Ligato, ecco tutte le accuse segrete di Cesare Martinetti

Ligato, ecco tutte le accuse segrete Reggio Calabria, al ruolo dei politici nell'omicidio si arriva però solo per deduzione Ligato, ecco tutte le accuse segrete Nei verbali d'inchiesta l'intreccio boss-amministratori REGGIO CALABRIA DAL NOSTRO INVIATO Piero Battaglia, nega, anzi rovescia il teorema dell'accusa: «Certo, sono stato eletto sindaco poche ore dopo l'omicidio Ligato. Ma quell'elezione fu fatta per rispondere subito all'arroganza mafiosa e non perché avevamo eliminato l'uomo che ci impediva gli affari...». Nel carcere, davanti ai giudici, secondo il copione di sempre, l'accusato di mafia diventa un anti-mafioso e il pentito un killer che spara con le parole non potendo più usare le armi. La partita si è appena aperta e non è prevedibile come finirà. Leggiamo gli atti dell'inchiesta che ha versato benzina sul fuoco dell'inferno calabrese a dieci giorni dal voto che dovrebbe rieleggere il Consiglio comunale sciolto per corruzione. Tre democristiani (Battaglia, Quattrone, Nicolò) e un socialista (Palamara) sono accusati di essere i mandanti dell'omicidio di Lodovico Ligato, ex presidente delle Ferrovie ed ex potentissimo de di Reggio, sulla base delle dichiarazioni di due pentiti, chiamati in codice ((Alfa» e «Delta», esponenti di cosche vincenti, Giacomo Lauro e Filippo Barreca. Racconta Alfa: «Dopo la disavventura alla presidenza delle Ferrovie, Ligato rientrando a Reggio, credeva erroneamente di godere ancora del prestigio e della autorità che aveva in passato... ma la situazione era mutata, la gestione della cosa pubblica aveva subito la presenza sempre più massiccia del gruppo socialista che faceva capo a Giovanni Palamara. E Franco Quattrone, vecchio rivale di Ligato, era diventato segretario regionale della de. Si scontrò dunque con questa nuova realtà i cui artefici erano stati in passato angariati dai suoi metodi di gestione e dai suoi atteggiamenti arroganti...». Che fece allora Ligato? Racconta Alfa: «Tentò di aggirare l'ostacolo rivolgendosi all'esponente de reggino Giuseppe Nicolò, notoriamente legato all'onorevole Misasi. Il tentativo fallì: se così non fosse stato gli avvenimenti successivi avrebbero preso una piega diversa. Poi si rivolse all'onorevole Mancini per arnmorbidire il gruppo Palamara, nonostante che fosse un socialista e non un democristiano. I due partiti facevano a gara nella città per lottizzarsi tutti i posti di potere e tutti gli interessi economici. Ma Ligato trovò tutte le porte chiuse. Scelse allora la via delle minacce e per tacitarlo il gruppo dirottò su di lui una quota mensile di 10 milioni». Ma non bastava. Conclude Alfa: «Da questa situazione scaturì la sua elimina- zione fisica. Il gruppo di potere alternativo a Ligato era rappresentato in primis da Franco Quattrone, Giuseppe Nicolò, Piero Battaglia e Giovanni Palamara con il proprio gruppo». Alfa non dice chi ha comunicato il messaggio per l'eliminazione di Ligato, ma sa che è arrivato tramite i Serraino, una delle potenti famiglie mafiose del «cartello» avversario a quella dei De Stefano alla quale apparteneva Ligato. All'omicidio, secondo il pentito, parteciparono direttamente un esponente della famiglia Serraino, uno dei Rosmini e uno dei Condello: «La presenza di un esponente per gruppo doveva far condividere a tutti la responsabilità e garantire il silenzio. L'omicidio eccellente ci qualificava: ecco perché venne eseguito con modalità eclatanti e cioè sotto l'abitazione di Ligato, con un volume di fuoco enorme e nell'occasione in cui aveva come ospiti alcuni amici». Il pentito Delta rivela invece che già nell'87 (due anni prima dell'omicidio) Ligato era nel mirino delle cosche. Fu lui stesso a metterlo in guardia, nella villetta di Marco PaMnara, fratello di Giovanni, proprio accanto a quella di Ligato, sulla spiaggia di Bocale dove poi sarebbe stato assassinato il presidente delle Ferrovie. Dice Delta: «Mi risulta che Ligato fosse legato all'avvocato Giorgio De Stefano e quindi al gruppo De Stefano. Ma fino allo scoppio della guerra di mafia (1985) tutto il gruppo politico reggino dominante era legato ai De Stefano i quali erano padroni assoluti della città. Poi una parte del gruppo politico diventò il referente della fazione avversa, mentre una rimanente parte, tra questi Ligato, rimase legata all'area destefaniana. Il problema veniva a porsi in termini più drammatici nella prospettiva a breve termine dei miliardi che dovevano arrivare a Reggio: era chiaro che chi avesse gestito il potere politico avrebbe gestito i soldi del decreto Reggio. All'epoca gli esponenti antidestefaniani erano Quattrone, Nicolò, Palamara e Battaglia». Delta racconta come funzionava il regime nella gestione degli appalti e nell'affidamento dei lavori: «Lo stesso politico indirizza l'impresa verso un determinato referente mafioso, facendo questo discorso: "Tu devi pagare a questo". Restava ovviamente ferma la percentuale del 10 per cento che i politici prendevano per sé direttamente dall'impresa come contropartita nell'affidamento dei lavori. Ad essa andava aggiunta la percentuale del 4-5 per cento che le imprese pagavano alle cosche». Quali sono le prove contro i politici? Si legge nell'ordinanza del giudice Telasi che non è stato impartito un ordine categorico, ma «trasmesso un messaggio in termini alquanto sofisticati sotto il profilo logico e pragmatico: difatti l'indicazione di Ligato come il principale ostacolo da abbattere per una più agevole realizzazione di cospicui interessi economici ha tutto il significato dell'affidamento della vittima designata in pasto a belve feroci ed assetate di denaro e di sangue». Basta tutto ciò per provare che i politici furono i mandanti dell'assassinio? L'inchiesta va però connessa con la cosiddetta «mani pulite» calabrese, che si è avvalsa delle confessioni dell'ex sindaco de Agatino Licandro, rivelatrici di un intreccio politico-affaristico identico a quello descritto dai due pentiti. Tutti gli affari che vennero appianati dall'omicidio Ligato, sono poi stati realizzati dai soggetti che i pentiti accusano: la metanizzazione, la sistemazione del lungomare, la costruzione della scuola Allievi Carabinieri e soprattutto il Centro direzionale (250 miliardi), per il quale Ligato si sarebbe impegnato per un'intesa con la società Bonifica del gruppo Iri Italstat il cui presidente Giorgio De Camillis è stato arrestato. Il racconto di Alfa e di Delta è ricchissimo di dettagli che i giudici dicono ((riscontrati» fino in fondo e non ancora tutti rivelati come, per esempio, il prezioso interlocutore di Alfa: «...due giorni dopo il delitto venne a trovarmi omissis e con lui discussi dell'omicidio. Mi disse che avevamo eliminato l'ostacolo alla realizzazione dei nostri programmi...». Ma chi è «omissis»? Cesare Martinetti Lodovico Ligato, ex deputato de e in seguito presidente delle Fs, venne ucciso in un agguato davanti a casa il 27 agosto 1989. Sotto accusa per il delitto tre politici de e uno del psi

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