L'Islam nella terra dell'Indo storia di un'attrazione fatale di Claudio Gallo

L'Islam nella terra dell'Indo storia di un'attrazione fatale L'Islam nella terra dell'Indo storia di un'attrazione fatale MILLE ANNI RIVALITÀ' ■ primi contatti dei musulmani j I con l'India non scaturirono B tanto dall'ansia di portare il verbo del Dio unico a genti politeiste e pagane ma piuttosto dal fascino dei ricchi porti commerciali. Il mercante lasciò però ben presto posto al soldato. Già nel 637 un esercito arabo fu mandato alla conquista di Thana, vicino a Bombay. Seguirono altre spedizioni che si spinsero fino a Kabul. Il primo grande sultano indiano non fu arabo, bensì turco: Mahmud di Ghazni, che occupò nel 1005 il Punjab. Con il sultano Muhammad di Ghur s'inizia la conquista sistematica del Nord dell'India. Nel 1202 Benares è travolta dalle armate musulmane. Nel 1228, Iltutmish, un'altro turco, ricevette dal Califfo di Baghdad il titolo di sultan-i-azam (gran sultano) e il riconoscimento del suo potere «su tutte le terre e i mari conquistati». Proprio durante il regno di Iltutmish fecero la loro prima comparsa in India i mongoli, un popolo destinato a entrare prepotentemente nella storia del subcontinente. Le cavallerie mongole, guidate da Gen- gis Khan, giunsero sulle rive dell'Indo, ma non osarono affrontare Iltutmish. Mentre a Delhi si succedevano le dinastie di sultani, i mongoli arrivavano a ondate, razziando, devastando e fuggendo. Fu un turco terribile a spezzare la cadenza quasi regolare delle razzie mongole, con una sua gigantesca razzia che incendiò mezza Asia: Tamerlano, Timur lo zoppo, che dopo aver conquistato Isfahan e Baghdad, prese nel 1398 Deliri. I musulmani in India portarono soprattutto la spada, ma non soltanto. Sotto la dominazione araba e turca gli scambi culturali furono inevitabili. Un gran numero di testi sanscriti di filosofia furono tradotti in persiano e in arabo e attraverso queste lingue arrivarono fino all'Europa. Con gli eserciti di Tamerlano, i turco-mongoli si piazzarono stabilmente in India. Fu una dinastia turco-mongola, i Moghul (grandi mongoli), che riuscì a unificare sotto ri suo dominio buona parte dell'India. L'occupazione dell'India da parte dei Moghul cominciò dall'Afghanistan e dal Rajputana all'inizio del XVI secolo e dopo fasi alterne arrivò ad estendersi dall'attuale Uzbekistan fino all'India meridionale. Fondatore della dinastia fu Babai-, discendente per parte di padre da Tamerlano e da Gengis Khan per parte di madre. Fu Ba- bar, nel 1528, a far costruire ad Ayodhya la moschea che portava (fino a poco fa) ri suo nome. Dei grandi imperatori Moghul il più grande fu forse Akbar. Questo sovrano magnanimo che non sarebbe sfigurato in un dramma di Shakespeare (che proprio in quel periodo componeva i suoi capolavori) ebbe un atteggiamento di sconcertante tolleranza per l'epoca, fino a inventare una sua religione sincretistica che mescolava tutte le fedi della Terra. L'impero Moghul durò per secoli, finché dovette cedere il passo a un altro impero, quello della regina Vittoria. Non più nel rapporto di dominanti e dominati, ma sotto un unico dominatore, hindu e musulmani unirono riluttanti gli sforzi per liberarsi dal giogo britannico. Dopo la seconda guerra mondiale la Gran Bretagna decise di ritirarsi dalla colonia indiana. Il passaggio dei poteri fu concordato con i rappresentanti delle due comunità più numerose: Gandhi e Nehru per gli hindu (sebbene nessuno dei due avesse alcun legame profondo con la cultura hindu) e Mohammed Ali Jinnah per i musulmani. Il 3 giugno 1947, a meno di tre mesi dal suo arrivo in India, Lord Mountbatten, l'inviato di Londra, emanò un proclama sul trasferimento del potere agli indiani: l'indipendenza. Malgrado i dissensi degli hindu, il partito del Congresso (di cui facevano parte Gandhi e Nehru) e la Lega musulmana accettarono ri documento che prevedeva un dominio separato per le aree a maggioranza islamica. Con brutale astrazione le regioni con più del 50% di musulmani vennero assegnate al nuovo stato dei fedeli di Allah, il Pakistan. Si creò l'assurdità di un Pakistan orientale separato da quello occidentale, che infatti do¬ po poco portò alla sua secessione col nome di Bangladesh. La creazione dei nuovi Stati scatenò esodi di massa: molti musulmani restarono in India, folle di hindu scesero dal Pakistan in India verso un destino di fame e miseria. Secondo fonti indiane, morirono più di 500 mila profughi hindu. La rivalità tra le due comunità divampò più forte di prima. Mentre gli integralisti hindu imprecavano per la perdita della valle dell'Indo, il centro storico della loro civiltà, gli estremisti musulmani cantavano: «Abbiamo avuto il Pakistan con una canzone, Delhi ci costerà una battaglia». Da allora, attraverso innumerevoli crisi e due guerre tra India e Pakistan, l'odio non si è mai fermato, è corso come il fiume impetuoso dei fedeli hindu che l'altro giorno ha travolto la moschea di Babar. La storia ha sepolto le parole di Kabir, il riformatore religioso indiano del XV secolo: «L'hindu e il turco son fatti della stessa gloria. Allah e Rama non differiscono che nei loro nomi». Claudio Gallo Dall'impero del tollerante Akbar alla tragica nascita del Pakistan Rawalpindi: musulmani gridano slogan anti-hindu davanti a un tempio incendiato e semidemolito (foto epa]