«Benvenuti i marines, no agli italiani»

«Benvenuti i marines, no agli italiani» «Benvenuti i marines, no agli italiani» Nella notte lo sbarco sulla spiaggia di Mogadiscio MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO «Restare Hope», l'operazione salvezza, è scattata ieri notte. I primi marines sono sbarcati poco prima delle 23 italiane, preparando l'arrivo delle altre truppe. Alle 6 i mezzi da sbarco della fanteria di Marina degli Stati Uniti, partiti dalle navi alla fonda al largo della costa somala, raggiungeranno la spiaggia che costeggia la pista dell'aeroporto di Mogadiscio e il nuovo porto. Ad attendere i marines, un esercito di camerameh, fotografi e giornalisti: la trasmissione in curetta è stata prevista dalle più importanti televisioni americane (e, attraverso la Cnn, anche dal Telegiornale Uno e da Telemontecarlo), che da alcuni giorni hanno piazzato le loro enormi antenne paraboliche e i sofisticati apparecchi per la trasmissione sul piazzale dell'aeroporto. I fanti di Marina non dovrebbero incontrare ostacoli di sorta: il generale Aidid, le cui truppe controllano la parte meridionale di Mogadiscio, ha garantito all'inviato speciale di Bush, Robert Dakley, che nella zona del porto e dell'aeroporto non ci saranno armi. Dakley, arrivato nella tormentata capitale somala nella tarda serata di lunedì, ieri mattina si è incontrato separatamente col generale Aidid e con il Presidente ad interim Ah Mahdi, per illustrare le fasi dell'operazione e richiedere alcune garanzie. Prima di tutte, quella della sicurezza. Definendo l'incontro con l'incaricato del Presidente Bush «una visita di cortesia», Issa Mohamed Siad, segretario degli Affari Esteri dell'Use, ha spiegato che il generale Aidid ha assicurato che tutta la zona dell'operazione sarebbe stata sgomberata dagli uomini armati che da oltre un anno.Ja,tengono, sotto controllo. Una promessa difficile da mantenere, perché l'aeropòrto e presidiato dai miliziani del clan,Avvale, da qualche tempo in contrasto col generale, mentre il porto è circondato da bande armate appartenenti a clan diversi. Che cosa accadrà se qualche gruppo si rifiuterà di ritirarsi? Mohamed Siad risponde senza esitare: «Non crediamo che ci sia qualcuno che farà delle storie. In caso contrario abbiamo già studiato dei provvedimenti». Ci potranno anche essere dei combattimenti? «Siamo determinati a consegnare il porto e l'aeroporto ai marines», è la secca risposta. Ancora poche settimane fa il generale Aidid dichiarava che si sarebbe opposto a qualunque intervento armato in Somalia. A che cosa è dovuto questo improvviso voltafaccia? «Abbiamo capito che l'Onu voleva intervenire militarmente senza il nostro consenso, favorendo alcuni gruppi e spppri- mondo invece altri movimenti. Ciò avrebbe prolungato la guerra civile e lo sterminio della metà della popolazione somala. Visto che era inevitabile, abbiamo preferito l'intervento di un Paese che non ha legami e interessi particolari con alcuni movimenti». Però vi siete opposti a una partecipazione italiana a questa operazione. «Non è esatto. Visto che tutto avverrà sotto il comando americano, non abbiamo niènte in contrario all'intervento di altre nazioni. Ad eccezione di alcune che sono ostili ad una rappacificazione del Paese». Quali? «No comment» è la risposta. Forse alcuni Paesi confinanti? Mohamed Siad ribatte: «Questo lo dite voi». Ma il Kenya, tanto per fare un nome? «Il Kenya. sfa aiutando i fedeli del deposto presidente Barre e si sta comportando molto male col popolo somalo. Vuole far continuare la guerra civile per favorire degli interessi che non hanno niente a che fare con le necessità della nostra gente». In un breve incontro coi giornalisti, nel pomeriggio il generale Aidid ha dato il suo benvenuto ai