La mummia «Dal sonno alla morte»

La mummia «Dal sonno alla morte» I periti in aula La mummia «Dal sonno alla morte» Raffaele Pelletto è passato dal sonno ipnotico alla morte per annegamento; Angela Ferilli è sana di mente, pur con qualche disturbo della personalità mentre il figlio Walter Pelletto ha un vizio parziale di mente. E' il giudizio dei periti d'ufficio sui presunti responsabili dell'omicidio di Raffaele Pelletto, il pensionato gettato nel lago di Avigliana ancora vivo nel dicembre '90. Ieri, per tutta la mattinata, i professori Bisacco, Pirgo e Ancona hanno illustrato alla Corte (presidente Pettenati) le conclusioni delle loro perizie sui due imputati. Su Walter Pelletto, 34 anni, difeso dal professor Gilberto Lozzi, i tre esperti si sono trovati perfettamente d'accordo: vizio parziale di mente. Più complesso il giudizio su Angela Ferilli, 58 anni, la donna che ha confessato il delitto: «Era un uomo avaro, troppo severo con Walter. Ho messo 20 pastiglie di sonnifero nel caffé poi io e Walter lo abbiamo trasportato al lago di Avigliana». Secondo i periti la donna è capace di intendere e di volere an^ che se ha «distrurbi della personalità» (secondo i professori Bisacco e Pirgo) o «una personalità abnorme» (secondo il perito Ancona). Hanno spiegato in aula gli esperti: «L'emotività in certi momenti può assumere aspetti travolgenti anche se non si arriva alla incapacità della persona». Come dire che Angela Ferilli può essere stata travolta dalla sua emotività senza riuscire a dominarla. I professori hanno aggiunto: «A questa emotività si aggiunge una difficoltà a comprendere la realtà e a fronteggiare gli eventi della vita». Perché uccidere il marito divenuto insopportabile? Non era più semplice separarsi? La risposta dei periti è questa: Angela Ferilli non ha mai avuto il coraggio di separarsi dal marito perché era incapace di fronteggiare gli eventi della vita, non ha saputo trovare la forza e la determinazione di troncare un rapporto che non esisteva più. II marito l'aveva obbligata a chiudere la lavanderia che lei aveva gestito per anni. «Guadagnavo bene - ha confessato la donna - poi dopo la chiusura del negozio ho dovuto rinunciare alla mia indipendenza. Sono diventata sempre più succube di mio marito». Anche in questo caso, secondo il suo difensore Soter Catalano, la donna non ha avuto il coraggio di reagire nel modo più normale.

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