L'infermiere uccideva a pagamento

L'infermiere uccideva a pagamento Milano, avrebbe accelerato la morte di due ricoverati per vendere le salme L'infermiere uccideva a pagamento Lavorava anche per le pompe funebri Da loro avrebbe incassato un premio CESANO MADERNO DAL NOSTRO INVIATO «Tutti i giorni lo sentivo arrivare. Pedalava fischiettando certe canzoncine d'altri tempi. Io sentivo e pensavo: toh, è rientrato il Busnelli». Luigi il falegname, che ha la bottega sulla strada, gli abita proprio di fianco e non ci vuol credere che il suo vicino Antonio Busnelli, 50 anni, infermiere, dall'altra mattina sia dentro una cella di isolamento di San Vittore, accusato di un omicidio volontario e di un tentato omicidio di due pazienti morti nel suo reparto, ospedale Fatebenefratelli, Milano. E' pesante quel mandato di arresto firmato dal giudice Guido Piffer. E la storia (per il momento) è piena di dettagli inspiegabili. A partire dall'ipotesi del movente: l'infermiere avrebbe accelerato la morte di due pazienti (somministrando farmaci nocivi) per poter «segnalare» le salme a una ditta di pompe funebri e intascare la percentuale. Somma che secondo recenti inchieste sul racket del caro estinto varia tra le 100 e le 200 mila lire. Ma un conto è fare una segnalazione a morte avvenuta, un conto procurarla: possibile che uno uccida per quei quattro soldi? I carabinieri sono andati a prendere Antonio Busnelli, faccia rotonda, buon carattere, infermiere da 22 anni, martedì mattina, in ospedale. Su di lui hanno indagato per 30 mesi, a partire da due morti sospette, quella di Giuseppe De Marchi, 69 anni, commerciante, ricoverato per emorragia cerebrale, deceduto il 6 maggio 1990 e quella di Ida Guardamagna, 81 anni, pensionata, ricoverata per embolia polmonare, morta due giorni più tardi. L'arresto è scattato quando sul tavolo del sostituto procuratore Gianni Griguolo è arrivato il responso dei tre anatomopatologi incaricati di esaminare i corpi delle due vittime. Un esame (incredibilmente) durato due anni e mezzo. Sì, i due farmaci killer hanno lasciato tracce inconfondibili. Era stato il primario Pier Giuseppe Sironi, in quel maggio 1990, a rivolgersi alla procura della Repubblica. Nel cestino dei rifiuti, accanto ai letti delle vittime, erano state ritrovate tre fiale di Lisoctin e di Cedilanid, due farmaci che nessun medico aveva prescritto, entrambi calmanti cardiaci pericolosissimi per i due pazienti che (all'opposto) avevano bisogno di stimolanti per reagire. Dopo un mese di indagini e una cinquantina di interrogatori, i magistrati avevano spedito un avviso di garanzia a Busnelli che si è sempre dichiarato «innocente». Una serie di circostanze aveva insospettito gli inquirenti: Busnelli èra di turno la volta che fumo ritrovati i farmaci; si occupava di entrambi i pazienti. Ma soprattutto lui, infermiere di notte, lavorava durante il giorno proprio in una ditta di pompe funebri, di Binzago, frazione di Cesano Ma derno. Qui, davanti al capannone dove stanno allineate le bare, l'impresario trasecola: «La mia è una ditta onorata che lavora da 100 anni. Busnelli è una brava persona. Uno che ha la passione delle rose e del lavoro. Cura il giardino, aggiusta le tapparelle, guida il furgone durante i funerali». La figlia di una delle due vittima, Ivana De Marchi, anche lei di Cesano Maderno, dice che era proprio Busnelli a guidare il furgone durante il funerale del padre: «Venne a metterci i paramenti in casa, ci diceva: mi occupo io di tutto. Gentilissimo. Ma da quando lo avevano messo sotto inchiesta, se mi incrociava per strada si nascondeva, girava la testa dall'altra parte». L'impresario di pompe funebri non vuole neanche commentare: «Le ripeto che è una brava persona, non posso credere che abbia fatto una cosa del genere». I magistrati non la pensano così. Nell'avviso di custodia cautelare scrivono che i due delitti compiuti «mediante la somministrazione di farmaci venefici», li avrebbe commessi per «motivi abietti». Il guadagno. E pure l'ospedale oggi si affretta a comunicare che «l'infermiere generico Busnelli Antonio era stato opportunamente trasferito dal reparto rianimazione» a un altro settore sanitario «non a contatto con i malati ricoverati». La moglie, Laura Borgonovo, non vuole parlare, dice solo: «Mi lasci in pace. E' una cosa terribile». Abita in una villetta di mattoni rossi, tra le nebbie di Binzago: il giardinetto con le rose, il cancello. La casa, dicono i vicini, è costata 220 milioni e qualcuno insinua: «Aveva un po' di debiti il Busnelli». Basta come movente? Pino Corrìas Ma nel suo paese nessuno crede alla colpevolezza Antonio Busnelli l'infermiere sotto accusa L'ospedale Fatebenefratelli a Milano dove sono accadute le due morti sospette

Luoghi citati: Cesano Maderno, Milano