India, guerra civile per un santuario
India, guerra civile per un santuario Trecentomila hindu hanno distrutto ad Ayodhya la moschea degli imperatori musulmani Gli assalitori circondati dalla polizia: non ci arrenderemo Coprifuoco in molte città, si teme la reazione islamica India, guerra civile per un santuario NUOVA DELHI. La moschea di Ayodhya, nello Stato indiano dell'Uttar Pradesh, non esiste più. Come minacciavano di fare da giorni, migliaia di estremisti hindu hanno demolito la moschea eretta 430 anni fa nel luogo in cui ora vorrebbero edificare un tempio a Rama. «Adesso i musulmani possono andarsene dall'India», gridava la folla mentre abbatteva la moschea con asce, spranghe e altri attrezzi rudimentali. L'assalto è iniziato ieri mattina all'alba. Sei ore dopo, della moschea non rimanevano che rovine. Per prevenire disordini e scontri fra le due comunità, il governo ha posto in stato di massima allerta le forze di sicurezza delle regioni settentrionali e ha decretato il coprifuoco a Benares, dove la tensione fra indù e musulmani è da sempre altissima. A Nuova Delhi unità paramilitari hanno preso posizione agli incroci più importanti. In tre centri dell'India meridionale sono stati vietati tutti gli assembramenti. Anche a Ayodhya e nella vicina città di Faizabad è stato imposto il coprifuoco. L'area circostante la moschea, motivo di attrito fin dal 1949, era stata invasa da decine di migliaia di uomini di religione indù e di tutte le età. A Ayodhya, che normalmente conta 41.000 abitanti, erano arrivati negli ultimi giorni più di 300.000 fedeli. Durante l'assalto, che ha sfidato una sentenza della Corte suprema e le direttive degli stessi dirigenti hindu, moltissime persone sono rimaste ferite dalle macerie. E ora si teme che possano scoppiare incidenti simili a quelli che, a partire dal 1990 provocarono circa 1000 morti. La questione di Ayodhya potrebbe inoltre mettere seriamente in crisi il governo del primo ministro P. V. Narasimha Rao. La gravità di quanto è accaduto ha indotto il presidente Shankar Dayal Sharma a rinunciare al suo consueto riserbo e condannare fermamente gli estremisti. In un ultimo tentativo di evitare uno scontro sanguinoso, il primo ministro Narasimha Rao si è ri¬ volto ieri sera agli integralisti e li ha invitati a uscire «senza esitazioni» dalla moschea per lasciare che «la legge del Paese abbia il suo corso». Pochi minuti prima, Rao aveva decreato lo scioglimento del governo dello Stato dell'Uttar Pradesh, accusato di non aver garantito il rispetto delle decisioni della magistratura. Il governo dimissionato era formato dal Baharatiya Janata Party (Bjp), il più forte partito di opposizione, guidato da Lai Krishnan Advani. La folla ha dato l'assalto alla moschea con una tecnica che non lascia dubbi: l'operazione era stata pianificata in anticipo e la polizia non è stata in grado di opporre che una flebile resistenza. Dopo l'inizio dei disordini, da una località vicina sono partiti centinaia di agenti che però hanno trovato la strada bloccata da lastre di cemento armato, mobili vecchi e tronchi. Secondo quanto hanno riferito alcuni testimoni, l'assalto avrebbe provocato almeno un morto e 150 feriti. Decine di giornalisti e operatori televisivi, in particolare stranieri, sono stati attaccati e feriti dai militanti integralisti. Le strade tra Lucknow - capitale dello Stato dell'Uttar Pradesh - e Ayodhya sono state bloccate dalle forze antisommossa, che temono reazioni da parte dei musulmani. Il momento cruciale della vicenda, però, scatterà nel momento in cui le forze di sicurezza decideranno di sgomberare il tempio. E' facile prevedere, infatti, una sanguinosa resistenza da parte dei fanatici integralisti. A Gedda l'organizzazione della Conferenza islamica ha duramente condannato ieri sera la distruzione della moschea definendola «un odioso crimine» e ha lanciato «un pressante appello affinchè vengano preservate la vita e le proprietà dei musulmani indiani». [e. st.] \ I militanti hindu rompono il cordone di polizia ieri ad Ayodhya Sotto il leader degli ntegralisti Advani
Persone citate: Advani, Janata, Krishnan, Narasimha Rao, Rama, Shankar Dayal Sharma
Luoghi citati: Ayodhya, Gedda, India, Nuova, Nuova Delhi
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