marines americani e ha illustrato un proclama in cui invita la popolazione a stare tranquilla, esorta le bande a deporre le armi, ordina agli uomini armati di non circolare nelle zone del porto e dell'aeroporto. Davanti alla residenza di Aidid staziona una folla vociante. Su alcune vetture sono incollati manifesti minacciosi «No Craxi group Italia», «No Egypt Butros Ghali», «No Kenya». Un gruppo di persone lancia invettive contro l'Italia, uno mi ha preso per un braccio gridando «italiani assassini». Arrivano di corsa dei miliziani che li allonta¬ nano. Abdulcadir Scek Mao, membro del Comitato centrale dell'Use, mi accompagna verso la vettura. «Sono arrabbiati perché si sentono traditi dall'Italia. Come mai non si è fatta avanti per riconciliare le parti in conflitto? Come mai ha ceduto il suo posto ad altre nazioni? La gente contava molto sul vostro governo». Un ragazzo mi ficca in mano un pezzo di carta, poche parole scritte malamente, «Non voghamo italiani perché sono fascisti e amici di Siad Barre». Lunedì pomeriggio Delio Barberis, un italiano che lavora all'Unicef, è stato arrestato dalla polizia di Aidid. Interrogato dai giornalisti, il generale ha detto di non essere al corrente dell'accaduto e ha assicurato che si sarebbe informato al più presto. Barberis è statopoi rilasciato. L'omavimminente arrivo degli americani è fonte di preoccupazione presso tutte re organizzazioni umanitarie che operano in Somalia. E' stato predisposto un piano di emergenza per l'evacuazione del personale: una nave della Croce rossa incrocia al largo di Merka, due aerei sono a disposizione di chi vuole partire in un aeroporto di fortuna a Nord di Mogadiscio. Ma la vera preoccupazione è un'altra: sinora ogni organizzazione si è protetta assoldando delle scorte armate, adesso si teme che questi «angeli custodi» possano rivoltarsi proprio verso chi li paga per essere difeso. Questi scalcagnati mercenari, infatti, si sono arricchiti facendosi pagare a peso d'oro, con l'arrivo degli americani e l'ordine di consegnare le armi perderanno un «lavoro» redditizio. Francesco Fornati Davanti alla casa del generale Aidid la folla infuriata se la prende con noi e gli egiziani «No Craxi group» «No Boutros Ghali» c'è scritto su alcuni cartelli La modella somala Iman moglie della rock-star | David Bowie Sopra i primi marines sbarcati ieri notte a Mogadiscio nella prima fase della missione «Restor Hope» ESTERO nostro connazionale arrestato e liberato L'operazione prende il via anche al Sud nel porto di Kismayu e nell'aeroporto di Barderà. Da qui le truppe si muovono verso Nord. Un po'alla volta i soldati americani consegnano il territorio alle forze delle Nazioni Unite. Comincia la quarta ed ultima fase dell'operazione. L'AIUTO AMERICANO La missione è umanitaria, ma la situazione è cosi esplosiva e difficile che l'operazione Somalia dovrà essere condotta con la precisione e con le cautele tipiche di una operazione militare. Ecco come si svolgerà l'intervento Usa. Mentre sedicimila marines sbarcano a Mogadiscio,10 mila soldati vengono trasportati con gli aerei a Baidoa, poi prendono posizione a Oddur, Belet Huen e Jalalaxi. l'eparti logistici assicurano l'assistenza in tutta la zona. Complessivamente, 28 mila soldati devono essere dispiegati entro l'inizio di gennaio. Ql(ISMAYU Gli elicotteri della Marina americana garantiscono la sicurezza negli aeroporti ed installano basi a Mogadiscio e a Baidoa. Veicoli anfibi provenienti dal Sud occupano il centro della capitale ed aiutano i .mezzi da sbarco ad occupare il porto. Sistemi logistici vengono piazzati sulla spiaggia. La portaerei Ranger e due navi di scorta gettano le ancore davanti alla costa. Durata dell'operazione: circa una settimana. GRUPPO NAVALE TRIPOLI J UN E AU RUSHMORE