Lenin muore in Siberia di Sergio Romano

Lenin muore in Siberia Terzani dall'Amur al Cremlino Lenin muore in Siberia *T ELL'ESTATE del 1991 ■ Tiziano Terzani, autore 1 di Buona notte, signor Le- I »/», apparso ora presso AjJ Longanesi, riuscì a soddisfare un vecchio desiderio: una crociera sull'Amur, la «grande frontiera» da cui la Russia imperiale si affaccia sulle sterminate terre dell'impero cinese. Terzani conosceva le Kurili e l'isola di Sakhalin, di fronte all'estrema costa orientale della Siberia, ed era stato più volte a Nikolaevsk, alla foce del fiume. Ma non era ancora riuscito a navigare lungo l'Amur, fra la costa russa e la costa cinese, e aveva un grande desiderio di vedere con i suoi occhi i villaggi cosacchi, le chiese di legno, le città costruite in epoca zarista e Komsomol sull'Amur, edificata per volontà di Stalin dai prigionieri politici dei lager siberiani. Le prime pagine del libro hanno l'andamento di un grande romanzo poliziesco: un fiume, una nave chiamata «Propagandist», un capitano, due cuoche, e, uno dopo l'altro, come in un racconto di Agatha Christie, i compagni di viaggio: Shasha, interprete della spedizione, Volodja, corrispondente della Komsomolskaja Pravda da Habarovsk, Nikolaj, giornalista di Habarovsk, esperto di criminalità, tre giornalisti cinesi - Ren, Wang e la signorina Liù -, Krysztof, giornalista polacco^ Terzani, giornalista italiano. Il colpo di Stato dèi 19 agosto Mentre la «Propagàndist» scivola lentamente fra le torri di cemento della costa cinese e i trampoli d'osservazione della costa russa, i protagonisti si lanciano reciproci sondaggi per cercare di sapere «chi spia chi» e l'atmosfera si carica di suspense. Non c'è dubbio, qualcuno fra poco dovrà morire. Forse il signor Ren, a cui viene rubata una macchina fotografica, o Shasha, che è stato per tre anni corrispondente della Novosti a Pyeongyang ed è probabilmente agente del Kgb. II dramma scoppia alle 13,42 del 19 agosto. Improvvisamente, mentre i personaggi del romanzo si stanno godendo il sole sul ponte della nave, gli altoparlanti di bordo diffondono, con voce metallica nel silenzio del fiume, il comunicato del comitato di emergenza che si è costituito a Mosca nelle ore precedenti. Krysztof traduce per Terzani: è un colpo di Stato. Shasha ascolta muto. Volodja diventa terreo, Nikolaj fissa l'acqua, i cinesi ascoltano senza tradire emozioni. Comincia un lungo intervallo durante il quale i protagonisti attendono con sentimenti contrastanti l'esito del dramma che si sta recitando a una distanza di diecimila chilometri e dieci fusi orari. Tre giorni dopo, mentre Eltsin annuncia la fine del putsch e il rientro di Gorbaciov, sappiamo finalmente che il morto di questo thriller siberiano è il comunismo. Terzani non può resistere alla tentazione di andarne a constatare il decesso. Si sveste dei panni del viaggiatore ottocentesco che aveva indossato per la sua nostalgica navigazione sull'Amur e indossa quelli del reporter. Non appena può abbandona la nave e comincia a saltare da una città all'altra, da una Repubblica all'altra, da Novosibirsk a Alma Ata nel Kazakistan, da Alma Ata a Bishek in Kirghizistan, da Bishek a Tashkent Bukhara e Samarcanda in Uzbekistan, da Dushanbe in Tagikistan a Ashchabad in Turkmena, da Tbilisi in Georgia a Erevan in Armenia e finalmente a Mosca dove giunge il 2 otto¬ bre, 47 giorni dopo l'inizio del suo periplo russo, quaranta giorni dopo la fallita manovra autoritaria del 19 agosto. Durante il viaggio intervista generali, funzionari di partito, interpreti, giornalisti, preti, mercanti, popolani, vecchi comunisti e vecchi dissidenti. Vuole sapere che cosa è accaduto, perché è accaduto. Come un grande detective non trascura nessun indizio così Terzani sa che un'indagine sulla morte del comunismo non può limitarsi a una sommaria cronaca dell'attualità. Il comunismo è certamente morto, ma il suo cadavere è scomparso. Per quanto cerchi e interroghi Terzani non riesce a trovarne tracce. Scopre invece che il vecchio partito comunista dell'Unione Sovietica, di cui Eltsin ha sospeso le attività con un decreto che il tribunale costituzionale ha ora parzialmente invalidato, sopravvive, con altri nomi, nei gruppi di potere che hanno assunto il controllo delle singole Repubbliche dopo la disgregazione dello Stato. Con le sue interviste e personali constatazioni, Terzani ne fornisce la prova più convincente: il comunismo è morto, ma i comunisti, soprattutto alla periferia dell'impero, godono di ottima salute. Giunto a Mosca Terzani si precipitò sulla piazza Rossa per dare un'ultima occhiata all'unico cadavere di cui gli riuscì di trovare traccia durante il suo viaggio: quello di Lenin. Era probabilmente convinto che di lì a poco, come proponeva Gavriil Popov, sindaco di Mosca, la mùmmia sarebbe stata rimòssa dal mausoleo e sepolta nel cimitero di Pietroburgo. Debbo dargli una notizia. Come ho potuto constatare qualche settimana fa la mummia è sempre al suo posto e la coda, nei giorni di apertura, attraversa in diagonale metà della piazza per attorcigliarsi intorno al museo di Lenin dove la domenica mattina i vecchi comunisti si riuniscono con le bandiere rosse per chiedere la restaurazione del pcus. Rispetto alla piazza che Terzani vide nell'autunno del 1991 vi è tuttavia una novità. Quella dell'autunno del 1992 è attraversata in centro da una transenna accanto alla quale monta la guardia un miliziano. Una sigaretta sulla Piazza Rossa Da un lato ci sono gli zingari, i cambiavalute e i borsari neri che entrano e escono dal Gum; dall'altro ci sono il mausoleo e la lunga coda dei pellegrini che aspettano pazientemente di essere ammessi alla contemplazione di quella che Pushkin, se fosse vivo, chiamerebbe certamente la bambola di cera. E più in là, accanto al palazzo rossiccio della vecchia Duma di Stato, su una delle vie che salgono verso la piazza Rossa, si sta ricostruendo la vecchia cappella della Vergine d'Iberia che i bolscevichi avevano distrutto negli Anni Venti. Questa è Mosca oggi: in una stessa piazza, sui due lati di una transenna che divide l'Europa dall'Asia, convivono i fedeli dell'ultima utopia dell'Europa illuminista, quelli della Chiesa d'Oriente e i mongoli di Kitaj Gorod travestiti da zingari e magliari. Come i grandi paesaggi fiamminghi il quadro rivela, a chi lo guarda attentamente, un particolare inatteso. Quando mi sono avvicinato alla frontiera il miliziano di guardia stava accendendo una sigaretta. Era la prima volta che vedevo fumare sulla piazza Rossa. Buona notte Urss, bentornata Russia. Sergio Romano