Andiamo al supermarket delle parole immortali di Stefano Bartezzaghi

Andiamo al supermarket delle parole immortali S moltiplicano i dizionari delle citazioni: da Dante a Oscar Wilde, dai Goncourt a D'Annunzio Andiamo al supermarket delle parole immortali TnIEDI gadiziarie a parte, L| da cheparte stanno le cim tazkm? Escono conteml 1 poranamente due nuovi SZj repertri, un Dizionario delle citazion a cura di Ettore Barelli e Segio Pennacchietti (Rizzoli Bur,)94 pagine, 30.000 lire, che fa sijuito al Dizionario delle sentem latine e greche di Mario Tosi, smpre per la Rizzoli) e Ben deto!, di Gianfilippo Cuneo e Man Unnia (ed. Il Sole 24 Ore libri, 72 pagine, 4000 lire). E vengoo in mente usi disparati della Stazione come istituto letterar). La citazione salottiera e snb (Wilde, innanzitutto: «Lo srittore che chiama zappa una zppa dovrebbe essere costretto iusarla). La citazione terroristia a uso polemico (nell'ultima esputa filosofica si è citato un trribile giudizio di Derrida, corro un certo commento a Niczsche: «Un monumento di sonambulismo ermeneutico»). Licitazione storpiata come quella he Aldo Busi attribuisce a un ao personaggio «non ti curar di Ioj ma guarda i passeri» (in cui è sagliato anche il primo emistichi, perché Dante dice: «Non raioniam di lor, ma guarda e pasa»). E poi il citazionismo comestile neobarocco, e le varie sintnomi connesse alla citazione decritta da Robert K. Merton nel uo Sulle spalle dei giganti (ed. i: Il Mulino, 1991). Ma la cos più bella, con un nuovo dizioario di citazioni, è congetturaraii essere uno scrittore, o anch due scrittori, facciamo i Gonourt, e andare a cercare i brani Stagliati dalle proprie opere, pr rileggerli. Rileggere o leggee? Si suppone che uno scrittoi: abbia scritto ciò che firma, enagari abbia anche corretto le bzze. Rilettura, allora. Ma una iase viene concepita in mezzo a ma foresta di altre frasi, e se na è escluso che l'autore le ricoix tutte a memoria, è anche possille che fatichi a riconoscerne na isolata, ritagliata da qualcun rtro, e magari ritoccata nella pnteggiatura. Nella fattispecie, oi, la congettura è resa leggerrente complicata dal decesso di due Goncourt (Edmond, ilmaggiore, è morto nel 1896; Juìs, il minore, fin dal 1870): ma ngli esempi certe licenze sono ossibili. Allora siamo i Goncort. Stiamo sfogliando un dizihario di citazioni. Troviamo da citazione dal nostro Journa Siamo orgogliosi, ma anche n po' preoccupati. Andiamo ah pagina. Leggiamo: «Dio ha fatt' il coito, l'uomo ha fatto l'amor». Ma come è possibile, credevmo di essere persone tanto penene! Non si esìude, a dire il vero, che sulla loo nuvoletta celeste i Goncourt sino molto soddisfatti della loro af jrmazione, ma resta in ognuno ibenso di spaesamento nel leggerà così, nuda, cruda e senza verdine di contorno. Che l'uomo abbi fatto l'amore senza saperlo? j La maggire delusione spetta al poeta ingase William Cowper (1731-1800) che a fronte della provocatori illazione dei due fratelli ha oiamato in causa gli stessi personaggi per sentenziare, assai più vacuamente: «Dio ha fatto la campagna, l'uomo la città». E forse John Gay (16851732) condividerà le nostre perplessità nel leggere il motto: «Colei che non ha mai amato non ha mai vissuto». Come avrà fatto a dimenticare «colui»? Bisogna pur dirlo: un dizionario di citazioni serve proprio a trovare verità postmoderne tra gli antichi, verità antiche tra i postmoderni, e spiazzamenti in quell'età di mezzo che da sola fornisce una grande abbondanza di materiale. E poi qualche vero colpo di genio: perché sull'amore Louis-Ferdinand Celine ha saputo concludere: «L'amore è l'infinito alla portata dei barboncini». E questa è senza dubbio una frase memorabile anche per il suo stesso autore. Cinquemila detti celebri Di tutte queste congetture, la