Bush: apriamo la strada e ce ne andiamo di Paolo Passarini

Bush: apriamo la strada e ce ne andiamo Bush: apriamo la strada e ce ne andiamo 77 Presidente in tv rassicura l'opinione pubblica WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE George Bush, in un messaggio televisivo, ha annunciato ieri agli americani l'avvio dell'«Operazione Ricrea Speranza», che si propone di salvare la vita di centinaia di migliaia di somali minacciati da una terribile carestia. 28 mila e 150 uomini delle forze armate degli Stati Uniti, secondo la cifra fornita più tardi dal capo di stato maggiore Colin Powell, ai quali si aggiungeranno contingenti di almeno «una dozzina» di altri Paesi, secondo quanto ha assicurato Bush, assumeranno il controllo dei principali centri di comunicazione della Somalia per mettere in condizione di non nuocere le «bande armate» somale e garantire la distribuzione degli aiuti umanitari. A partire dall'inizio della prossima settimana, circa 35 mila uomini in tutto cominceranno a raggiungere Mogadiscio e gli altri principali centri del Paese. L'Italia spera di poter inviare i 2000 uomini, con cui si è impegnata a contribuire, entro la fine dell'anno. Prima di rivolgersi al Paese, Bush aveva incontrato i capi del Congresso, «per essere sicuro ha spiegato il suo portavoce Marlin Fitzwater - che sia pienamente compresa la necessità di questa operazione». Il presidente ha ricevuto «un sostegno totale», come ha sintetizzato lo «speaker» della Camera dei Rappresentanti, il democratico Thomas Foley. Il dissenso è minimo e molto isolato. Dopo quello espresso nei giorni scorsi dal democratico John Murtha («Non dobbiamo buttare via una montagna di soldi in una situazione nella quale non abbiamo alcun interesse particolare»), solo un altro parlamentare, il repubblicano del Colorado Hank Brovyn, ha espresso contrarietà alla missione. L'appoggio del Presidente-eletto Bill Clinton è stato particolarmente caloroso: «Io rendo onore al presidente Bush - ha dichiarato - per aver assunto la guida di questo importante sforzo umanitario. Lo ringrazio per avermi tenuto informato degli sviluppi, mentre assumeva decisioni che coinvolgono gli Stati Uniti in una missione autorizzata da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu». D'altra parte, durante la campagna elettorale, Clinton aveva invocato un'azione decisa per alleviare le pene del popolo somalo e non è escluso che Bush si sia deciso ad autorizzare la missione perché convinto che, se non l'avesse fatto lui, l'avrebbe fatto il suo successore in uno dei primi atti della sua presidenza. Prima di ritirarsi dietro le quinte, Bush ha voluto riservare per sé una decisione sicuramente importante. «Questa operazione non è senza fine - ha assicurato Bush nel suo messaggio - e non non staremo in Somalia un giorno più del necessario». Il Presidente non ha ripetuto quanto, nei giorni scorsi, aveva dichiarato il suo portavoce e che, cioè, spera di poter richiamare le truppe americane prima del passaggio di consegne tra lui e Clinton, il 20 gennaio. Questa speranza è stata invece espressa da Powell, ma il senatore democratico Sam Nunn, che, in quanto presidente della Commissione Forze armate ha appoggiato la decisione di Bush, si è detto convinto, dopo un colloquio con il capo di stato maggiore, che lo stesso Pentagono pensa a un'operazione di due o tre mesi di durata. «Il nostro compito - ha detto Bush - è quello di aprire le vie di comunicazione, mettere il cibo in condizione di muoversi attraverso il Paese e preparare la strada per una forza di pace dell'Onu che continui a farlo muovere». Ma il problema sta proprio qui. E' ragionevole immaginare che, dal punto di vista militare, l'«Operation Restore Hope» non presenti grandi rischi, poiché i «signori della guerra» somali cercheranno probabilmente di evitare conflitti con la forza multinazionale. Il che dovrebbe significare che, appena cominceranno ad arrivare i Marines da Fort Pendleton e la fanteria leggera da Fort Drum, la si¬ tuazione in Somalia dovrebbe apparire immediatamente pacificata. In teoria, quindi, gli uomini potrebbero ritornare appena arrivati. Ma è molto probabile che, appena ripartiti, i «warlords» somali riprenderebbero le loro scorrerie. Il limite temporale dell'operazione sembra quindi essere fissato dal tempo che le Nazioni Unite impiegheranno a costituire una loro forza di pace e ad assumere il governo fiduciario di un Paese in cui non c'è alcuna autorità. Occorrerà, intanto, qualche settimana perché le forze del contingente multinazionale vengano interamente dispiegate. I 2000 francesi, che muoveranno dalla vicina Gibuti, arriveranno presto. Il Belgio ha garantito 550 paracadutisti. Il Canada 700 uomini. La Gran Bretagna, invece, ha confermato che non intende contribuire all'operazione con truppe di terra, perché, ha spiegato il ministro della Difesa, ha già troppi uomini impegnati in varie parti del mondo. Il contributo inglese consisterà di quattro aerei militari da trasporto Hercules C-130. Comandante in capo dell'operazione sarà, a Washington, il generale del Marines Joseph Hoar. Ma, sul campo, gli ordini verranno dati dal suo collega Robert Johnston. Paolo Passarini Pieno appoggio di Clinton «Azione umanitaria Merita la pena correre rischi» Soldati statunitensi impegnati nelle operazioni di preparazione alla missione in Somalia ifotoapj