Notti di tempesta con la Callas
Notti di tempesta con la Callas Notti di tempesta con la Callas Dopo le rose, i rapanelli: «Maledetti, vi sfido» LE STECCHE NEL TEMPIO MILANO. Stecche mitiche alla Scala, stecche d'autore: quasi tutti i cantanti che si sono esibiti nel tempio della lirica hanno incontrato prima o poi una giornata storta. E alla Scala il loggione non perdona. Mai. L'ennesima inaugurazione andata a male con Don Carlo, con Pavarotti colpevole di essersi «mangiato» una nota che precedeva un acuto, è solo l'ultimo episodio di una lunga serie. Ne sa qualcosa «voce d'angelo» Renata Tebaldi, che se ne partì per l'America e non volle mettere più piede alla Scala. E in quel caso non si poteva certo parlare di stecca, ma di una nota filata di «Traviata» che si era rotta forse a causa della presenza in teatro della divina Callas e dell'ostilità dei loggionisti. Rivalità da stadio. Alla Scala, da tempo trionfa il fischio. Tanto da far dire al flemmatico Carlo Maria Badini, ex sovrintendente: «Se continua così nessuno verrà più a cantarci». Ma che cos'è una stecca? I loggionisti non vanno per il sot- tile, se s'incrina un bell'acuto di Pavarotti com'è successo durante il secondo atto di Don Carlo, non c'è via di scampo. Meglio mollare, come ha fatto in due occasioni Katia Ricciarelli, nel suo sfortunato ritorno per «Luisa Miller», dopo quattro anni di assenza dalla Scala. Soltanto pochi hanno reagito ai fischi, ma non per molto: Maria Callas, la tigre, nelle serate tempestose (e le sue lo erano sempre) stringeva i pugni e gridava: «Io li sfido quei maledetti». E la Callas dal loggione aveva ricevuto tutto: trionfi, fischi, rose e rapanelli. Vittima illustre fu anche il grande baritono Ettore Bastianini. Gli stava morendo la madre che adorava. Mentre cantava «Rigoletto» gli si ruppe la voce. Il pubblico lo beccò. «Fu la serata più angosciosa della mia vita» ricordò la Callas, che a quel ragazzo dalla voce possente, voleva bene. «Lucia» tempestosa anche per Luciano Pavarotti, che si beccò un'altra salva di fischi: «Mi applaudono in tutto il mondo. Vengo qui, dove mi pagano meno che altrove, e mi fischiano», diceva sbigottito, il tenore. A Pavarotti non è andata mai bene alla Scala: nell'«Elisir d'amore» che pure dovrebbe essere opera facile per lui, fu costretto a lasciare. Si parlò di tracheite. Insomma: nessuno s'è mai salvato, neppure l'amatissimo Muti: l'«Ernani» inaugurale di qualche anno fa venne subissato di fischi, e di espressioni polemiche come: «Filologo!!!». Quella sera il pubblico aveva inveito anche contro Luca Ronconi («troppo macchinose le scene»). La Freni e Bruson s'erano salvati con zittii. Qualcuno dalla platea aveva gridato: «Villani, c'è anche Pertini». E da lassù, immediata la risposta: «Se Pertini ha le orecchie fischi anche lui». A volte non c'era bisogno nemmeno di una stecca: il pubblico se la prendeva con la Callas anche per «l'irriverente verismo»: lancio della scarpina mentre attaccava «Sempre libera...». «Così fanno le donne quando rientrano a casa da una festa». E quell'anno la regia era di Visconti. La Scala non ha perdonato neppure la grande Montserrat Caballé nella «Anna Bolena» dell'82, che per un calo di voce venne fischiata tanto da essere sostituita dalla giovanissima Cecilia Gasdia. Ma chissà, forse soltanto la Callas e Di Stefano che dominarono la Scala negli Anni 50-60 avrebbero potuto domare le orde loggioniste. Da quello stesso loggione da cui risuonavano due nomi uniti anche fuori dalla scena: «Pippo e Maria», l'unica coppia di divi che riuscì a mandare in delirio tutto il pubblico della Scala. Anche la storia rissosa della Scala ha un nome e si chiama Toscanini. Severo e tirannico, chiamò l'orchestra «banda di paese», la Toti Dal Monte «gigiona superficiale» ma con lui la Scala divenne il teatro più famoso del mondo. Così, fra accese rivalità, cominciarono a rubarsi le «bacchette» Victor De Sabata, Antonio Guarnieri e Antonino Votto. Armando Caruso Tra le tante vittime anche la Tebaldi che stanca dei fischi «fuggì» in America Maria Callas dal loggione ha ricevuto tutto: trionfi, fischi, rose e rapanelli. In alto a sinistra Katia Ricciarelli: il suo ritorno alla Scala con «Luisa Miller» fu un autentico fiasco
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