato da Al Jolson. Un periodo non breve, in cui il cinema subì una serie di trasformazioni tecniche ed artistiche che lo allontaneranno sempre più da quella «classicità», da quella «purezza» che aveva raggiunto nel corso degli Anni 20, l'epoca d'oro del muto. Ma quelle trasformazioni non furono immediate né toccarono contemporaneamente le cinematografie dei vari Paesi. Prima cominciarono gli Usa, poi la Germania, la Gran Bretagna, la Francia, l'Italia, il resto d'Europa, l'Urss, il Giappone e così via. Fino a quando, nei primi Anni 30, il cinema divenne ovunque sonoro. Di questo cammino, a volte accidentato, si possono cogliere alcune tappe estremamente significative nella bella rassegna organizzata dall' Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema, che si è aperta domenica scorsa al Massimo e si concluderà domenica prossima. Sotto il titolo «Metamorfosi. Il cinema tra il fascino del muto e la tentazione del parlato: 1928-1930», essa comprende più di trenta film, italiani, francesi, tedeschi, che da molti anni non si vedevano sui nostri schermi o non si erano mai visti. Si è cominciato con «Addio giovinezza» di Augusto Genina e con «Sole» di Alessandro Blasetti, ambedue del 1928, ambedue ancori muti, ma già tendenti, ih questa b quella sequenza, al sonoro. Due film attraverso i quali si possono cogliere tanto il «fascino del muto» quanto «la tentazione del parlato». Ed è proprio su questa ambivalenza che tutto Ù ciclo di Ettore Petrolini proiezioni si regge, alternandomolto opportunamente film muti e film sonori, realizzati in quel triennio (1928-1930) che segna il momento di passaggio da un tipo all'altro di spettacolo filmico. In Italia, lo si può vedere in «Rotaie» di Mario Camerini, girato muto e poi sonorizzato, nella «Canzone dell'amore» di Gennaro Righelli, primo film italiano sonoro, e soprattutto nei due film con Ettore Petrolini, «Nerone» di Blasetti e «Medico per forza» di Campogalliani, del 1930, in cui il grande attore si esibisce come su un palcoscenico, e la macchina da presa serve quasi unicamente a «registrare il teatro». Ma in Francia e in Germania i risultati furono più significativi, i registi parvero maggiormente interessati a sperimentare la nuova tecnica, a superare intelligentemente i vecchi limiti del muto e quelli nuovi del sonoro. Si veda «Sous le toits de Paris» di René Clair, in cui la musica è parte integrante della rappresentazione, o «David Golden» di Julien Duvivier, «La petite Lise» di Jean Grémillon, o «La fin du monde» di Abel Gance, tutti del 1930, in cui la forza delle immagini non è minore di quella delle parole, e viceversa. Ma si vedano anche «Abschied» di Robert Siodmak, «Die letzte Kompanie» di Kurt Bernhardt, «Brand in der Oper» di Cari Froelich, anch'essi del 1930, che cercano, spesso riuscendoci, di coniugare effetti visivi e sonori. Una vera rivoluzione formale,; una radicale trasformazione del^o spettacolo cmémat^gràlfi'cfl. di cqi qui si possono cogliere i primi saggi. E' un ritorno alle origini del cinema contemporaneo, che ci può ancora insegnare qualcosa. Gianni Rondo! ino Ettore Petrolini