più fondata è quella che riguarda il Dizionario rizzoliano, che sta arrivando in libreria. Comprende ben 5026 citazioni diverse, riunite in capitoli per temi e sottotemi, più appendici dedicate agli incipit letterari e altre varietà (tra cui un capitolo stravagante sulle filastrocche). Insomma, un bel lavoro. A maggior gloria degli antologisti, va detto che ogni citazione non italiana è corredata del testo originale (anche quelle russe!) e del riferimento preciso. E' naturale che un'opera del genere intenda innanzitutto rinnovare l'abusato repertorio. Accanto ad autori già molto citati (Goethe, Voltaire, Wilde...) e a oscillazioni dovute al pubblico, o all'immagine che ce ne si fa (fuori Marx dentro Bufalino), si incontrano citazioni nuove. Diciamo: brani poco citati, tratti da testi anche famosissimi. Non si è mai sentito qualcuno che, per rinnovare la classica citazione lapalissiana, la sostituisse con questo brano di Pinocchio: «A mio credere il burattino è bell'e morto; ma se per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo». Eppure il concetto (o meglio, l'assenza del medesimo) non cambia. Nell'uso del Dizionario ci vorrà qualche cautela: in media c'è grande confusione su cosa sia un aforisma e cosa una massima, cosa una citazione e cosa un paradosso. Inoltre non sempre il paradosso è dichiarato (come in: «Un uomo è tanto più rispettabile quante più sono le cose di cui si vergogna», G. B. Shaw). Un paradosso appena più implicito potrebbe anche essere preso alla lettera, e la disattenzione risulterebbe perniciosa. Immaginarsi cosa avrebbe fatto Achille Campanile di questa fiase di Igino Ugo Tarchetti: «Il linguaggio più eloquente dell'amore è il silenzio» o di quest'altra, di Eugène Delacroix: «Bisogna sempre guastare un po' il quadro per finirlo». E poi ci vuole orecchio, altrimenti si rischia di dire: «Come riteneva Italo Calvino, "anche per chi ha passato tutta la vita in mare c'è un'età in cui si sbarca"». La frase è di Calvino ma l'opinione è del cauto fratello del Barone Rampante. Che Calvino davvero condividesse un adagio tanto convenzionale non c'è da starne sicuri (e infatti Cosimo, dall'albero, non l'ha fatto scendere: a scorno della saggezza marinara). Trappole, trabocchetti: una delle segrete ambizioni di questi dizionari deve essere quella di contenere gli antidoti ai propri stessi veleni. E infatti si possono costruire sillogismi e dialoghi che qui l'ordine delle citazioni, non cronologico né alfabetico, sembra anzi suggerire. «La mia anima visse/ come diecimila!» (Gabriele d'Annunzio) si combina con «Il corpo - la vagina dell'anima» (Carlo Dossi). Ed è tutto da immaginare il dialogo tra: «In amore, meglio la caccia che la presa» (Etienne Pasquier, 15291615) e «L'amore non è il lamento morente di un violino lontano ma è il cigolio trionfante delle mollo del letto» (S. J. Perelman, 1904-1979). Battaglie che non, prevedono né vincenti né convinti: perché a una citazione non è richiesta la capacità di persuadere ma il semplice fatto di essere esistita. Bisogna esercitarsi a non attribuire molto potere alle citazioni. Socialmente non fanno sfoggiare cultura, bensì pedanteria. Di fat- to sono spesso insensate. Per vederlo basta dimenticarne le eventuali qualità stilistiche e prendere il loro insieme come ciò che dovrebbe essere: una collezione di idee: la quota di genio improvvisamente decresce. Risulta che persino don Lisander si appisolava di tanto in tanto, e ci vuole un bel coraggio per ricordargli di aver scritto una frase come questa: «All'uomo impicciato, quasi ogni cosa è un nuovo impiccio». Come no. E a un uomo grasso «quasi» ogni altro chilo è peso in più. Stefano Bartezzaghi ih labirinto d paradossi e li aforismi Andeccddlv L'uomo che ama citare in una famosa illustrazione di Strindberg