«Vade retro imprenditore»

«Vade retro imprenditore» Mario Chiesa dopo la condanna a 6 anni racconta a Panorama la sua Tangentopoli «Vade retro imprenditore» «Sono loro l'anima dello scandalo» MILANO DALLA REDAZIONE Corteggiato da tutti i giornali d'Italia, Mario Chiesa ha scelto da uomo condannato, ancorché libero, il settimanale Panorama per la sua prima intervista. L'ex presidente del Trivulzio era finora sembrato immune, salvo poche e fugaci battute, da quella «febbre dell'apparire» che nell'inchiesta sullo scandalo-tangenti sembra aver contagiato tutti. Invece, dopo otto mesi di silenzio, ecco il verbo del Padre di Tangentopoli (si fermerà qui o emulerà gli altri nel vortice di interviste, apparizioni televisive, libri, articoli, pareri?). Punto uno: il sistema bulgaro. «Il sistema politico aveva perso il senso della realtà: l'illecito veniva scambiato per lecito e il mondo economico era ben lieto di aver creato, con il gioco delle tangenti, un sistema bulgaro dove la concorrenza tra imprenditori era stata bandita. A Milano si pagavano cani e porci. Non credo che qualche politico ad alto livello abbia dovuto chiedere soldi. C'era il codazzo di gente pronta a pagare qualunque cifra». Punto due: imprenditori responsabili più dei politici. «Certo: al Sud come al Nord. Là con i fondi pubblici, in Lombardia con la logica bulgara... C'è la cupola: sei o sette impre- se si riuniscono e pianificano investimenti e finanziamenti, leggi ad hoc per finanziare opere pubbliche e, successivamente, per dividere i relativi appalti. Secondo una logica mafiosa... L'inchiesta Mani pulite può andare avanti per un secolo intero. I protagonisti principali sono sicuramente loro: i grandi dell'edilizia che hanno unto e imbrattato tutto il sistema istituzionale». Punto tre: come trattavo certi imprenditori. «Lasciavo quel tizio fuori della porta e poi quando entrava gli dicevo: barbone, sei arrivato barbone. Quell'imprenditore è l'esempio classico del corruttore... E' un rivenditore di materassi e ciucciotti e rifornisce la Baggi- na da vent'anni... Sempre pronto a presentarti ventisette donne. Pur di non uscire dalla sua nicchia ed evitare di misurarsi con il libero mercato». Punto quattro: l'arresto. «Così avete potuto scrivere: 'Ecco il mascalzone che ruba 7 milioni a un piccolo imprenditore, ecco quel maiale di Chiesa'. Ma la gente non sa i retroscena... Per intenderci: qui di imprenditori estorti non c'è nemmeno l'ombra... Se soltanto avessi sospettato l'intervento dei carabinieri mi avrebbero trovato nullatenente». Punto cinque: i soldi e la politica. «Erano 10 miliardi e 600 milioni. E li tenevo liquidi e pronti perché il denaro è necessario per la politica. Media¬ mente una campagna elettorale amministrativa a Milano costa non menò di 300 milioni. Per Bobo Craxi ho fatto tutto quello che avrei fatto se fossi stato candidato io. E senza lesinare una lira. Craxi mi aveva chiesto di aiutare il figlio e il successo di Bobo mi sarebbe servito per due scopi importantissimi: dimostrare il mio potere nel psi; avere un prezioso passaporto per l'entourage familiare». Punto sei: i rapporti con Craxi. «Ero entrato nella Real casa, senza dover più passare per la mediazione dei cinquantenni, generali d'armata che avevano retto per conto di Craxi la città... Ero riuscito, finalmente, ad avere un rapporto diretto con il segretario del partito e a dimostrare l'ampiezza del mio consenso a Milano». Punto sette: potevo diventare sindaco. «L'ambizione non era spropositata: età giusta, buona immagine, consenso diffuso, fama di grande realizzatore e di ottimo amministratore che aveva trasformato la Baggina da letamaio in clinica svizzera. E un ottimo rapporto con Bettino». Punto otto: la caduta. «Craxi mi ha dato del mariuolo, il figlio di Craxi mi ha fatto sapere 'faremo, vedremo, sentiremo' e mi ha fatto avere i suoi saluti. Ma fino ad oggi non ho ricevuto una telefonata da un politico». Mario Chiesa si confessa

Persone citate: Baggi, Bobo Craxi, Craxi, Mario Chiesa

Luoghi citati: Italia, Lombardia, Milano