Sulla Scala si abbatte una bufera di Valeria Sacchi
Sulla Scala si abbatte una bufera Il sovrintendente: festa rovinata dai teppisti. Pavarotti: ho sbagliato due volte, migliorerò Sulla Scala si abbatte una bufera Don Carlo parte bene, poi ifischi MILANO. Musi lunghi, nervosismo: atmosfera da festa rovinata ieri sera in palcoscenico, al termine del «Don Carlo» che ha inaugurato la stagione della Scala. Molti applausi, ma anche tanti fischi e numerosi «buuh» hanno accolto interpreti, direttore Muti e regista Zeffirelli quando si sono affacciati al proscenio per raccogliere il giudizio del pubblico. Poi la replica rabbiosa: «Questa sera si è toccato veramente il fondo. Un teatro può accettare dal pubblico un dissenso civile, non queste manifestazioni di teppismo. A mali estremi, estremi rimedi. Il 9 dicembre mi consulterò coi miei collaboratori e prenderò provvedimenti drastici già per la seconda recita», ha detto il sovrintendente Carlo Fontana. Duro anche Zeffirelli, tranquillo invece Pavarotti: «Se sbaglio sono pronto a ricevere i fischi. E, come mi ha fatto notare mia figlia, ho sbagliato in due momenti clou dell'opera. - Non ho preso bene un fiato, quindi ho fatto male l'acuto. Nelle prossime recite cercherò di fare meglio». La serata si era aperta all'insegna della speranza e del rinnovamento: per molti questo «Don Carlo» doveva essere il primo passo di Milano al di fuori delle tristi vicende che hanno avvelenato la vita della città. Un'eleganza «più sobria e discreta, meno gioielli ma sempre molti spifferi», sentenziava Camilla Cederna al termine del primo atto. «E' una serata come devono essere quelle della Scala», aggiungeva Rodolfo Rodocanachi, vicepresidente della nuova Fondazione Teatro alla Scala. Un volto diverso per il pubblico di Sant'Ambrogio. Dopo anni, la Scala non ha invitato nessun politico, solamente le massime cariche istituzionali: Scalfaro e Spadolini. Solo tre ministri: Piero Barucci, Franco Reviglio_e Margherita Boniver. Grande assente, Giuseppe Guarino. Virginio Rognoni, Egidio Sterpa, Luigi Granelli sono spettatori privati. Per l'impresa di Stato, Gabriele Cagliari, Francò Bernabé, Giampiero Cantoni. Per il Tesoro, LAiigi Spaventa e Francesco Giavazzi. Per la Giustizia, Francesco Saverio Borrelli. Più numerosi che in passato i personaggi della cultura e dell'arte, fra cui Norberto Bobbio, Gillo Pontecorvo, Fernanda Pivano, Arbasino, Salvatore Veca, Vittorio Gregotti e Emilio Tadini. Per il cinema, Mario Cecchi Gori. Per la tv, Walter Pedullà. L'austerità ha comunque preoccupato gli spettatori. Qualcuno ha risolto il problema tirando fuori dall'armadio vecchi vestiti. Ad esempio Emanuela Castelbarco, nipote di Toscanini: «Questo è un abito della Biki del 1977, che mi ero fatta quando la Scala, dopo 25 anni, andò a Londra con la Cenerentola». Accanto a lei, la nuora Elisabetta d'Acquarone, in un lungo di pizzo argentato, un Ventura del 1930 che apparteneva a Wally Toscanini Elegantissima, al braccio del marito Beppe Menegatti, Carla Fracci era in nero di velluto, lungo, con due sole calle bianche in paillettes che salivano lungo il fianco sinistro. Bianco e nero anche il velo di Valentina Cortese. Classiche Giulietta Simionato, Renata Tebaldi e Valeria Moriconi, con un bellissimo collier di coralli. La coppia più chic? Giorgio Fattori con la moglie Pupi. Nero e bianco i colori dominanti. In bianco corto Anna Crespi, presidentessa degli Amici della Scala. In nero Gae Aulenti. E in nero persino Marta Marzotto, che furbescamente sottolinea: «Quest'invito all'austerità mi ha reso felice. Indosso infatti una giacca da me firmata, della linea creata per la Stantìa». Non mancava il cattivo gusto: corpetti tempestati di boccioli di rosa, gonna rosa e scialle celeste, improbabili gonne zingaresche. Altri esempi: Donatella Pecci Blunt in una nuvola dorata; una mecenate giapponese del balletto, Oya, in rosso-rosa, che avrebbe fatto neglio a seguire la tradizione del kimono. Arriva Paolo Mieli, direttore del Corriere e dice: «Il Don Carlo mi perseguita. Quando arrivai a Torino a La Stampa, il Regio festeggiò i 150 anni con quest'opera; me lo ritrovo a Milano». Entra spavaldo Raul Gardini con la figlia Eleonora. Spuntano Anna Bonomi Bolchini e Ljuba Rosa Rizzoli. Poi.con tre minuti di ritardo, Muti alza la bacchetta. Omelia Rota Valeria Sacchi
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