Vado mi classico purché integrale

Vado mi classico purché integrale r I DISCHI Vado mi classico purché integrale ER il terzo anno consecutivo la Deutsche Grammophon riunisce in un cofanetto di cinque ed la quasi totalità delle registrazioni che hanno avuto l'apprezzamento della critica specializzata: «Palmarès dell'anno». Una raccolta di successo? Data la qualità e la varietà delle opere presentate verrebbe da pensarlo. La versione integrale delle registrazioni (tranne qualche eccezione), il prezzo quasi da edizione economica sono fattori certo favorevoli. Tra le versioni integrali figurano la «Decima sinfonia» di Mahler diretta da Léonard Bernstein, la «Terza» di Brahms con la bacchetta di Giulini, «El Salon Mexico» di Copland ancora sotto la direzione di Bernstein; «Il canto delle Parche» di Brahms condotto da Abbado, il «Concerto n. 19» di Mozart con Haskil e Fricsay, la «Berceuse» di Chopin con Pollini, «Ah! Perfido» di Beethoven con la Studer, l'«Ottava sonata» di Prokofiev con Gavrilov. Quindi estratti da «Salomè» di Strauss con la Studer e Sinopoli, da «Pelléas e Mélisande» di Debussy con Maria Ewing, Frangois Leroux e Claudio Abbado, dal «Crepuscolo degli Dei» di Wagner con Matti Salvinen e la direzione di James Levine. Alla fine, «Palmarès dell'anno» risulta un cofanetto, nella sua confezione elegante, piacevole nella sua varietà di temi e stili d'esecuzione. Una buona idea-regalo. Restando nell'ambito delle opere corpose, va sicuramente segnalata la monumentale integrale dei «400 Lieder» di Schubert. Sono 21 ed sempre etichettati con il giallo marchio della Deutsche Grammophon. Si tratta della prima riediziope in ed di questo sterminato mare, da non ascoltare come stakanovisti ma da gustare e scoprire in questa interpretazione notevole del baritono FischerDieskau e del pianista Gerald Moore. Prima di questa impresa, la maggior parte di queste I melodie non erano che abbozzi I e alcune sono ascoltabili solo in quest'opera grazie all'arte di questi due interpreti. «Scrivi qualcosa di breve, di facile e di popolare - consiglia Leopold Mozart al figlio durante la sua permanenza a Parigi -. T'immagini forse che sia cosa indegna di te? Se così è, hai pienamente torto. Quando Bach viveva a Londra, non scriveva altro che bazzecole di questo genere. Anche ciò che è leggero può essere grande...». Un risultato di questo pragmatico consiglio lo si ammira nella più monumentale fra tutte le serenate di Mozart, quella in Re maggiore K 250 con relativa marcia K 249. Fu composta nel 1776, e la si identifica come «Haffher Serenade» poiché fu commissionata «per lo sposalitio del Signor Spath colla Signorina Ehsabetha Haffher». Il padre di Elisabetha Haffher, Sigmund, era all'epoca borgomastro di Salisburgo. Una particolare esecuzione della «Haffher Serenade» di Mozart (Philips, 1 ed) ci viene offerta da Frans Briiggen con la Orchestra of 18th Century e la violinista Lucy van Dael. La deliziosa melodia mozartiana viene eseguita senza violoncelli, come all'epoca era costume. Questo avveniva perché, essendo il violoncello l'unico strumento musicale che si suona solo da seduti, nessun musicista si sarebbe permesso di accomodarsi su una sedia di fronte ad una persona di più alto rango, che ascoltando una serenata sarebbe normalmente rimasta in piedi. La lacuna sonora fra viola e contrabbasso viene colmata in larga misura dai due corni. Questa esecuzione di Briiggen e Lucy van Dael, elegante e brillante insieme, ci conduce almeno con i suoni all'epoca mozartiana. Alessandro Rosa >saj

Luoghi citati: Londra, Parigi, Salisburgo