La Piazza Rossa assedia i deputati di Foto Ap

La Piazza Rossa assedia i deputati Violenti scontri all'avvio del Congresso: i delegati contestati da centinaia di filo-comunisti La Piazza Rossa assedia i deputati Eltsin chiede una tregua per le modifiche costituzionali Bocciata la mozione di sfiducia, lo scontro è sul premier MOSCA DAL NOSTRO INVIATO «Occorre una tregua, almeno per un anno, un anno e mezzo». Boris Eltsin ha aperto il VII Congresso offrendo un bouquet composito, con rami d'ulivo e nodosi bastoni. Ai centristi di «Unione Civica» ha concesso una correzione di linea piuttosto sostanziale (ma Nikolai Travkin ha risposto che «per ora sono parole»), ammettendo «errori tattici» nell'attuazione della riforma. Ai suoi nemici giurati ha detto di ritenere la collaborazione con loro «non solo impossibile, ma anche inammissibile». Al Congresso nel suo complesso ha detto, senza mezzi termini, che deve occuparsi, durante la tregua, solo di «modifiche costituzionali», lasciando al governo la libertà di agire come ritiene opportuno, senza pretendere di controllarlo. Ma in compenso ha inguauiato definitivamente l'ascia di guerra che aveva tenuto sospesa sulla testa dei deputati con la minaccia di scioglimento d'autorità del Congresso. «Sarebbe assurdo - ha detto - pensare che la stabilizzazione possa avvenire distruggendo uno qualsiasi degl'istituti del potere. Oggi occorre non distruggere, bensì rafforzare l'equilibrio dei poteri che appena comincia a formarsi. E' necessaria una vasta coalizione civile a sostegno delle riforme». C'è lo spazio per un compromesso? E' presto per dirlo. Eltsin ha fissato in sei punti le sue richieste di regime presiden- ziale. Ha chiesto di non modificare il meccanismo attuale di formazione del governo (presidente che candida il premier, Congresso che lo approva; premier che nomina il governo, presidente che lo approva). Il Parlamento può contestare le decisioni del governo solo di fronte alla Corte Costituzionale o al presidente, ma senza certezze di essere ascoltato. Se il Congresso accetta, Eltsin si dichiara pronto a «rinunciare ai poteri straordinari in materia economica». Il Congresso ha reagito con un minaccioso mormorio di dissenso. E' ben vero che la proposta d'inserire all'ordine del giorno la mozione di sfiducia al governo non è passata (ha preso solo 296 voti). Ma subito dopo una larga maggioranza di oltre 600 voti ha imposto la discussione sul controllo parlamentare della nomina del premier e della composizione del governo. Insomma - come ha fatto capire il presidente del Soviet Supremo Khasbulatov nel suo criticissimo e molto applaudito discorso di replica - il Congresso non farà regali al Presi¬ dente. In realtà, oltre a quello che accade in superficie, è in corso una trattativa sul nome del premier. Eltsin non ha detto niente in proposito, ma anche uomini del suo team confermano che diverse candidature sono in discussione. Tra queste ve ne sono di molto «possibili», come quella dell'attuale ambasciatore a Parigi Jury Rizhov, o quelle del segretario del Consiglio di Sicurezza, Jurij Skokov, e addirittura del vice-presidente Rutskoi. Tutte più o meno gradite e accettabili all'opposizione modera¬ ta. Ciascuna in grado di fornire garanzie che le correzioni a parole di Eltsin verranno poi attuate da un premier che non sia Gaidar. Il quale non sembra in grado di raccogliere in alcun modo una maggioranza. Eltsin deve ancora decidere. E da questo dipenderà l'esito del compromesso. Ma potrebbe insistere su Gaidar anche sapendo che potrebbe essere bocciato. Gli resterebbe l'opzione di ripresentare tra qualche mese una nuova candidatura e lasciare in carica premier e governo per gli affari correnti. Ipotesi ancora aperta, visto che ieri Burbulis ha detto sarcasticamente che «questo Congresso non ha maggioranze in grado di modificare la Costituzione». Come dire: fate quello che volete, ma noi andremo per la nostra strada. Solo che questa variante porta diritto allo scontro nel Paese. Ieri i deputati, uscendo e entrando al Cremlino, hanno dovuto sfilare tra due ali di folla arrabbiata, radunata con bandiere rosse lungo un «corridoio di sicurezza» vigilato dalla polizia. C'è stato anche qualche tafferuglio. Piccoli antipasti di quello che potrebbe succedere tra qualche mese. Eltsin ha promesso di «scegliere la via aurea di mezzo tra il libero mercato e la regolazione statale», ha parlato di «ragionevole protezionismo», ha riconosciuto che «lo Stato dovrà offrire commesse alle industrie di Stato», che «bisogna pensare di più alla gente». Ma il Congresso chiede che sia posto un freno alla terapia choc. E non concederà niente fino a che non l'avrà ottenuto. Giuliette* Chiesa Un momento degli scontri davanti al Cremlino tra la polizia e i manifestanti A sinistra il cordone «di sicurezza» creato dagli agenti per consentire il passaggio dei deputati del Congresso [FOTO AP]

Luoghi citati: Mosca, Parigi