Un Vietnam nel cuore di Mogadiscio

Un Vietnam nel cuore di Mogadiscio Un Vietnam nel cuore di Mogadiscio Nel quartiere da dove nessuno torna indietro LA CITTA' IN GUERRA MOGADISCIO NOSTRO SERVIZIO Un camioncino col mitragliatore puntato, mucchi di pietre sull'asfalto, due adolescenti appostati dietro un muro mezzo demolito. Qui comincia «Bermude», l'enclave che terrorizza chi sta dall'altra parte del confine: «Di là nessuno torna indietro; ci sono dei diavoli! Voi non li vedete mai, ma loro seguono ogni vostro gesto!» «Bermude» nel cuore di Mogadiscio-Sud, ha resistito a tutti gli assalti del generale Aidid, il potente capo della fazione che controlla il Sud della capitale. Egli un giorno avrebbe detto: «Qui è come il triangolo delle Bermude. Nessuno può uscirne vivo!». Sotto le vecchia acacie, si allineano i bassi edifici di un quartiere popolare sfregiato dalle cicatrici della guerra. Non una casa indenne. Nella strada divorata dalle erbacce, lungo la linea di confine, non si vede anima viva. Deserto anche il corso Ma- ka-Mukarama, un tempo molto animato, dove si succedono edifici abbandonati dai muri anneriti. Domina il profilo danneggiato dell'Hotel Maka, proprietà del «presidente ad interim». Ali Mahdi comanda i destini della parte Nord cittadina, ma non ha più rimesso piede nel suo albergo dopo la ripresa dei combattimenti, il 17 novembre 1991, contro il generale Aidid. Farah Gouled, un ex studente ventenne, ci mostra le conseguenze dei combattimenti davanti al Nuovo Parlamento, là dove «il nemico è tornato alla carica più volte per giorni». Più in là una ventina di veicoli crivellati di proiettili, una casa mezza distrutta da un incendio, un pozzo davanti al quale si affollano le donne del quartiere e qualche mendicante che chiede una razione di riso. Battezzato col nome prestigioso di «madre delle Bermude», il luogo simboleggia il coraggio e la tenacia del sotto-clan dei Weysle che hanno difeso colpo su colpo il loro feudo. «L'offensiva di Aidid - racconta Ibrahim Ma'allin - ci ha colto di sorpresa ed AU Mahidi, acquartierato nella zona Nord, non ci ha potuto mandare rinforzi». In numerose occasioni Ma'allin ha dovuto attraversare le linee per comprare munizioni presso i Murusad, che controllano il deposito del vecchio campo militare dell'ex presidente Barre e che vendono al migliore offerente. Dopo il cessate-il-fuoco del 3 marzo, è tornata la calma. Ma i circa seimila abitanti del quartiere non abbassano la guardia e sopravvivono tra le rovine grazie ai parenti rimasti all'esterno o all'estero, due parole che qui hanno più o meno il medesimo significato. Passano la giornata in strada ad ascoltare la radio o discutendo delle qualità dell'ultimo «Kalasnikov». «Faccio finta di darmi da fare - sospira un giocatore di domino - e alle volte vado a distrarmi dall'altra parte, al mercato di Baccaro». E' lì che le donne vanno a fare le loro compere. Di buon mattino passano la «frontiera», una borsa della spesa in mano, allungando qualche soldo alle sentinelle. E' l'unico momento, negoziato con i vicini Murusad e tollerato dagli Habar-Guidirin, in cui è possibile approvvigionarsi. Perché la gente di «Bermude» si ostina a barricarsi tra queste rovine dove l'isolamento logora i nervi? «Non sapremmo dove andare», mormora un vecchio che aspetta l'ora della preghiera. E se la rivalità Aidid-Mahidi, sulla quale si sono sprecate tante analisi politiche, fosse innanzitutto una questione territoriale, nella più pura tradizione dei confini tribali somali? Il generale Aidid, che nutre ambizioni presidenziali («dittatoriali» precisano i nemici), ha promesso al suo clan Habar-Guidir di offrire ad esso la capitale in cambio del sostegno militare. Una promes¬ sa che ha fatto brillare negli occhi di questi nomadi le luci di una capitale...purtroppo priva di energia elettrica da due anni. Migliaia di abitanti della savana hanno occupato le ville dei quartieri-bene abbandonate dai dignitari del vecchio regime e dai Darod, vittime delle discriminazioni tribali che hanno caratterzizzato la caduta di Siad Barre. Malgrado la superiorità militare, Aidid non ha avuto che parziali successi. Ha cozzato contro la resistenza disperata degli Abgal, che come i Weysle di «Bermude» si sono battuti furiosamente per salvare le loro terre. «Se un giorno arriverà la pace, gli esiliati torneranno per recuperare i loro beni - fa notare un osservatore - e non c'è alcuna possibilità che chi occupa le loro case accetti di fare i bagagli». Jean Hélène Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa»

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