Quattro o cinque atti? La polemica continua di Massimo Mila
Quattro o cinque atti? La polemica continua r NEL 1968 Quattro o cinque atti? La polemica continua E' giusto rappresentare la versione tagliata da Verdi o no? Questa l'opinione di Massimo Mila, che recensì «Don Carlo» nel 1968. «E • un'opera sottile, 7 il "Don Carlo" nonostante la sua grandiosità esteriore; perfino malaticcia e morbida e vuole un'esecuzione attenta a questi aspetti. Ma la rappresentazione offerta questa sera malaticcia non lo è per niente, anzi scoppia di salute, tanto nel consueto sfarzo, tipicamente inaugurale della messa in scena, quanto nella costante ipertensione dell'esecuzione musicale. «La regia di Jean-Pierre Ponnelle si è occupata di organizzare nel modo più grandioso possibile il finalone del secondo atto (purtroppo si è scelta la versione in quattro atti, amputata dal primo, che è drammaticamente essenziale): in scena c'è tutto l'arsenale I mat I in si del grande spettacolo. «Le scene dello stesso Ponnelle sono governate da una elegante stilizzazione in nero e argento che riesce migliore negli interni, ispirati alla cupa atmosfera dell'Escuriale. Ma insomma, ancora una volta non si è trovato di meglio, per la veste scenica, che puntare sul lusso e sullo sfarzo... «L'esecuzione è portata sul piano d'una concitazione melodrammatica, che non rende giustizia agli aspetti decadentistici dell'opera, alle sue pause smarrite. Il "Don Carlo" non è la "Forza del destino"... «Magnifici Ghiaurov, Talvela e la Cossotto. Anche Cappuccini e Prevedi ne escono con onore, ma ne va di mezzo la qualità del loro personaggio. La Malaspina rimane un po' schiacciata in mezzo alla prepotenza di tante voci di prim'ordine». Massimo Mila
Persone citate: Cappuccini, Cossotto, Escuriale, Ghiaurov, Malaspina, Massimo Mila, Verdi
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