I Dodici in lutto per il «no» della Svizzera di Fabio Galvano

I Dodici in lutto per il «no» della Svizzera CEE E domenica tocca al Liechtenstein andare alle urne per il referendum sullo Spazio Economico I Dodici in lutto per il «no» della Svizzera Freddo commento di Major: Berna si è autoesclusa dall'Europa BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il rammarico della Cee è sincero. Ma anche se la Svizzera ha detto di no allo Spazio economico europeo, che dall'anno prossimo dovrebbe unire i mercati della Cee e dell'Erta nella più grande zona di libero scambio del mondo, la vita - dicono i ministri degli Esteri dei Dodici - continua. E' vero che il referendum nei cantoni ha anche messo una grave ipoteca sulla richiesta svizzera d'adesione alla Cee; ma il risultato delle urne, hanno sottolineato ieri gli stessi svizzeri, non compromette a più lungo termine l'avvio del negoziato per l'adesione. E soprattutto non impedisce agli altri Paesi Efta - «l'effetto cascata non è previsto», ha osservato il ministro Colombo - di dare vita allo Spazio economico: alla peggio gli altri sei dovranno addossarsi anche gli oneri finanziari della Svizzera (80 milioni di franchi per cinque anni, il 27% del fondo di coesione per i Paesi più poveri). Come ha ricordato ieri il commissario Cee Andriessen, l'accordo firmato a Oporto il 2 maggio scorso prevede la convocazione di una conferenza diplomatica, a giugno, proprio nel caso che uno o più dei Paesi non ratifichi l'intesa. In quella sede, quindi, sarà possibile effettuare i ritocchi necessari. «Il rifiuto svizzero - egli ha aggiunto - non può servire da pretesto per rinunciare allo Spazio. Anche perché la maggioranza degli altri Paesi ha già detto di sì». Lo hanno fatto Austria, Finlandia, Svezia e Norvegia, mentre il Liechtenstein lo farà domenica (un altro atteso e controverso referendum) e l'Islanda è attesa all'appuntamento entro il mese. «Non so se gli altri Paesi - ha detto Colombo - siano disposti a rinunciare ai benefici che deri¬ vano dallo Spazio economico». Eppure il «no» della Svizzera brucia. «Si è autoesclusa», ha commentato freddamente da Londra il premier Major. Ma, a quattro giorni dal vertice europeo di Edimburgo, l'esito del referendum assume l'aspetto di un ennesimo passo falso della costruzione europea, di un contrattempo che la Cee dei disaccordi avrebbe preferito evitare. Tra i ministri dei Dodici, ieri, è prevalsa la considerazione che, dopo tutto, era stata la Svizzera, con i Paesi Efta, a chiedere la formazione dello Spazio; e che la Svizzera, non la Cee, ha chiesto l'adesione alla Comunità che ora - nella migliore delle ipotesi - si allontana nel tempo. «E' certamente un rammarico di carattere politico - ha detto ieri Colombo - il veder sopravvivere, come già altre volte, questa posizione svizzera contraria a legami stretti con la Cee. Forse gli svizzeri hanno temuto di andare in un mare più vasto e di distruggere le caratteristiche proprie della loro economia». Bisognerebbe indurre la Svizzera a «non preferire l'isolamento» e a rivedere la propria posizione, ha insistito ieri il tedesco Kinkel: «Intanto il processo di ratifica dello Spazio deve proseguire, perché gli altri Paesi Efta vogliono procedere». Eppure, come ha osservato il portoghese Barroso, «la decisione svizzera è un ostacolo alla costruzione europea». E i Dodici, impegnati ieri e oggi a gettare le basi per il vertice di Edimburgo discutendo temi che vanno dall'allargamento della Comunità al «no» danese per Maastricht, dallo scontro sul finanziamento della Cee al dolente capitolo dell'accordo Gatt sui commerci mondiali, non hanno potuto non tenerne conto. E' un'altra tegola. Ma ormai, forse, ci sono abituati. Fabio Galvano

Persone citate: Andriessen, Barroso, Gatt, Kinkel