La Bicamerale boccia Segni di Fabio Martini

La Bicamerale boccia Segni Respinto il sistema uninominale «alla francese». Il leader dei referendum: fatto grave La Bicamerale boccia Segni Pds con de e psi, si sfascia ilpatto referendario ROMA. E alla resa dei conti il «fronte del nuovo» si è scompaginato. Alle nove della sera, nella solenne sala della Lupa, la commissione Bicamerale ha finalmente votato sui sistemi elettorali, di cui si discuteva accademicamente da mesi. E, nella sorpresa generale, il pds di Occhetto ha votato contro il sistema «alla francese» (sul quale sembrava esserci un asse con Martelli), ma soprattutto si è astenuto su un emendamento, presentato da Mario Segni, che proponeva di anticipare in positivo quello che sarebbe il risultato del referendum: un sistema uninominale maggioritario ad un turno, corretto con una dose di proporzionale. Alle nove e un quarto di sera Mario Segni è uscito dalla Sala della Lupa col volto più scuro del solito: «La Bicamerale ha scelto una posizione in contrasto con la linea referendaria: è un fatto grave». Con la votazione di pochi minuti prima si era incrinato il patto referendario che da sei mesi tiene uniti Segni, Occhetto e in posizione più defilata La Malfa. Già due giorni fa Occhetto, anziché temporeggiare, aveva sparato a zero contro la proposta di La Malfa di elezione diretta del Premier. Ieri il bis: il pds, che ha promesso fedeltà al sistema maggioritario uninominale, non ha dato il proprio voto né al sistema francese, né a quello inglese corretto proposto da Segni, ma lo ha concesso alla mediazione De Mita. Alla fine, infatti, dopo le bocciature dei vari emendamenti, la Bicamerale ha approvato (con voto favorevole di de, pds, psi, verdi, Rete, psdi) lo schema di De Mita che, pur lasciando aperte tutte le strade, propone come baricentro, come principio ispiratore della riforma elettorale un mix tra proporzionale e maggioritario, quello che Segni poco prima aveva definito «la peggiore delle commistioni, il segno dell'impazzimento del sistema». E così, quella che fino ad allora era stata la giornata più ricca di risultati per la Bicamerale (con le decisioni di ridurre il numero dei parlamentari e di differenziare i compiti delle due Camere), si è conclusa con una votazione che ha fatto da cartina di tornasole sulle intenzioni dei vari partiti. Il più soddisfatto alla fine, era De Mita, che dopo la bufera dei primi giorni di Bicamerale, ieri si è imposto come il deus ex machina della Commissione. «Il metodo di lavoro - ha detto - ci ha consentito di approvare un ordine del giorno che all'inizio sembrava impossibile poter addirittura discutere». E in effetti, prima del voto, la tensione era via via salita per tutta la giornata. Al punto che Craxi aveva lasciato la sala della Lupa per vedersi a quattr'occhi con Martinazzoli e impostare una tattica comune. Un tracciato sul quale si è inserito anche il pds, confermando le previsioni della vigilia, fatte da La Malfa: «Vedrete, de, pds e psi marceranno uniti». Prima dèlie votazioni erano intervenuti Craxi («L'uninominle maggioritario ci riporterebbe all'Itahetta») e un De Mita rivelatore delle intenzioni de, quando ha prefigurato un Senato «maggioritario» e una Camera «più proporzionale». Due le votazioni più importanti di ieri: sull'emendamento del Liberale Patuelli, che proponeva un sistema elettorale maggioritario a due turni, l'unico voto favorevole è stato quello di Segni. Il pidiessi- no Salvi ha spiegato così il voto contrario: «Doppio turno sì, ma corretto con la proporzionale». E poi il voto sull'emendamento Segni: il pds si è astenuto, a favore Acquarone e Mazzola (de), Patuelli (pli), Meccanico (pri), i leghisti Miglio e Speroni, Ritz della Svp. Fino a quel momento era stata una giornata ricca di risultati per la Bicamerale, con l'approvazione di due testi che prefigurano la fine del «bicameralismo perfetto» - Senato e Camera avranno compiti differenziati - e soprattutto è stato affermato il principio della «sostanziale riduzione» del numero dei parlamentari, rispetto agli attuali 950. Il numero esatto dovrà stabilirlo una delle sottocommissioni della Bicamerale. Per quanto riguarda i poteri del Senato è stato varato un testo in base al quale una delle due Camere avrà competenza sugli affari regionali ed europei, anche se ci sarà un nucleo di materie che continueranno ad essere approvate da entrambi i rami. Oggi, intanto, la Bicamerale si prepara a passare la mano sulla materia politicamente più delicata. Quasi certamente sarà approvato un emendamento alla legge sui poteri della Bicamerale che trasferisce al Parlamento ogni decisione sulla riforma elettorale. Fabio Martini Oggi i parlamentari sono 950: in futuro potrebbero ridursi a seicento A sinistra Ciriaco De Mita, presidente della Bicamerale Sopra, Bettino Craxi

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